Quando i nodi vengono al pettine... è proprio il caso di dire. Credo che alla luce della recente uscita del Capo dello Stato sui Pacs non sussistano più dubbi sull'interpretazione di quanto disse solo qualche mese fa, e che fu, allora, oggetto di lunghe disquisizioni. Vale la pena di ricordarlo: «Confido che il riconoscimento, anche da parte delle più alte autorità religiose, della conoscenza scientifica e del progresso tecnologico come "autentici valori della cultura del nostro tempo", consentirà di dare soluzioni ponderate e condivise ai problemi della libertà della ricerca, con il suo codice e con le sue regole, e ai più complessi temi bioetici».
Altrettanto dicasi di quell'inquietante richiamo, in occasione del suo incontro con il Papa in Vaticano, al «fondamento etico della politica» come «esigenza pressante ed essenziale»; e dell'evocazione, addirittura, di «una comune missione educativa» per Stato e Chiesa.
Da queste parti possiamo dire di averci visto giusto. Su Notizie Radicali; su Liberazione. E ancora prima, in tempi proprio non sospetti. Il senso di quelle parole era lì, comprensibile a chiunque avesse avuto gli occhi per coglierlo.
Eppure, dai diesse il solito plauso d'ufficio al loro Presidente. E molti dei suoi elettori, tra cui i radicali, costretti a fare buon viso a cattivo gioco, impegnati a sottilizzare, a intravedere ed accreditare improbabili letture di "difesa della laicità", ma solo allo scopo di non doversi subito pentire della scelta fatta pochi mesi prima. Ormai l'abbiamo votato, cerchiamo di non "bruciarcelo", sembra essere il calcolo. Sì, certo, avendo avuto un ruolo - cosa non da poco - nel far fuori D'Alema dalla corsa, non si poteva non votare Napolitano. Ma da qui ad esserne addirittura entusiasti e a non riconoscerne gli evidenti danni e comportamenti incostituzionali...
Pannella, occorre dirlo, con i presidenti della Repubblica o è sfortunato o tende a sbagliare piuttosto spesso: Leone, Scalfaro, ora Napolitano. Quanti anni bisognerà aspettare, stavolta, perché lo ammetta?
Ci è stato anche spiegato che quella di Napolitano era in realtà una raffinata strategia per far uscire allo scoperto la Chiesa sullo scivoloso terreno del compromesso politico, per dimostrare che per interesse era disposta a negoziare il "non negoziabile". Oppure, che il Presidente diceva "A" per far capire "B". Se queste - e c'è da dubitarne fortemente - fossero davvero le strategie di Napolitano, be' oggi possiamo dire che siano fallite miseramente: tutti, a cominciare dal Vaticano, l'hanno inteso alla lettera. Lui', ma quale «gioco a fare chiarezza», questa è la tipica politica pciista del "non si governa senza la Chiesa". Che poi quelli ci stiano o meno, a trovare il compromesso, intanto l'unica cosa certa è la laicità (e la sovranità) dello Stato svenduta e umiliata.
L'altro ieri, proprio - guarda un po' il caso - dopo il colloquio con il premier spagnolo Zapatero, dalle «soluzioni condivise» si è arrivati alla «sintesi» tra Stato e Chiesa. «Non ho dubbi che si possa trovare una sintesi sulle unioni civili anche nel dialogo con la Chiesa cattolica e tenendo conto delle preoccupazioni espresse dal Pontefice e dalle alte gerarchie della Chiesa». Neanche genericamente delle «preoccupazioni» dei cattolici, ma significativamente «del Papa e delle alte gerarchie».
Stavolta è proprio difficile ravvisare nelle parole del Presidente una «doppia lettura», della quale ancora fino a ieri cercava di convincersi Massimo Franco sul Corriere.
