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Wednesday, October 26, 2011

C'erano una volta le pensioni

Anche su notapolitica.it e taccuinopolitico.it

La riforma delle pensioni è il "cold case" della politica italiana, il nodo irrisolto da due decenni. Chi oggi lucra sulle difficoltà dell'attuale governo, non deve illudersi: sarà un tema ineludibile per chiunque governerà dopo Berlusconi. Tanto vale dirsi le cose come stanno. Il problema andrebbe affrontato alla radice, cioè sradicando una certa idea della pensione che nei decenni si è sedimentata, direi fossilizzata, nell'opinione pubblica. Non solo in Italia, dove addirittura la gente non vede letteralmente l'ora di ritirarsi, ma in tutti i Paesi avanzati, forse un po' meno solo in quelli anglosassoni, si pensa alla pensione, e la si vive, come una vacanza premio all inclusive.

Non era questo il suo scopo originario, quando le prime forme di previdenza furono introdotte nelle società industriali sul finire dell'800, consolidandosi negli anni 30 del '900. La pensione non nasce per finanziare il tempo libero di persone ancora attive fisicamente e mentalmente, come se fosse un premio per il solo fatto di aver lavorato. Ma come forma di sostentamento per le persone che per la loro età avanzata non sono più in grado di autosostentarsi dignitosamente lavorando. E' ovvio che oggi quel mondo non esiste più: è notevolmente aumentata la durata della vita; sono enormemente migliorate le condizioni di salute, fisiche e mentali, degli anziani, così come le condizioni di lavoro e igienico-sanitarie; viviamo in società post-industriali dove il lavoro usurante nelle fabbriche o nei campi si va riducendo.

Il modello secondo cui per circa la metà della propria vita si lavora, e nell'altra metà o si studia o ci si gode non il riposo, cui hanno diritto i vecchi, ma il tempo libero h24, semplicemente non regge, non è economicamente sostenibile, ammesso e non concesso che sia moralmente accettabile. Se sei stanco, riposi senza doverti preoccupare di come pagarti da vivere. Questa è la finalità sociale della previdenza. Ma godersi il proprio tempo libero è un'altra cosa, spesso l'opposto che "riposare", e ha un costo che non è giusto mettere a carico della collettività. Si dovrebbe percepire una pensione quando fisicamente e mentalmente non si è più in grado di lavorare con un minimo grado di efficienza. Chi può sostenere che sia questa, oggi, la condizione del pensionato-tipo? Oggi il pensionato tipo, non solo in Italia, compie tutta una serie di attività che contraddicono in modo eclatante le condizioni di vita che dal finire dell'800 in poi, per effetto dei profondi mutamenti nei modelli produttivi e nelle strutture famigliari indotti dalla rivoluzione industriale, resero indispensabile l'introduzione dei sistemi pensionistici.

Fu Bismarck nel 1889 a introdurre il primo sistema previdenziale obbligatorio, che fissava alla soglia dei 70 anni l'età di pensionamento (ridotta a 65 anni nel 1916), ma quando l'aspettativa di vita della popolazione prussiana era di 45 anni e la durata media di un adulto proprio di 70. Per capirci, come se oggi, in Italia, si potesse andare in pensione a 80 anni. Ma non sto sostenendo che bisognerebbe andare in pensione solo quando si è ormai vecchi decrepiti, neppure in grado di godersi gli ultimi anni di attività e vitalità, ma ricordare le origini dovrebbe quanto meno metterci al riparo da esagerazioni insostenibili.

Un altro discorso andrebbe affrontato sull'entità degli assegni. Ha qualche senso, rispetto allo scopo originario della previdenza pubblica, cioè un dignitoso sostentamento, che lo Stato eroghi pensioni di 3, 4 o 5 mila euro al mese, dovendo imporre per finanziarle un cuneo fiscale che deprime le attività economiche? Se dev'essere proprio lo Stato a gestire la previdenza, è opportuno che almeno si limiti a garantire una pensione minima di sostentamento, gravando il meno possibile in termini di contributi obbligatori sui redditi, sia bassi che alti. Chi percepisce un reddito medio-alto non è forse nelle condizioni di contribuire autonomamente a garantirsi lo stesso tenore di vita anche dopo il ritiro?

Sono tutte questioni che andrebbero affrontate apertamente dinanzi alle opinioni pubbliche se si vuole creare un minimo di consenso a favore di scelte e cambiamenti che appaiono sempre più inderogabili.

8 comments:

Marcantonio said...

I ricchi pensionati al governo ed all'opposizione non riformeranno davvero le pensioni...
È, questo, uno dei temi principali del conservatorismo trasversale che domina la società italiana, tanto è vero che i) il centro-sinistra ha fatto finta di riformare il sistema pensionistico, in realtà congelandolo a livelli da anni '90, con qualche ritocco; ii) il centro-destra vorrebbe ma non puó, dato che gran parte delle pensioni di anzianità vanno alle regioni che votano PDL e Lega; iii) i media fanno i titoloni, ma nessuna campagna insistente, dato il privilegiatissimo sistema pensionistico che più baby non si puó dei giornalisti; iv) i regimi speciale sono una legione (parlamentari e consiglieri regionali, dirigenti d'azienda, forze di polizia in pensione a 53 anni, militari a 55, magistrati e docenti universitari a 70, ecc.); v) perfino i dipendenti degli enti previdenziali, INPS ed INPDAP in testa, hanno un regime speciale di lusso ...
Tutti questi pensionati - spesso con doppie e triple pensioni - non hanno alcun interesse a rendersi impopolari toccando il sistema, perché i tagli colpiscono soltanto coloro che dal sistema ricavano meno.
Turkeys don't vote for Christmas ...

Fabio said...

