Il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione ha bocciato la riforma Pecorella che introduceva l'inappellabilità, da parte dell'accusa, delle sentenze di assoluzione.
Nel merito ci eravamo già espressi mesi fa, ma al di là che si condivida o no la legge, che la si ritenga opportuna o meno, non si può non ravvisare nella sentenza della Corte (leggeremo le motivazioni, ma siamo pronti a scommettere) un rigetto politico e ideologico.
D'altra parte, è la stessa giurisprudenza della Corte nei suoi anni di vita, soprattutto in materia referendaria, a rendere perfettamente calzante la celebre definizione che ne dà Pannella di «suprema cupola della mafiosità partitocratica». Per questo è assordante il silenzio dei radicali e dello stesso Pannella su questa vicenda, soprattutto se si sostiene - a ragione - che il modo in cui oggi è amministrata la Giustizia rende lo Stato letteralmente un "fuori legge".
A maggior ragione, se si è sostenuto l'indulto, e si sostiene l'amnistia, si dovrebbe per coerenza sostenere l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione, che oltre ad essere uno strumento di garanzia del singolo imputato, avrebbe contribuito a sfoltire i milioni di processi e a ridurre la loro durata. Non semplici inefficienze, ma ferite profonde dello stato di diritto.
Una decisione che per l'ennesima volta ci ricorda come in questo paese sia impossibile riformare la Giustizia "contro" il volere degli operatori del sistema. Il legislatore è impotente. Da corpo, ordine dello Stato, gli amministratori della giustizia rappresentano oggi un potere - e pretendono di esserlo, in violazione della Costituzione su cui hanno giurato (art. 104, comma 1) - che esercita una tutela di fatto sul Parlamento democratico. Dove non possono arrivare con la semplice ingerenza, le pressioni della magistratura associata, arriva, in ultima istanza, la ghigliottina del Consiglio dei Guardiani.
Nel merito la legge Pecorella rispondeva al principio che ogni sentenza di condanna debba essere pronunciata solo se l'imputato sia risultato colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio». E come fa a non esserci «ragionevole dubbio» se due giudici, quello di primo grado e quello di appello, la pensano diversamente? Considerando, inoltre, che il terzo giudice, la Cassazione, non ritorna sul merito?
Se una sentenza ha prosciolto l'imputato, come si fa a sostenere che non sussiste «ragionevole dubbio», ovviamente al di fuori dei casi di violazione di legge, di mancanza o illogicità manifesta della motivazione della sentenza stessa - casi in cui infatti è previsto il ricorso per Cassazione?
Se, in altri termini - conclude l'amico Alessandro Gerardi sul forum di Radicali.it - in un fascicolo abbiamo una pronuncia di assoluzione non già cassata da una sentenza di annullamento, ma superata da una di segno opposto, il «ragionevole dubbio» risulta attestato dalla coesistenza di due possibili soluzioni alla stessa vicenda processuale.
Ma ribadiamo: più del merito, preoccupa il ruolo della Corte. Per quanto criticabile, in parte o tutta, e incompleta, la legge Pecorella è vittima di una censura politica da parte di una Corte non depositaria del rispetto della Costituzione, ma militante di una certa visione ideologica e interprete di una certa cultura giuridica inquisitoria e giustizialista.
UPDATE: il comunicato, a firma Gerardi-Punzi.
4 comments:
ma non è una cosa seria!!!...direbbe pirandello...
lo so che sono un cacacazzi...ma non è colpa mia, sono gli anticorpi che ho dentro a spingermi alla "resistenza"...anticorpi che strenuamente si oppongono alla silenziosa deriva antidemocratica di matrice sinistra...
anche se, anticorpi a parte...è solo che non sopporto la propensione dei rossi vari o latenti tali...a volersi arrogare il diritto di rappresentare in via esclusiva il BENE UNIVERSALE!!!
alle tue perplessità, che sono anche le mie...aggiungo solo l'ennesima nota didascalica ovvero...la sentenza verrà depositata nei prossimi giorni ed il giudice relatore delle questioni di legittimità costituzionale sulla << pecorella >>...è stato il vicepresidente della consulta ed ex ministro guardasigilli nel primo governo ppprodi ovvero...giovanni maria flick, al quale spetterà scrivere la sentenza.
??????????????????????????????
ciao.
io ero tzunami...
In effetti urgerebbe almeno istituire l'obbligo della pubblicità delle dissenting opinions, per svelare la nudità del monarca, cioè la costante linea di frattura per correnti ideologiche della Consulta, che continua ad essere mascherata da un alone di presunta imparzialità che ancora fa una certa presa su la parte più sprovveduta dell' opinione pubblica.
Bravo Alexis, ottima osservazione!
Avete letto sta roba qua ? http://www.radicali.it/view.php?id=83594
I-N-C-R-E-D-I-B-I-LE
ma siamo proprio sicuri che stare a sinistra sia una scelta ragionevole ?
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