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Tuesday, February 15, 2011

L'unico programma della sinistra

Sempre lucido e inappuntabile Luca Ricolfi nel disperato tentativo di guarire la sinistra dalla sua ormai trentennale «sindrome da minoranza virtuosa». Una comoda e autoassolutoria «narrazione della storia nazionale» - basata sulla convinzione che «chi vota a sinistra sarebbe "la parte migliore del Paese", mentre la parte che sceglie il centrodestra sarebbe la parte peggiore», e sull'«idea di una vera e propria mutazione antropologica degli italiani, traviati fin dagli anni '80 dal consumismo e dalla tv commerciale» - rende la sinistra, sia politica che culturale, «incapace di darsi una ragione politica dei propri insuccessi», e perciò incline a nascondersi dietro «l'alibi dell'indegnità degli italiani». E' da «mezzo secolo che "alla sinistra non piacciono gli italiani"», senza chiedersi come mai agli italiani non piaccia la sinistra.

E' ora che la sinistra si racconti un'altra storia sulle ragioni delle sue sconfitte. Possibilmente questa volta «un racconto senza alibi e autoindulgenze, un po' più rispettoso degli italiani e un po' più abrasivo su sé stessa». Conclude infatti Ricolfi:
«Perché se l'Italia non è, né è mai stata, il Paese moralmente degradato tante volte descritto in questi anni. Se il consenso al leader Berlusconi non è mai stato plebiscitario. Se i suoi fan non sono mai stati tantissimi. Se oggi 2 italiani su 3 non danno la sufficienza a Berlusconi, e appena 1 su 20 lo promuove a pieni voti. Se, a dispetto di tutto ciò, i sondaggi rivelano che il giudizio dei cittadini sull'opposizione è ancora più negativo - molto più negativo - di quello sul governo. Beh, se tutto questo è vero, allora vuol dire che i problemi politici dell'Italia non stanno solo nei comportamenti del premier e nelle insufficienze del suo governo, ma anche nella difficoltà dell'opposizione di trovare, finalmente, un'idea, un programma e un volto che convincano quella metà dell'Italia che non è berlusconiana ma, per ora, non se la sente di votare a sinistra».
Eppure vediamo in questi giorni come l'unico programma della sinistra sia abbattere Berlusconi per via giudiziaria. L'unica strategia è tifare per la Procura di Milano, senza temere il rischio che corre la nostra democrazia con l'enorme potere politico che una parte minoritaria ma consistente della magistratura verrebbe ad assumere riuscendo in questo disegno. Sconfiggere il centrodestra facendo fuori il suo leader, nell'illusione che ciò basti, che l'unico ostacolo sulla via che porta al governo del Paese sia rappresentato da Berlusconi, e non piuttosto dalla sinistra stessa.

Prova ne sono le ripetute disponibilità del Pd di Bersani a qualsiasi alleanza, qualsiasi governo di responsabilità nazionale, purché senza Berlusconi. Il che toglie qualsiasi credibilità alle critiche nel merito dell'azione di governo. Il federalismo non va bene perché divide il Paese o è fatto male? Andrebbe improvvisamente bene anche questa versione, se la Lega mollasse Silvio. La politica economica di questo governo è disastrosa? Eppure sarebbero pronti a sostenere un governo guidato da Tremonti - secondo tutti il vero unico dominus della politica economica - purché si tolga di mezzo Berlusconi.

Eppure quando prima o poi si sveglieranno dall'incubo ad accoglierli troveranno una realtà ben più dura. Che forse agli italiani va bene tutto purché non la sinistra.

1 comment:

Pippo said...

Poiché mi risulta che nessuno l’abbia fatto, non sarebbe male che venisse chiesto pubblicamente a qualcuno dei numerosi onniscienti e supponenti guru della sinistra nazionale e non, di indicarci in quali paesi i governanti di sinistra abbiano elevato in modo reale ed effettivo il benessere dei popoli da essi governati. Per quanto mi risulta, non essendo mai stati capaci di produrre ricchezza se non la loro, si limitano e si sono sempre limitati a distribuire ai loro fedeli accoliti, e fin che dura, quella prodotta dagli “altri”, vale a dire quelli non di sinistra. A rimettere a posto le cose hanno dovuto intervenire le Tatcher i Reagan e qualche altro innominabile perché non politicamente corretto.
Pippo il vecchio