Capisco il senso dell'articolo, però bisogna anche tener conto di tutti quei posti di lavoro, che sono la maggioranza, in cui un lavoratore di 55 anni o poco più è già ritenuto "vecchio" e tende ad essere sostituito da personale, sicuramente con meno esperienza, ma più giovane. Purtroppo che fanno queste persone se alla fine non hanno una pensione sulla quale contare? Chi assumerebbe un lavoratore di 55-60 anni "con esperienza"? Oggi questa tipologia di persone sono, è triste dirlo, fuori mercato.

Marcantonio said...

Caro Fabio, le pensioni non sono né dovrebbero essere un magnifico surrogato del sussidio di disoccupazione. É il sostegno alla discossupazione, non la pensione, su cui un lavoratore che perda il lavoro dovrebbe poter contare, indipendentemente dall'accesso dell'azienda che lo manda via alla cassa integrazione (la quale è un sistema discrezionale che privilegia le grandi aziende). In Italia, da oltre 50 anni, si è fatto ricorso alle pensioni per dare un vitalizio a milioni di persone, parte delle quali (baby e falsi invalidi) non avrebbero mai dovuito riceverne una, mentre altre (pre-pensionati) avrebbero dovuto poter contare su un sistema di protezione dell'occupazione e di sostegno alla disoccupazione moderno. Non si vergognano il Partito Deludente ed i suoi cuginetti della Sinistra Evanescente e Ludica di non aver mai messo alle strette il centro-destra su un tema come questo? E quando erano al governo, invece di consacrare le pensioni di anzianità, perché Brodino e Dinosaurotti non hanno introdotto un sistema di disoccupazione moderno e liquidato cassa integrazione e disoccupazione agricola (altra espressione dello sfasciato sociale all'italiana)?

Stefano said...

beh. E' anche vero che i cari 'baby pensionati' (non parlo dei truffatori delle finte invalidità, ovvio) sono andati legittimamente in pensione dopo 15 anni di servizio, magari, sfruttando una legge dello Stato. E hanno rimodulato la loro vita in base a quella scelta.

fu un errore mandare la gente in pensione così presto, facendo occupazione a spese del debito pubblico? Sicuramente. Ma è stato fatto ormai, e dobbiamo prenderne atto.

certo, la conseguenza dell'errore è che io, probabilmente, morirò lavorando. Ma sono anche pronto a farlo, se, ripeto, se, lo stringimento della cinghia sia generalizzato.

si chiama 'patto generazionale'. Tu anziano rinunci a un po' di diritti acquisiti, io giovane (non troppo, ma vabbè) per riconoscenza evito di darti fuoco quando sul tram ti lamenti della gioventù, dall'alto di una vita dove magari hai lavorato anche duro, ma non sei entrato nell'inferno della manodopera low cost, cocopro e sostituzioni maternità, e come pensione una pacca sulla spalla.

@marcantonio
"Non si vergognano il Partito Deludente ed i suoi cuginetti della Sinistra Evanescente e Ludica di non aver mai messo alle strette il centro-destra su un tema come questo?"
quando la mia squadra del cuore gioca da far schifo ed è sotto di 3 gol, insulto gli 11 in campo, non me la prendo coi panchinari perchè non li incitano abbastanza.

Luca said...

I diritti dei baby pensionati (io personalmente conosco una simpatica signora oggi sessantenne che è andata in pensione da insegnante della scuola pubblica a 34 anni di età) non sono diritti umani, immodificabili.
Sono diritti sociali, soggetti quindi alle condizioni economiche del momento.
Negli anni in cui è stato concesso il diritto di andare in pensione con 15-20 anni di anzianità le casse dello Stato potevano permettersi un simile lusso.
Oggi no, tanto è vero che io non posso godere di quel diritto.
Quindi, nessuno scandalo se le baby-pensioni venissero decurtate per far fronte alla crisi economica.

Cachorro Quente said...

Comunque direi che il problema pensioni è un argomento chiuso, grazie al tempestivo intervento del governo nel 2026 andremo in pensione a 67 anni.

Anonymous said...

Mia madre è andata in pensione dopo 10 anni, la legge permetteva anche questo se avevi una gravidanza. Mia zia ha lavorato pochi anni di più. Entrambe erano insegnanti pubbliche. Il senso della legge delle baby pensioni era quello di "creare" nuovi posti di lavoro. E' stata una delle più grandi truffe legalizzate ai danni dei cittadini, che cmq hanno accetto di truffare il sistema e quindi sé stessi, anche perché, rifiutare singolarmente una opportunità del genere sarebbe stato senza senso. Cmq è stata abolita da tempo. Se avete tempo leggetevi il libro Sanguisughe di Giordano Bruno, c'è pieno di esempi del genere. Io sono dell'idea che l'unica cosa giusta da fare sarebbe abolire quell'esproprio forzoso dell'INPS dalla busta paga, se uno vuole farsi truffare, decide liberamente di versare i suoi sudati soldi in quel fondo perduto, altrimenti meglio poterseli mettere nel cassetto e avere almeno la speranza di avere qualcosa di solido su cui contare anche nel futuro. Poi si vedrà di anno in anno cosa c'è ancora in quel fondo, e si dividerà tra i pensionati (tanto ormai è assodagto che chi versa oggi riceverà un 40% del suo stipendio come pensione), senza emettere titoli di stato per coprirlo. Quando l'economia andrà meglio, allora, lo stato magari si metterà a regalare un po' di soldi come ha già fatto nel passato.
Roby

Frank77 said...

"Comunque direi che il problema pensioni è un argomento chiuso, grazie al tempestivo intervento del governo nel 2026 andremo in pensione a 67 anni."

Sempre che nel 2026 lo stato Italiano esista ancora :-O