Prodi non ha esitato ad accodarsi, promettendo di tenere in gran conto, come sempre, le opinioni della Chiesa:
«Ma figuriamoci, io mi sono sempre posto questo problema. Me lo sono sempre posto fino in fondo e l'ho sempre avuto presente ogni volta che abbiamo toccato questo problema. Quindi non cesserò di averlo presente in futuro».Ma il Cardinale Betori, segretario della Cei, all'apertura di Napolitano ha risposto con una doccia gelata, o, se volete, con uno sputo in faccia. Una legge sui Pacs «è superflua». La Chiesa non è disponibile «a un compromesso o a una mediazione al ribasso». Nessun dialogo è possibile su un principio «non negoziabile».
Una risposta fin troppo dura, ai confini dell'incidente diplomatico. Tant'è che Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, si è addirittura affrettato a intervenire al Tg1 per ammorbidire i toni ed esprimere apprezzamento per l'invito del Capo dello Stato, pur tenendo il punto nel merito. «Certamente molto apprezzabile» l'intervento del Presidente Napolitano, «dimostra la grande attenzione per le posizioni del Papa da lui già più volte manifestata, e incoraggia ad un atteggiamento di dialogo e di rispetto che non è sempre presente nell'attuale dibattito politico». Tuttavia, ha aggiunto, «rimane da vedere come possa essere trovata nel dialogo la auspicata sintesi, coinvolgendo le diverse componenti della comunità politica e sociale, in modo che le posizioni manifestate dalle autorità della Chiesa in Italia siano tenute nel conto dovuto».
D'altronde, nelle dichiarazioni degli esponenti dell'Unione l'imbarazzo è palpabile. Fassino, come al solito commovente, cade dalle nuvole: si dice «sorpreso per le critiche dei vescovi alle parole di Napolitano». La seconda carica dello Stato, Marini, da cattolico ha comunque cercato di ritirare sù l'onore delle istituzioni: il ddl è «un fatto di civiltà per il nostro Paese». Mentre la terza carica, Bertinotti, ha rinnegato per l'ennesima volta il «laicismo», tanto per ricordare a chi non lo avesse ancora capito che per definizione un comunista non può essere laico. Dogmatismo e cinismo glielo impediscono.
Ma la frittata era fatta.
Nel merito, l'effetto dell'invito di Napolitano alla «sintesi» è di aver ulteriormente blindato una legge già ampiamente compromessa in senso cattolico integralista. A questo punto le uniche modifiche possibili al testo sono quelle derivanti dall'aver tenuto conto delle «preoccupazioni espresse dal Pontefice e dalle alte gerarchie», mentre i margini di manovra per miglioramenti in senso laico ne escono drasticamente ridotti. E, inoltre, le parole del Capo dello Stato implicitamente delegittimano qualunque soluzione legislativa, anche su altri temi, che non trovi l'assenso, per lo meno silenzioso, del Papa e della Cei.
Ma il Presidente con la sua uscita ha provocato un danno ancora più grave. Innanzitutto, entrando nel vivo del dibattito politico su una questione spinosissima, influenzando di fatto anche l'elaborazione di un ddl del Governo, è andato ben oltre il suo ruolo costituzionale di garante. E non è la prima volta. Inoltre, ha arrecato alle istituzioni repubblicane una cocente umiliazione. Il Capo di uno Stato sovrano che offre disponibilità al dialogo ai vertici di un altro Stato sentendosi rispondere picche. E, per di più, nessuno Stato sovrano accetterebbe mai l'ingerenza di un altro Stato nei propri affari interni, addirittura nel processo legislativo.
1 comment:
peggio dei giapponesi.
non parlo dei giapponesi nostri, quelli con valore di testimonianza filogovernativa...di pannellana memoria.
i giapponesi veri, quelli con gli occhi a mandorla.
questi ultimi nascono scintoisti, vivono come buddisti e si fanno seppellire con rito cattolico.
i rossi, invece, nascono comunisti, vivono come democristiani e poi anche loro, agognano ad una tumulazione di rito.
cattolico.
no ai pacs, sì al matrimonio civile.
ciao.
io ero tzunami...
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