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Wednesday, June 01, 2011

La strada per Palazzo Chigi non è così spianata

Ieri s'è ragionato sul centrodestra, con «l'autopsia» di ciò che ne rimane. Oggi allarghiamo lo sguardo ai vincitori, o presunti tali. Le parole di Vendola alla festa della vittoria a Milano non avrebbero aiutato Pisapia in campagna elettorale, che oggi bacchetta il suo leader («a Nichi Vendola voglio bene. Ma quando va in una città che non conosce dovrebbe ascoltare più che parlare») e fa sperare di saper contenere l'influenza dei partiti che lo hanno sostenuto. Milano ha molte più possibilità di Napoli di cadere in piedi da questo esito elettorale. Pisapia non farà disastri, i milanesi dovranno sorbirsi qualche iniziativa radical chic, magari riuscirà persino a ridurre sprechi e privilegi all'interno dell'amministrazione, ma tutto - proprio tutto - dipenderà davvero dalla forza che dimostrerà il sindaco nell'arginare l'influenza mefitica dei partiti che l'hanno sostenuto (la bramosia di potere del Pd e gli istinti vetero-comunisti di Sel). Quanto a Napoli, non resta che San Gennaro.

Sui vincitori l'analisi più interessante è come spesso capita quella di Luca Ricolfi, su La Stampa, che per certi versi completa quella di Mannheimer. Per il sondaggista di Porta a Porta e del Corriere, si è registrata una massiccia «mobilitazione» dell'elettorato di sinistra più antiberlusconiano, a fronte di una vistosa «smobilitazione» dell'elettorato di centrodestra. Da una parte, ha giocato l'entusiasmo per una vittoria percepita come a portata di mano, e capace di assestare la spallata definitiva a Berlusconi. Il quale concentrando si di sé l'attenzione avrebbe mobilitato molto più la parte avversa che la propria. Insomma, l'odore del sangue politico di Berlusconi ha portato alle urne molti elettori di sinistra come non se ne vedevano dai tempi del grande inganno veltroniano. Dall'altra, la delusione per le promesse non mantenute e una politica sempre più distante dai problemi reali ("se tanto non cambia nulla, che ci vado a fare a votare?"), e l'autentico disgusto per la rissa nel fango degli ultimi dodici mesi, hanno tenuto lontano dalle urne molti elettori. Non una cattivissima notizia per il centrodestra, dunque, nel senso che secondo Mannheimer pare di capire che non ci siano stati consistenti flussi di elettorato dal centrodestra al centrosinistra. Ma potrebbero esserci in futuro se Berlusconi e Bossi continueranno con questo copione.

Per Ricolfi, se lo sconfitto è certo (Berlusconi), il vincitore «nascosto» delle elezioni è il «partito di Santoro» (grazie ai soldi dei contribuenti, aggiungerei): «Berlusconi ha perso, ma solo il partito di Santoro ha vinto. Questa è certamente una buona notizia per i molti nemici di Berlusconi, ma non è detto che lo sia per il centrosinistra».

In effetti, nessuno dei profili dei candidati premiati dagli elettori (Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli e Zedda a Cagliari), anche se per alcuni aspetti molto diversi tra di loro, sembra coincidere con quello di un ipotetico candidato premier del Pd. Se oggi Bersani è più forte nel suo partito, alla luce di questi risultati elettorali ed essendo ormai irrinunciabili le primarie di coalizione, sembrano rafforzate le possibilità che a guidare il centrosinistra alle prossime elezioni politiche sia Nichi Vendola. E infatti si è subito riaperta a sinistra la disputa tra primarie subito (Vendola) e primarie dopo (Bersani). Oltre ai ringraziamenti ai «fratelli» rom e musulmani per la vittoria a Milano, ieri Vendola ha fatto parlare di sé per la decisione assunta in Puglia, da governatore, di alzare l'addizionale Irpef per coprire il buco nella sanità pugliese. Le imprese pugliesi già pagano la percentuale massima dell'Irap consentita, ora Vendola ha aumentato l'addizionale Irpef del 30% per i redditi bassi e di oltre il 50 per quelli medio-alti. «Fratelli rom, sorelle tasse», sembra su misura il titolo del Giornale.

Ma il punto è che quello definito da Ricolfi «il partito di Santoro» non è che il partito dell'antiberlusconismo più viscerale, che come conferma Mannheimer sarebbe tornato a mobilitarsi in queste elezioni. Ma se l'antiberlusconismo - giudiziariamente, mediaticamente e ora elettoralmente - ha assestato duri colpi al centrodestra, facendo intravedere più volte il momento dell'uscita di scena di Berlusconi, ha tuttavia reso quasi impossibile in questi anni la formazione di una credibile alternativa di governo a sinistra. Fino ad oggi le forze della cosiddetta sinistra riformista non sono riuscite a governare con la sinistra radicale e giustizialista. A fronte di qualche di exploit elettorale - per cui a sentire un certo giornalismo "impegnato" gli italiani si sarebbero magicamente trasformati da rimbecilliti dal Cavaliere a protagonisti di una riscossa civile - zero capacità di governo. Le uniche due esperienze di governo, quelle guidate da Prodi, sono malamente naufragate, regalando una vera e propria resurrezione politica a Berlusconi.

