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Thursday, March 24, 2011

Esserci ma anche no

Nonostante l'annunciato «ruolo chiave» della Nato nella missione in Libia, un accordo sul comando vero e proprio ancora non è stato raggiunto, quindi l'Italia la sua piccola rivincita non l'ha ancora ottenuta e inoltre non partecipando ai raid e vaneggiando di «mediazioni» continuiamo a lasciare a francesi e inglesi la prima fila.

All'inizio si era tenuta in disparte l'opzione Nato per favorire l'adesione di Paesi arabi alla coalizione. Paesi arabi che però finora non si sono visti. Quindi Obama pare si sia deciso per il comando Nato, ma i francesi insistono per una cabina di regia politica esterna all'Alleanza. Sembrerebbe che la maggior parte dei Paesi condivida la posizione italiana, eppure la situazione non si sblocca. Come'è possibile? Perché a Washington non premono con la dovuta convinzione? O perché in fondo non ne hanno la volontà, e quello con Parigi è solo un gioco delle parti? Sia come sia, l'assenza di leadership da parte americana lascia basiti. Obama è sì riuscito ad ottenere un mandato dell'Onu, grazie all'astensione della Russia, ma a quasi una settimana dall'inizio delle operazioni occidentali - e dopo oltre un mese di tentennamenti - non è ancora riuscito ad organizzare e definire ciò che più conta quando si va in guerra: la coalizione non ha ancora preso una forma definitiva (deve ancora convincere i Paesi arabi a partecipare); non è ancora chiaro a chi spetti il comando (deve convincere turchi e francesi ad accettare il comando Nato); e non sono chiari gli obiettivi ultimi (tra chi si accontenta di attuare la no-fly zone per proteggere i civili, e chi continua a bombardare per far cadere Gheddafi).

Obama in questi giorni viene aspramente criticato da commentatori e analisti di qualsiasi orientamento: «capo del cerimoniale del Pianeta», «metà Amleto, metà Macbeth», «brilla per prudenza, ma non ha mai un guizzo di coraggio politico», sono alcune delle espressioni nei suoi confronti. Stiamo assistendo al declino dell'America da molti atteso (e da qualcuno auspicato) o più semplicemente alla ratifica dell'inconsistenza della sua attuale leadership? Nonostante certamente la crisi economica, il debito, e i numerosi impegni militari limitino le capacità americane, propendo decisamente per la seconda.

Su una cosa non si può dar torto a francesi e inglesi: la no-fly zone di per sé non basta. Per far cadere il raìs bisogna bombardare e decimare le sue forze. D'altra parte, può anche non essere scritto esplicitamente sulla risoluzione Onu, ma non prendiamoci in giro: la missione ha successo se Gheddafi cade in breve tempo, altrimenti il rischio è un pantano che non coinviene a nessuno.

E l'Italia come sta giocando la sua partita? Male. Non abbiamo compreso il nuovo scenario che si sta aprendo in Nord Africa e la nuova sfida geopolitica che implica, mentre Sarkozy è stato lesto ad approfittarne. Anziché riconoscere il nostro errore e sgomitare per riguadagnare le posizioni perdute, ci nascondiamo dietro un infantile vittimismo anti-francese e un'ipocrita non-belligeranza («in dieci missioni i nostri aerei non hanno mai sparato», si vanta La Russa), nella speranza che prima o poi si apra una finestra diplomatica tra Gheddafi e la comunità internazionale. Nel frattempo però, l'impasse sul comando Nato, l'assenza di leadership americana, e il nostro esserci e non esserci («non siamo in guerra e non ci entreremo», ripete il governo), ci stanno relegando in una posizione sempre più vistosamente di secondo piano rispetto a francesi e inglesi. Berlusconi punta tutto sulla questione del comando Nato e su una improbabile «fase di mediazione», che dovrebbe seguire un vero cessate-il-fuoco, per riguadagnare spazio rispetto al protagonismo francese. Certo, se riuscisse a convincere Gheddafi all'esilio ne uscirebbe come il grande trionfatore, ma stavolta il suo sembra davvero un sogno ad occhi aperti.

Ripeto: l'Italia non deve utilizzare la questione del comando per mettere i bastoni tra le ruote alle operazioni, disquisendo se sia o non sia all'interno del mandato Onu bombardare i tank di Gheddafi. Certo che lo è. Punto. E anzi deve fare la sua parte come gli altri. Perché anche a noi interessa ormai che Gheddafi cada prima possibile e che si passi al dopo. Certo, dovremo contenderci con i francesi l'influenza sulla nuova Libia, ma semplicemente ritardare o peggio ostacolare questo esito non è un opzione percorribile, perché i bei tempi andati non torneranno più, a meno di non accettare il nuovo scenario e rimboccarsi le maniche. Insomma, una volta superato per sempre uno status quo che ci avvantaggiava, giocare sulla confusione degli obiettivi finali della missione per far dispetto ai francesi è una magra consolazione e, in realtà, faremmo dispetto a noi stessi. Anche perché l'interpretazione restrittiva del mandato Onu (la protezione della popolazione civile) è quella che più rischia di determinare una situazione di stallo, e alla lunga un esito per noi deleterio come la spartizione della Libia, con un governo dei ribelli in Cirenaica, ma a quel punto decisamente filo-francese, e uno in Tripolitania imprevedibile e vendicativo nei nostri confronti, e comunque sotto embargo e sanzioni.

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