Non è per ignoranza, ma evidentemente per propaganda, che un illustre professore come Giuliano Amato ancora spaccia l'idea del liberismo, di cui il «thatcherismo» sarebbe una sorta di volto diabolico, come menefreghismo, libertà illimitata per cui i più forti si divertono a calpestare i diritti altrui mentre lo Stato resta a guardare.
Lo lasceremmo volentieri crogiolarsi con questa idea distorta, se non fosse più preoccupante il fatto che dalle sue parole sembra quasi che il nostro paese sia in mezzo al guado tra dirigismo e liberismo, per cui c'è bisogno di individuare una specie di via di mezzo. Peccato che qui il rischio di un eccessivo liberismo sia lontano anni luce. Il nostro sistema economico-sociale è talmente irrigidito e penalizzato da posizioni di rendita e privilegio, da bardature sindacali e corporative, da tasse, burocrazie e sprechi causati dall'eccessivo peso dello Stato, che un'iniezione di liberismo avrebbe l'effetto immediato di creare maggiore uguaglianza e più opportunità proprio per chi oggi è escluso o ai margini. Nella nostra situazione più libertà equivarrebbe automaticamente a più equità.
La stessa dinamica si ripete sulle questioni etiche, dove Amato, se proprio un pericolo deve individuarlo, lo individua nel «thatcherismo [sì, è un'ossessione!] etico».
Le «fratture sui temi etici - spiega - nascono tutte da qui», dall'«individualismo liberale, che in economia si esprime con il "ciascuno pensi per sé", in etica si esprime con il "ciascuno sia libero di fare quello che crede". Non ci sono frontiere, non ci sono limiti: tutto ciò che è fattibile, vi sia la libertà di farlo. Ma la libertà come responsabilità non ammette questo. La libertà della persona e non dell'individuo si preoccupa che attraverso la libertà di ciascuno non si producano sugli altri effetti che altri non hanno voluto». Ebbene, non è forse questo il principio su cui si basa proprio l'«individualismo liberale»? Libertà e responsabilità. Quanto più della prima, più della seconda. Non si può spacciare merce falsa: il liberalismo, l'«individualismo liberale», la libertà dell'«individuo», non significa libertà senza limiti, come Amato ha interesse a far credere, perpetuando così quella impronunciabilità del termine "individuo" che ha caratterizzato il secolo scorso.
Amato avverte: «... una cosa è fermare la conoscenza in nome del dogmatismo, una cosa diversa è fermare l'utilizzazione della conoscenza che possa recare danno alla comunità. Non si chiama oscurantismo il richiamo al limite, le colonne d'Ercole che — per quanto spostate molto al di là di Gibilterra — l'azione umana incontra ancora oggi...»
Certo che non è «oscurantismo» il «richiamo al limite», ma bisogna intendersi su come, con quali criteri, individuarli questi limiti. E qui il ministro rimane non a caso molto vago. Se si usa un criterio liberale, il limite della libertà di un individuo sta nel danno recato a un altro individuo. Invece, Amato introduce la categoria «comunità». E già isolare un danno recato alla «comunità» è molto più difficile. Che circolino certe idee, certi film o videogiochi, per esempio, potrebbe essere ritenuto un grave danno alla «comunità».
«... tu religioso - prosegue Amato - non devi oppormi come parola di Dio una parola terrena. Ma tu non credente non farti portatore di un individualismo che non è quello della tradizione culturale della sinistra laica. La nostra cultura ha dentro di sé il valore della comunità, della societas; quindi neanche in etica si può essere thatcheriani a sinistra».
Dunque, Amato chiarisce che nella «tradizione culturale della sinistra laica» la comunità, la società, vengono prima dell'individuo. E così il ministro non esclude dalla sinistra, come voleva farci credere all'inizio, solo quel liberismo selvaggio a suo avviso reo di professare libertà senza limiti, ma anche il liberalismo tout cour. L'importante è intendersi. Adesso sappiamo da chi dobbiamo guardarci.
Le ideologie politiche che hanno in passato basato i loro sistemi di potere sulle entità collettive (la Classe, la Razza, la Nazione, quindi il Partito, lo Stato, la Chiesa) sono tramontate con i loro fallimenti più o meno tragici.
Un nuovo spartiacque rispetto alle tradizionali categorie della "destra" e della "sinistra" mette al centro, come elemento dirimente, l'individuo. E nella politica moderna la distinzione più immediatamente comprensibile agli occhi dei cittadini è tra chi (in economia come nelle scelte personali) vuole allargare e chi invece vuole restringere la sfera della decisione individuale e privata rispetto alla sfera delle decisioni pubbliche e collettive.
3 comments:
Il grande vero unico tabù italiano: la libertà dell'individuo.
non mi pare strano che Amato dica certe cose, è un socialista
uhmm...vediamo...se mi ricordo bene, nel 1992...ci fu un governo-furfante che s’inventò il prelievo forzoso del sei per mille su conti correnti e depositi degli italiani.
un furto assoluto, altro che danno alla comunità...
chi era il capo tribù?
ciao.
io ero tzunami...
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