Sarkozy ha il merito di «rompere chiaramente con la destra abituata a nascondere il proprio vuoto dietro grandi concetti pontificanti». Cosa che non sta accadendo nella sinistra francese. Per esempio, «esaltando la discriminazione positiva, che elude l'Uguaglianza virtuale per sradicare le ineguaglianze reali», di pelle, domicilio, o cognome; e «teorizzando gli aiuti pubblici per la costruzione delle moschee», per non lasciare che le facciano gli integralisti, «a costo di urtare una concezione rigida della laicità».
Insomma, Glucksmann vede in Sarkozy il candidato che al trasformarsi della società azzarda il trasformarsi dei principi, il loro adeguarsi ad essa. Questa «rottura a destra» riguarda anche la politica internazionale. Glucksmann denuncia una «curiosa metamorfosi del gollismo, un feticismo conservatore che coltiva il primato degli Stati, qualunque cosa facciano». Questa "realpolitik", che ha portato a Vladimir Putin la Gran Croce della Legion d'onore, è una «curiosa evoluzione che ha fatto della patria dei diritti dell'uomo l'apostolo degli ordini costituiti».
Eppure, ricorda Glucksmann, «esisteva una Francia generosa che non dimenticava gli oppressi: i boat-people vietnamiti che fuggono dal comunismo, i sindacalisti incarcerati di Solidarnosc, le "Madri di Maggio" sotto il fascismo argentino, le algerine esposte al terrorismo, i cileni torturati, i dissidenti russi, bosniaci, kosovari, ceceni... In nessun altro Paese sì è parlato tanto di queste mostruosità e di queste resistenze. La possibilità di aprirsi fraternamente al mondo è nel nostro patrimonio culturale: vedi Montaigne, vedi Hugo, vedi i "French doctors" e i loro emuli. Nessuna fatalità condanna i nostri compatrioti ad essere scontenti di tutto, a vituperare gli "idraulici polacchi", a tagliarsi fuori dal mondo».
Ebbene, ci dice Glucksmann, Sarkozy è «l'unico candidato, oggi, ad essersi impegnato a seguire le orme di questa Francia del cuore».
«Non credo a quella che viene chiamata "realpolitik", che fa rinunciare ai propri valori senza ottenere un solo contratto. Non accetto quello che accade in Cecenia, perché 250.000 ceceni morti o perseguitati non sono un dettaglio della storia del mondo. Il generale de Gaulle ha voluto la libertà per tutti i popoli e la libertà vale anche per loro... Il silenzio è complice e io non voglio essere complice di alcuna dittatura».A tutto questo «cosa risponde la sinistra? Purtroppo ben poco». Ha una candidata, Ségolène Royal, che «ha elevato la giustizia cinese a modello di celerità». Una candidata, però, bisogna riconoscerlo, «alle prese con un vuoto più grande di lei». Quello di una sinistra «ufficiale» francese che «si crede moralmente infallibile e mentalmente intoccabile», che «macerandosi nel proprio narcisismo, si trova ad essere assai impreparata quando Sarkozy prende in contropiede le tradizioni della destra e invoca i ribelli e gli oppressi, il giovane resistente comunista Guy Mòquet, le donne musulmane martirizzate, Simone Veil che abolisce la sofferenza degli aborti clandestini, il frate Christian assassinato in Algeria... e i repubblicani spagnoli...»
(Sarkozy, 14 gennaio 2007)
«Quando nel discorso del candidato di destra ritrovo Hugo, Jaurès, Mandel, Chaban, Camus, mi sento un po' a casa mia», conclude Glucksmann. La sinistra è «la mia famiglia d'origine. È per la sinistra che, da quarant'anni, mi batto contro le sue fossilizzazioni ideologiche (sostegno a Solzenicyn, ai dissidenti antitotalitari dell'Est, critica dei paraocchi marxisti)». Ed è per coerenza con questa storia, non perché ne condivide tutte le opzioni, che questa volta Glucksmann voterà Sarkozy.
Altrettanto prezioso l'articolo di Enrico Rufi, su Il Foglio di ieri, anche lui per il candidato che «smaschera la gauche che non sente più la voce di Camus».
Ma «perché la sinistra non sente più la voce di Albert Camus?». Se l'è chiesto lo stesso Sarkozy, nel suo discorso di investitura a Parigi. «Sicuramente... perché la sinistra francese è una sinistra immobile, conservatrice. Ma anche perché la gauche continua a non sapere proprio che farsene di uno come Camus...». «E se Sarkozy, come lui stesso ha rivendicato, intende arricchire il patrimonio della destra repubblicana di quelle idee che la sinistra ha abbandonato, non si può che prendere atto di questo enorme spostamento dei confini tra destra e sinistra».
Dall'anticolonialismo «senza sensi di colpa» a una scuola che «non sacrifichi il merito all'egualitarismo...», prendendo le distanze dalla realpolitik, per «non voler essere complice di nessuna dittatura», Sarkozy «si fa così eco di quegli intellettuali che nell'umanesimo di Camus trovano forza e nutrimento», da Alain Finkielkraut a Pascal Bruckner, da Max Gallo a, appunto, Glucksmann.