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Wednesday, March 11, 2009

Perdono il pelo ma non il visco: Franceschini dichiara guerra al ceto medio

Un incentivo in più per darsi alla macchia

Archiviata la proposta dell'assegno di disoccupazione, di cui abbiamo già avuto modo di parlare, Franceschini riesuma il centrosinistra di Visco e scimmiottando Obama propone di aumentare le tasse ai "ricchi" (!?) per aiutare i più poveri. Un «contributo straordinario» per il 2009: due punti percentuali in più di aliquota Irpef sui redditi superiori ai 120 mila euro per reperire 500 milioni da destinare al contrasto della povertà estrema.

Demagogia assoluta. Effettivamente, se si prendono in considerazione le dichiarazioni del 2006 per l'anno d'imposta 2005 (dati del Dipartimento delle Finanze), aumentando del 2% l'aliquota del 43 per cento che si applica sulla parte eccedente i 75 mila euro di reddito, si ricaverebbero circa 500 milioni di euro in più di imposta lorda. Tuttavia, non è assolutamente detto che aumentando l'aliquota marginale, a un universo così ristretto di contribuenti (tra i 177 mila e i 200 mila) si ricavi un gettito superiore.

Innazitutto, perché non siamo nel 2005 ma in un periodo di crisi più profonda. Poi, perché il solo annuncio di un simile aumento può indurre i contribuenti interessati a imboscarsi in parte o in tutto, oppure a sfruttare al massimo deduzioni e detrazioni (già mi pare di sentirle le preghiere ai commercialisti: "Mi raccomando, faccia come vuole purché restiamo entro i 119.990 euro"). Per non parlare dell'effetto negativo sui consumi (e quindi sul gettito Iva) che potrebbe avere l'aumento delle tasse sui contribuenti più propensi a consumare.

Ma il punto è: sono davvero questi "i ricchi"? Già oggi, i contribuenti con un reddito imponibile di 120 mila euro, che Franceschini chiama "ricchi", si vedono sottrarre dal fisco oltre il 37%, ritrovandosi con poco più di 75 mila euro. Siamo in pieno ceto medio. Inoltre, i redditi superiori ai 100 mila euro in Italia sono già una razza in via d'estinzione e la proposta di Franceschini sarebbe solo un incentivo in più per darsi alla macchia. La percentuale dei contribuenti che dichiarano redditi superiori ai 100 mila euro è stranamente bassa in Italia (rispetto agli Usa, per esempio): lo 0,8%. Tanto da far pensare che simili proposte finiscono per "punire" solo i pochi onesti (o costretti, perché lavoratori dipendenti) che dichiarano quei redditi, mentre tutti gli altri "ricchi" si imboscano.

Ma evidentemente con la sua proposta il segretario del Pd cerca anche di imitare il presidente americano Barack Obama, che per finanziare una parte del fondo iniziale di 634 miliardi di dollari per la sua riforma sanitaria, aumenterà le tasse sui redditi superiori ai 200 mila dollari per i singoli e ai 250 mila per le coppie, il 2% delle dichiarazioni, quelle degli americani più ricchi. L'aliquota marginale massima del 35% salirà al 39,6%.

Ebbene, balza subito agli occhi una differenza abissale nel concetto di ricchezza. In America un presidente di sinistra non si azzarda a definire "ricchi" i single che guadagnano meno di 200 mila dollari (circa 158 mila euro); in Italia ci vanno di mezzo tutti quelli che guadagnano 120 mila euro, single o con famiglia a carico. Ammesso e non concesso che la politica fiscale di Obama sia opportuna, quella di Franceschini è un grossolano attacco al ceto medio.

In Italia i contribuenti più ricchi, che dichiarano più di 100 mila euro l'anno, sono circa 300 mila, lo 0,8% (ma c'è da scommettere che i voti sono molti di più!), e assicurano all'erario solo il 15,8% dell'imposta complessiva (circa 19,8 miliardi di euro). Negli Stati Uniti, considerando gli ultimi dati disponibili (2006), l'1% dei contribuenti più ricchi ha versato invece il 40% del gettito complessivo. Ma di questo 1% fanno parte i cittadini americani che dichiarano un reddito superiore ai 388 mila dollari, mentre in Italia per arrivare alla quota dell'0,8% dei contribuenti più ricchi bisogna considerare anche chi dichiara un reddito di "soli" 100 mila euro (126 mila dollari).

A dichiarare un reddito superiore ai 200 mila dollari (circa 158 mila euro) è addirittura il 7% dei contribuenti americani, che assicura il 62% del gettito complessivo dell'imposta sul reddito individuale, 522 miliardi di dollari. Ebbene, gli italiani che dichiarano un reddito simile, superiore ai 150 mila euro (200 mila dollari equivalgono a 158 mila euro), sono lo 0,3% (114 mila) e versano solo il 9,7% dell'imposta complessiva (circa 12,2 miliardi di euro).

Per ottenere 10 miliardi di euro - per esempio, per finanziare una riforma degli ammortizzatori sociali - da questa fascia di contribuenti più ricchi, la stessa a cui Obama ha deciso di aumentare le tasse per finanziare il suo piano sanitario, occorrerebbe quasi raddoppiare l'aliquota. Per arrivare al 53% di tutto il gettito bisogna prendere in considerazione le tasse pagate dal 10% dei contribuenti italiani più ricchi, ben sotto la soglia dei 70 mila euro.

Sorge spontaneo chiedersi dove siano finiti i "ricchi" in Italia. O nel nostro paese c'è un problema di scarsa creazione della ricchezza e di uno scarso accumulo di capitali; oppure le aliquote sono troppo alte e i contribuenti più ricchi investono i loro guadagni in modi che gli permettono di non farli figurare come reddito imponibile. Probabilmente le due spiegazioni non si escludono.

1 comment:

Giovanni Boggero said...

Ma ora i gloriosi governi europei sistmeranno tutto perchè vinceranno presto la crociata contro gli odiosi e corrotti paradisi fiscali! Alè!