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Friday, June 24, 2011

Tagliare, non prelevare

Se fosse fondata questa indiscrezione, riportata su Corriere.it da Sergio Rizzo - e sempre ammesso che dalle intenzioni si riesca a passare ai fatti, superando i veti della "casta" - forse non sarebbe un punto di svolta per i conti pubblici, ma certo una piccola grande rivoluzione... "politica" e culturale, questo sì. Soprattutto il «livellamento remunerativo Italia-Europa», che credo avrebbe un valore tutt'altro che simbolico.

Vedremo presto dove Tremonti ha intenzione di incidere con il suo bisturi il corpo vivo della spesa pubblica, ma negli ultimi giorni sui quotidiani sono circolate varie ipotesi, che sarebbero allo studio del Tesoro e del governo. Alcune buone, altre meno buone, altre ancora davvero pessime.

Qui siamo dell'idea che sia per centrare l'obiettivo del pareggio di bilancio, sia per realizzare una riforma del fisco che includa una prima, percepibile limatura delle aliquote, occorra agire tagliando la spesa ed evitando, invece, nuove entrate. Qualsiasi nuova entrata, infatti, rischia di produrre effetti più recessivi dei tagli alla spesa. E soffocare ulteriormente una crescita già stentata potrebbe compromettere l'efficacia della manovra di rientro.

Sia l'aumento a 65 anni dell'età pensionabile delle donne anche nel settore privato (nel pubblico già è così), sia l'anticipo al 2013 per tutti, uomini e donne, dell'agganciamento automatico dell'età pensionabile alle speranze di vita, conferirebbero solidità e credibilità alla manovra. Auspicabili il disboscamento del sistema di deduzioni e detrazioni, in cui si nascondono inspiegabili privilegi, il prolungamento del blocco dei contratti e del turnover nel pubblico impiego, e ulteriori tagli ai ministeri, ai comuni e agli enti locali. Ricordando poi che le province, se non abolite, potrebbero essere dimezzate nel numero o quasi. Non si vogliono i cosiddetti tagli «lineari»? Allora ci pensino la Conferenza delle Regioni e l'Anci a fissare dei criteri per individuare gli enti più virtuosi cui risparmiare la dieta. Certo è che non ha tutti i torti la Lega quando pone la questione del patto di stabilità interno: a livello sistemico che i comuni con un bilancio in attivo non possano spendere i loro soldi, perché servono a ripianare i debiti altrui, è un incentivo perverso.

Escludendo i Bot, forse sulle rendite finanziarie si può ragionare, facendo attenzione però a mantenere un'aliquota competitiva con quella degli altri Paesi europei. Se per evidenti motivi va tutelato il finanziamento dei titoli di Stato, merita di esserlo anche quello del settore privato (che contribuisce al Pil) tramite il mercato azionario.

Ciò che invece a mio avviso va evitato è un aumento dell'Iva, che in Italia è già alta e altamente evasa. Tra l'altro, un punto percentuale in più potrebbe essere facilmente eroso da ulteriore evasione, nonché fornire un alibi per aumenti ingiustificati dei prezzi. Circoscrivere l'aumento dell'Iva ai beni di lusso è piuttosto demagogico. Da una parte è vero che Briatore non rinuncerebbe a farsi un nuovo yacht per un punto in più di Iva, ma certi beni sono alla portata di molti e c'è da chiedersi: la costruzione di beni di lusso, come barche, a quante persone, e per quanti mesi, dà lavoro?

Ogni ipotesi di aumento dei contributi per i lavoratori parasubordinati, ovvero collaboratori a progetto e partite Iva, già oggi al 26%, rappresenterebbe una vera e propria rapina ai danni dei precari, che hanno poche chance di vedersi restituire i contributi che versano oggi in forma di una pensione decente domani. L'aliquota fu elevata al 26% dal governo Prodi, che prese dalle tasche dei precari (dovrebbero ricordarselo bene, era ministro anche il signor Bersani!) i soldi per abolire lo scalone Maroni, allo scopo di continuare a mandare in pensione i cinquantenni. Allora sostenevano che l'aumento dell'aliquota avrebbe scoraggiato il ricorso al lavoro precario da parte delle imprese a favore di quello a tempo indeterminato. La realtà fu ben diversa: l'aumento contributivo fu per lo più sottratto alle buste paga già leggerissime dei precari, gli stessi precari di cui oggi - dopo averli massacrati - la sinistra si riempie la bocca. Un vero scandalo. Su questo sarebbe demenziale seguire l'esempio di Prodi e Padoa-Schioppa (e di Bersani).

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