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Tuesday, October 28, 2003

Togliere il crocefisso è un'ipocrisia, la laicità va difesa altrove
Il crocefisso, il 'cadaverino': da togliere o da lasciare negli edifici pubblici? Sembra non avere termine e pause il processo di secolarizzazione nelle democrazie avanzate. Anche negli Stati Uniti si fa un gran parlare di simboli religiosi, della necessità o meno della loro rimozione dagli spazi pubblici e della politica per rispetto della separazione tra Stato e Chiesa, della laicità dello Stato costituzionalmente garantite. La Corte Suprema deciderà a giugno se mantenere o meno la formula «under God» nel «Pledge of Allegiance», il giuramento di lealtà alla nazione, alla libertà e alla giustizia. Quello che dobbiamo chiederci prima di prendere posizione è: il crocefisso nelle aule delle scuole, come l'«under god» del giuramento Usa, nei contesti di cui si parla, è percepito come simbolo religioso (quindi di una religione che esclude le altre), o piuttosto come simbolo del richiamo ai valori condivisi, alle tradizioni, alle radici di una nazione, dovendo invece esigere che la libertà di culto e la pari dignità tra le religioni siano assicurate da leggi laiche? Uno Stato laico può rinunciare totalmente alla propria identità, alla propria storia, deve avere scrupolo e ipocrisia nell'esprimerla per timore di essere accusato di intolleranza? Non è forse proprio grazie al processo di laicizzazione e secolarizzazione del secolo scorso che possiamo dirci meno impauriti che un crocefisso in un'aula rappresenti l'esclusione delle altre religioni e la negazione delle libertà religiose invece che l'ingenua richiesta di una generica protezione divina per le attività e gli occupanti di quel pubblico edificio?
Sul dibattito in America:
  • L'analisi di James Piereson sul Weekly Standard, tradotta da Il Foglio;

  • "Arguing the Pledge", Terry Eastland sul Weekly Standard
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