«Mi sembra che Bush stia capitolando sotto il peso delle pressioni interne, è soverchiato dai media e dai politici. Forse ha perso il controllo della situazione... capisco anche che l'attuale amministrazione americana si trovi in gravi difficoltà dopo la sconfitta elettorale di due mesi fa. Mai come oggi ho avvertito la debolezza di George Bush. Mi sembra che agli sgoccioli siano loro a Washington e non noi qui a Bagdad».E oggi i lettori avranno avuto l'impressione di un governo, quello iracheno da lui guidato, in balìa degli errori di Bush.
«... la situazione sarebbe di gran lunga migliore se gli Stati Uniti avessero mandato subito alle nostre forze dell'ordine armi ed equipaggiamenti più adeguati. Se si fossero impegnati di più e con maggiore velocità...»Eppure, le responsabilità di al Maliki sono gravi: il ritardo nell'addestramento delle forze irachene, nel garantire la sicurezza e nella ricostruzione del paese; il mancato accordo sulla suddivisione dei profitti del petrolio; ma soprattutto lo scarso successo nel far rientrare i sunniti nel processo politico e la tolleranza - in vero ai limiti della complicità - delle milizie sciite filo-iraniane di al Sadr.
Di contrasti con l'amministrazione Usa ce ne sono, su tutti questi temi e anche sulle modalità dell'esecuzione di Saddam. Ma poi a parole al Maliki sembra orientarsi ad aderire al cambio di strategia di Washington: promette di «dare la caccia a tutte le milizie, senza distinzione alcuna.
Non ci saranno discriminazioni o preferenze. Qualsiasi gruppo armato verrà perseguitato: che sia sunnita, sciita o curdo. Colpiremo in ogni luogo, qualsiasi base, ogni gruppo. La legge sarà uguale per tutti e lo Stato deve avere il monopolio della forza... Questo è il nostro piano: fare la guerra al terrorismo. Sempre e comunque...»Lo vedremo presto, visto che una delle prime missioni dei soldati inviati a Baghdad al Pentagono sarà proprio quello di togliere all'esercito del Mahdi il controllo di Sadr City.
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