La vera «sconfitta nazionale» di cui parla Bonanni, segretario della Cisl, è non aver ristrutturato Alitalia secondo logiche di mercato, e non averla rilanciata privatizzandola, a suo tempo, quando forse era ancora possibile, come parecchie compagnie di "bandiera" europee, compresa Air France, hanno fatto. Prima di scandalizzarsi delle offerte non certo esaltanti giunte da quelli che in definitiva sono suoi competitori, occorre ricordare a caratteri cubitali che con 400 milioni di euro di perdite l'anno Alitalia è da considerarsi una società fallita (ripeto: fallita). Quanto vale una società che produce 400 milioni di euro di debito l'anno? Non credo molto.
Inutili dunque le pretestuose accuse che si levano da esponenti e giornali di centrodestra: sì, Prodi sta liquidando Alitalia. Qualcuno lo farà comunque, prima o poi, perché altro non si può fare. Sì, Air France-Klm-Alitalia faranno di Malpensa l'uso che a loro più conviene dal punto di vista commerciale. E a noi non risulta che altri paesi europei mantengano due hub delle dimensioni attuali di Malpensa e Fiumicino. E intanto ci manca un vero e proprio hub di dimensioni adeguate alle esigenze e all'importanza del nostro paese.
Ma alle molte voci demagogiche che si sono alzate in queste ore e che continueranno ad alzarsi, il consiglio d'amministrazione della compagnia ha risposto con una decisione responsabile, motivata in un «documento» oggi apprezzato, sul Corriere della Sera, da Francesco Giavazzi: contiene «argomentazioni di buon senso», un «confronto preciso fra le due offerte» e «analisi industriali e finanziarie» fondate sui «pareri tecnici degli advisor della società». Pensiamo davvero che una compagnia solo italiana, seppure privatizzata, possa sostenere la concorrenza di grandi gruppi a livello europeo? E pensiamo che potrebbe farlo sostenendosi quasi unicamente sul flusso di voli da e per l'Italia?
Eppure, dopo un anno di tentennamenti, in cui tutte le questioni sul tavolo sono state analizzate e vivisezionate, il Governo si è preso altre due settimane per decidere. Due settimane che sembrano incoraggiare gli oppositori dell'opzione franco-olandese. Come dire: "Chi vuol esercitare pressioni, lo faccia ora e sarà ascoltato, o mai più".
E quello che Giavazzi ha definito «il partito del Nord» non ha tardato a farsi sentire. Un coro straordinariamente compatto di voci. Ci sono sindacati, banchieri, politici di maggioranza e di opposizione, sindaci, presidenti di regione, il presidente di Confindustria.
Da una parte la difesa della corporazione di steward e piloti; dall'altra, interessi localistici e il mito dell'"italianità". Solo all'interno della squadra di governo, il ministro per i Trasporti, il comunista Bianchi («La partita non è ancora chiusa»), e il ministro della Cultura, Francesco Rutelli («Partita aperta»).
Ma a mostrare il loro vero volto sono le componenti corporative e anti-mercato del centrodestra, che tanta responsabilità hanno se la privatizzazione non si è fatta nella scorsa legislatura e se, oltre ad aver perso negli ultimi anni centinaia di milioni di euro l'anno, ora quella di Alitalia è una svendita.
La Lega Nord, ovviamente: «È in atto un attacco organizzato nei confronti del Nord, colpevole non solo di mantenere tutti ma anche di voler avere un ruolo nelle politiche decisionali del Paese», ha proclamato Calderoli, minacciando persino blocchi autostradali, come No-Tav e Disobbedienti; e An: una scelta che «rischia di penalizzare in modo grave personale e scali aeroportuali», ha avvertito Gasparri.
Ma anche il presidente della Lombardia Formigoni, al quale addirittura quella del CdA Alitalia sembra una «scelta folle, concepibile solo da una compagnia come Air France, che ha interesse strategico a sviluppare i propri hub di Parigi e Amsterdam avendo poi una piccola propaggine al sud, a Roma, e togliendo di mezzo il proprio concorrente più importante, che è Malpensa. Che Air France persegua questo interesse è comprensibile ma che Alitalia si metta in mano al proprio nemico storico autolimitandosi a diventare una compagnia regionale e al massimo che serve metà del paese, il centro sud d'Italia, questo appare inaccettabile». Ma oggi Alitalia è ancor meno della compagnia regionale che Formigoni teme possa diventare.
Anche il centrodestra ha i suoi No-Tav, i suoi veto-player, i suoi Pecoraro Scanio. Ci auguriamo che Berlusconi non voglia più subire il prezzo dell'inazione dovuto alla loro linea e che vada dritto per la strada di un partito a «vocazione maggioritaria».
2 comments:
completamente d'accordo; solo nutro qualche perplessità sulla capacità (e la volontà) di silvio di emanciparsi su questi temi.
auguroni laici e buon 2008
Prodi sta liquidando Alitalia. Qualcuno lo farà comunque, prima o poi, perché altro non si può fare.
Si poteva fare invece. Cioè si poteva non chiudere l'azienda in perdita, continuando a mantenerla in vita tassando i cittadini. Ciò che il capitalismo non potrebbe mai fare, la politica può fare, ed ha spesso fatto, purtroppo.
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