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Thursday, March 19, 2009

Ci risiamo

In questi giorni sembrano davvero sincere le aperture della Siria alla nuova amministrazione Usa. Sembrano. Damasco si offre come mediatore tra Washington e Teheran; per la prima volta apre un'ambasciata libanese. Sembra la fine del sogno della "Grande Siria". Sembra. Reuel Marc Gerecht, senior fellow della Foundation for Defense of Democracies, ricorda che non è la prima volta che a Washington crescono le aspettative sulla Siria.
Per decenni amministrazioni repubblicane e democratiche hanno tentato di persuadere il regime siriano alawita, sponsor del terrorismo, di abbandonare le sue posizioni anti-israeliane e anti-americane. Dalla rivoluzione islamica nel 1979, Washington ha nutrito la speranza che il clan alawita guidato dalla famiglia Assad avrebbe reciso i suoi legami con i mullah iraniani e la loro prole rivoluzionaria, gli Hezbollah libanesi, per unirsi agli arabi moderati, guidati dai governi fermamente anti-iraniani di Egitto, Giordania e Arabia Saudita.

Nel 2000, con la morte del presidente Hafez al-Assad, il più brutale dittatore siriano moderno, il Dipartimento di Stato e molti esperti di Medio Oriente hanno visto in Bashar al-Assad il possibile precursore di una Siria che abbandonasse l'estremismo per una maggiore apertura. Lo stesso Bashar al-Assad il cui governo poco dopo avrebbe dato l'ordine di assassinare il primo ministro libanese Rafiq Hariri, che avrebbe osato reclamare il diritto della Siria a comandare la politica libanese e a rubare dalla sua economia. Bashar al-Assad ha aperto un po' l'economia siriana - oggi l'elite può vivere più alla moda - ma ha accresciuto i legami con Teheran e permesso ai Guardiani della Rivoluzione di armare pesantemente Hezbollah. Una prova estremamente convincente: i mullah iraniani hanno appoggiato la costruzione, in Siria, a Dayr az-Zawr, di un impianto per l'arricchimento dell'uranio di fabbricazione nordcoreana - quello distrutto da Israele - perché assolutamente certi che un regime siriano con armi nucleari sarebbe rimasto il loro più stretto alleato.

E così siamo ancora con un'altra amministrazione americana che vede la possibilità di convertire gli alawiti di Damasco in uomini di pace. Si dimostreranno ancora una volta incorreggibili, naturalmente. Sono una minoritaria, eretica, dittatura sciita circondata da siriani sunniti che li odiano. Per gli alawiti, unirsi alla corrente sunnita anti-iraniana non è una proposta allettante. Molto meglio commerciare (clandestinamente se necessario) con gli europei, assassinare i libanesi, sostenere i terroristi anti-israeliani (migliorando la loro immagine in Medio Oriente), sostenere Hezbollah e tenersi stretti gli iraniani, che sono stati sempre leali e generosi.

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