Puntata interessante e ben riuscita un paio di sere fa a "8 e mezzo" sulla pena di morte e l'esecuzione di Saddam Hussein. Severino con la sua logica stringente è stato il più convincente, Pannella si è espresso con chiarezza ed efficacia, mentre la Nirenstein è stata un po' confusionaria.
Mi pare che di fronte alla sfida lanciata da Severino, di avanzare cioè un argomento non confutabile contro la pena di morte, nessuno abbia risposto come avrei risposto io: «Da liberale non mi fido di attribuire allo Stato, alle sue burocrazie, al suo volto impersonale dietro cui si celano comunque gruppi ben precisi di persone portatori di interessi e di ideologie, la facoltà di prendere decisioni così definitive e irreparabili sulla vita di un cittadino».
D'altra parte, nessuna pena ha l'effetto di deterrenza che tutti noi ingenuamente crediamo. Come dimostrano i dati empirici, il tasso di criminalità dipende da molti altri fattori in modo ben più determinante. La reclusione, ed eventualmente la pena di morte, servono principalmente a tutelare la comunità dai criminali.
E', mi pare, una motivazione di principio ma non astratta, non moralistica, quanto pragmatica e fondata su un dato di esperienza e su nozioni di filosofia e scienza della politica.
Ma veniamo al caso Saddam. Se si ricorre al criterio dell'opportunità politica, seppure in senso alto, per sostenere la contrarietà alla sua impiccagione, si deve però riconoscere che siamo nel campo per definizione dell'opinabile. Dunque, se si può sostenere che la sua uccisione ne faccia un martire e, viceversa, la sua non esecuzione - come insiste a dire Pannella - lo «scandalo della nonviolenza», avrebbe suscitato negli arabi un ampio dibattito sulla pena di morte, che li avrebbe portati a concludere "se neanche lui no, allora per nessuno", altrettanto si può sostenere che un Saddam vivo, che si rifiuta di giocare un ruolo attivo di pacificazione, sarebbe stato per anni un elemento di ulteriore destabilizzazione del nuovo Iraq e che lo «scandalo», in un Medio Oriente in cui non c'è libertà d'espressione sufficiente per un dibattito sulla pena di morte ampio e non condizionato dalle elite al potere, sarebbe stato nei cuori e nelle menti degli arabi quello dell'ingiustizia, nel vedere confermato che la legge non è uguale per tutti e che i potenti, per quanto criminali, ne sono comunque absoluti.
Dunque, anche contro la condanna a morte di Saddam è il principio cui dovremmo appellarci, perché l'opportunità politica è fin troppo discutibile. Dovremmo, perché mi assale un altro scrupolo. Noi, 56 milioni di italiani, possiamo democraticamente decidere, in nome del principio, di pagare il prezzo di un Mussolini vivo, ma dovremmo forse pensarci due volte prima di chiedere ad altri il rispetto di un principio sapendo che saranno loro a pagare il prezzo, con il loro sangue, dell'eventuale inopportunità politica di quella scelta. Che decidano loro.
Questo perché la pena di morte è senz'altro una soluzione barbara e illiberale, ma la democrazia e lo stato di diritto vengono prima e di fatto coesistono con quella pena estrema.
2 comments:
anche in caso di aborto ed eutanasia c'è qualcuno che decide se un essere umano deve vivere o no.
è una domanda che mi sono sempre posto. perchè chi è favorevole alla pena di morte, avversa eutanasia e aborto, mentre chi è contrario, si batte per questi ultimi?
è più grave costringere a vivere un uomo che soffre, o uccidere un uomo che fa soffrire?
non vale la pena di utilizzzare la pena di morte!chi ritiene che sia giusto utilizzare la pena di morte nel mondo tispond a aquesti semplici quesiti:
una volta ucciso il "peccatore" cosa si ottiene?
