Il piano ha ricevuto però una stroncatura autorevole, di quelle di cui è capace il Premio Nobel Paul Krugman, tra i più accaniti critici di Bush e sostenitori della prima ora di Obama. Krugman accusa Geithner di aver «riciclato» le scelte dell'amministrazione Bush, in particolare il piano ribattezzato "cash for trash". «Più che deprimente. Mi riempie di disperazione».
Il problema del piano, secondo Krugman, è che «dà per certo che le banche siano stabili e che i banchieri sappiano quello che stanno facendo». Krugman è per la nazionalizzazione delle banche. Da un certo punto di vista non ha tutti i torti. Una volta che si è deciso di investire ingenti somme di denaro pubblico, solo in questo modo il governo avrebbe il pieno controllo su come vengono risanati i bilanci delle banche, quindi su come vengono spesi i soldi dei contribuenti. Secondo Krugman bisognerebbe agire in questo modo:
«Il governo ripristina la fiducia nel sistema facendosi garante di molti (non necessariamente tutti) i debiti delle banche. Al contempo, assume un controllo temporaneo delle banche effettivamente insolventi, allo scopo di metterne a posto i bilanci. Così fece la Svezia all'inizio degli anni '90, e noi stessi dopo la débacle dei risparmi e dei prestiti in epoca reaganiana».Peccato che secondo Paulson prima, e Geithner oggi, gli "asset tossici" sui libri contabili delle banche valgono molto più di quanto chiunque sia attualmente disposto a pagare per essi. Quindi per loro il problema non è una vera e propria insolvenza, ma si tratta di fornire alle banche la liquidità che oggi quei titoli non possono garantire. Paulson aveva proposto che il governo acquistasse direttamente i "titoli tossici", ma c'era il problema di indovinare il "prezzo giusto": fosse stato troppo basso, le banche non avrebbero venduto; troppo alto, ci avrebbero guadagnato troppo. Quello di Geithner è un complicatissimo schema di prestiti per superare questo problema: fa in modo che siano investitori privati a fissare il "prezzo giusto". Poi il governo presta loro i soldi per acquistare i "titoli tossici". Ma l'idea di fondo è la stessa: la sostanziale stabilità e la capacità di giudizio delle banche stesse, cose a cui Krugman ha smesso di credere.
Il problema più grave per Krugman è politico: «Se questo piano dovesse fallire - come quasi sicuramente fallirà - è improbabile che il presidente sarà in grado di convincere il Congresso ad approvare un ulteriore stanziamento di fondi per fare ciò che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio». Quando Obama si renderà conto dell'errore, e «di dover necessariamente cambiare rotta», potrebbe essere troppo tardi, nel senso che «il suo capitale politico potrebbe essere ormai dilapidato».
Più cauto, ma anche disilluso, il giudizio del Wall Street Journal: «Almeno è un tentativo». Poi c'è la proposta di Peter Wallison su come stabilire il prezzo degli asset "tossici".
1 comment:
Il Gioco delle Tre Carte messo in atto in grande stile per far sparire questi titoli inesigibili si fa sempre più convulso come deve essere la regola per quel tipo di artificio da strada malfamata.
In Borsa è stato festeggiato alla grande. Qualcuno deve aver tratto la conclusione che chi ha causato il danno non pagherà mai il conto (e potrà continuare a incassare...) e che la crisi finanziaria questa volta è finita per davvero. Per la ineludibile ma trascurata legge del dare e dell'avere il conto sarà quindi pagato dai contribuenti e dai privati cittadini e magari anche da chi si troverà a sua insaputa, in un portafoglio gestito, queste schifezze acquistate dai privati istituzionali e debitamente e lestamente girate al dettaglio; magari anche spacciate su scala industriale in giro per il mondo.
Mi sembra si tratti del classico caso in cui il delitto paga. Paga alla grande.
Stakanov
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