C'è un "non detto" nel centrosinistra, un dato per scontato che invece potrebbe rivelarsi un calcolo sbagliato: si illudono che fatto fuori Berlusconi, il centrodestra cadrà nel marasma più totale e avranno gioco facile nel conquistare Palazzo Chigi. Può darsi, ma come osserva Ricolfi, non fanno i conti con un «confronto fra una destra e una sinistra entrambe deberlusconizzate», dove prima o poi lo scontro non sarà più fra berlusconiani e anti-berlusconiani. E allora, se il centrodestra saprà conservare un minimo di compattezza e di coerenza ideale e programmatica, e non getterà alle ortiche questi 20 mesi circa di governo che restano, potrebbero accorgersi che Berlusconi non era poi così insostituibile ed era in realtà l'ultimo dei loro problemi sulla strada per Palazzo Chigi.

8 comments:

luca said...

Un nome per la leadership di un centro-destra deberlusconizzato.
Tremonti: sembra la scelta più logica, ma è troppo antipatico per fare il candidato premier; in campagna elettorale ci farebbe perdere una marea di voti.
Alfano: troppo giovane per gli standard italiani; e poi, essendo siciliano, la magistratura troverebbe subito un pretesto per "mascariarlo".
Frattini: forse la scelta migliore; esperienza internazionale, aplomb, l'età giusta.
Certo che questa scelta la devono fare subito.
Il candidato deve avere avanti 2 anni per "studiare da premier".

Jean Lafitte said...

nessuno pensa che la strada per palazzo Chigi sia spianata come nessuno pensava che la strada per la presidenza della regione, la prima e la seconda volta fosse spianata come nemmeno la sua vittoria delle primarie. stesso discorso per Pisapia. però, c'è da dire che ce l'hanno fatta. alla grande.

Luca Ricolfi è rimasto l'unico guru della destra. che tristezza che fate.

Anonymous said...

il triste mi sembra jean lafitte che ha la memoria solo per le cose che gli piacciono .
.
perchè non sembrava possibile neppure fregarvi il Lazio
ne strapparvi IL PIEMONTE
ne strapparvi ROMA .
.
non sembrava possibil eneppure il terzo governo Berlusconi ,
ne tutto il resto ......
.
ed allora caro lafitte ......evolvi il tuo pensiero.

Jean Lafitte said...

"perchè non sembrava possibile neppure fregarvi il Lazio"

ma neanche per sogno, stiamo parlando della regione presieduta da STORACE.

non ha capito una mazza del senso di quello che volevo dire e onestamente non può fregarmi di meno.

oltre che triste evidentemente non capisce neanche la lingua italiana.

Cachorro QUente said...

Dopo la figura fatta da Frattini come ministro degli esteri, penso che al massimo gli possono trovare un posto da guardia forestale in Calabria, altro che presidenza del Consiglio.
Su Alfano non mi pronuncio per carità di patria.

Anonymous said...

si , a proposito di ministri degli esteri e di figure misere .....
mi torna in mente un certo massimo dalema , allora ministro degli esteri del governo Prodi , che viene accompagnato a braccetto per Beirut dai CAPI DI UN MOVIMENTO TERRORISTICO ...hetzbolla'
.

Jean Lafitte said...

non mi è simpatico D'Alema, ma è così che si fa il ministro degli esteri. parlando con i "nemici", che con gli amici siamo già d'accordo. churchill non andava a braccetto con stalin a Yalta? nixon e krushov non facevano gag in tv?
cosa avrebbe fatto di sbagliato D'Alema nell'incontrare hezbollah? che cervello piccolo piccolo che avete...

Cachorro Quente said...

A parte il fatto che se per far apparire bene Frattini devi paragonarlo a D'Alema (uno dei peggiori e più dannosi politici italiani) stai messo benissimo, la famosa passeggiata con il leader Hezbollah è uno degli eventi più stupidamente strumentalizzati nella storia italiana recente.

Il conflitto in Libano in corso era combattuto da Israele ed Hezbollah. Una forza di pace non poteva che prendere contatti con entrambe le parti in causa, anche se una era un governo legittimo e l'altra un gruppo terroristico. Gli accordi di pace si fanno con i nemici, non con gli amici. E' vero che anche la forma ha una sua parte, e D'Alema probabilmente ha ecceduto nel mostrare un atteggiamento amichevole, ma almeno non ha invitato il leader di Hezbollah a Roma a predicare il Corano a duecento hostess (e mi dirai: Gheddafi è un nostro alleato ecc. ecc. APPUNTO! Le alleanze si fanno, purtroppo, sia con i buoni che con i cattivi).