è giusto che alla fine diventiamo noi gli omicida?
per chi dice si e, per chi dice no, alla pena di morte elencherò ora alcuni tipi di pena di morte BARBARI ancora esistenti tutt'oggi:
Metodi di esecuzione
impiccagione
Il condannato viene fatto penzolare da una corda posta intorno al collo ed è ucciso dalla pressione esercitata dalla corda stessa contro il corpo, spinto verso il basso dalla forza di gravità. Lo stato di incoscienza e la morte sono provocati da lesione alla corda vertebrale o da asfissia. Talora si rende necessario tirare le gambe del condannato. Sebbene privo di sensi, il corpo può avere degli spasmi ed il cuore può continuare a battere per alcuni minuti.
Tempo di sopravvivenza:
8-13minuti.
fucilazione
La sentenza viene eseguita da un plotone composto da un certo numero di fucilieri, oppure da un solo fuciliere (ad esempio in Cina). Nel caso di esecuzione ad opera di un plotone, dopo la prima scarica l'ufficiale che comanda il plotone si avvicina al condannato per infliggergli il colpo di grazia alla tempia o alla nuca.
Tempo di sopravvivenza:
incerto.
ghigliottina
Una lama a taglio obliquo, del peso da 40 a 80 chilogrammi, viene liberata mediante una leva e va a cadere verticalmente sul collo del condannato, imprigionato da due lunette di legno, decapitandolo. La morte non è sempre istantanea; il cervello può rimanere vivo per due minuti dopo il taglio delle erterie del collo, e la testa può rimanere cosciente per un minuto.
Tempo di sopravvivenza:
sedia eletrica
Il condannato viene legato ad una sedia di legno ancorata al suolo e isolata elettricamente. Un elettrodo viene fissato sulla testa con una specie di elmetto di cuoio. Un altro elettrodo viene fissato ad un piede. Vengono quindi trasmesse per brevi periodi forti scariche di corrente eletrica (2000 volt). La morte è causata da arresto cardiaco e da paralisi respiratoria. La sedia eletrica procura effetti visibilmente devastanti, in quanto gli organi del corpo bruciano.
Tempo di sopravvivenza:
10 minuti.
iniezione letale
L'esecuzione mediante iniezione letale presuppone l'introduzione per via endovenosa di una quantità chimica letale di un barbiturico ad azione rapida combinato con un agente paralizzante. Il cuore continua a battere per un periodo che può variare dai 6 ai 15 minuti; il condannato prima viene messo in uno stato di incoscienza e poi viene ucciso lentamente per paralisi respiratoria e successivamente per paralisi cardiaca.
Tempo di sopravvivenza:
6-15 minuti.
camera a gas
Il prigioniero viene legato ad una sedia in una camera a tenuta stagna e viene fissato al suo torace uno stetoscopio collegato con una stanza vicina, in modo che un medico possa seguire l'andamento dell'esecuzione. Nella camera viene immesso del gas cianuro, che avvelena il prigioniero. La morte avviene per asfissia. Rispetto ad altri metodi di esecuzione, la camera a gas provoca maggiori sofferenze nel condannato, specialmete se questi tenta di prolungare la sua vita trattenendo il fiato o respirando lentamente.
Tempo di sopravvivenza:
8-10 minuti.
decapitazione
Metodo usato in Arabia Saudita e Quatar, e prescritto dalla legge nello Yemen e negli Emirati Arabi Uniti, in base al quale la testa del condannato viene staccata dal corpo per mezzo di una spada. Lo shock provocato alla colonna vertebrale dovrebbe provocare l'immediata perdita dei sensi, ma possono rendersi necessari parecchi colpi per provocare il distacco della testa.
Tempo di sopravvivenza:
1-2 minuti.
lapidazione
Il condannato viene solitamente sepolto nel terreno fino al collo, o bloccato in altri modi. La morte può essere causata da danni al cervello, da asfissia o da una combinazione di ferite. La persona può essere colpita più volte senza perdere conoscenza: di conseguenza la morte può essere molto lenta.
In Iran la procedura è studiata in modo che la morte non avvenga a seguito di un solo colpo: la legge prevede che le pietre non devono essere così grandi da far morire il condannato col lancio di una o due di esse; non così piccole da non poter essere definite come pietre.
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