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Sunday, April 15, 2007

Il pantano strategico dei Radicali

La vignetta di Vincino che ritrae a braccetto Boselli e Mussi e la gelosia di Pannella (Il Foglio, 14 aprile)«Oggi la Rosa nel Pugno continua a vivere come gruppo parlamentare, con la sua presenza al governo con il ministro Emma Bonino, con il viceministro Ugo Intini, e altri compagni». La Rosa nel Pugno è stata un cartello elettorale che non è riuscito a divenire partito, perché «le differenze nel modo di fare politica hanno prevalso sulle convergenze». Tuttavia, «non siamo qui per chiudere la Rosa nel Pugno ma per aprire un cantiere più grande. Non c'è contrasto con quello che abbiamo fatto ma continuità». E con i radicali «abbiamo tante battaglie da fare ancora assieme: da quelle sulla laicità e sui diritti civili all'ultima, quella per una moratoria della pena di morte alle Nazioni Unite».

In queste parole, pronunciate da Enrico Boselli aprendo il V Congresso dello Sdi, sta tutto l'attuale pantano strategico in cui si trovano i radicali.

La mia è un'amarezza sincera e ragionata. All'inizio dell'esperienza della Rosa nel Pugno non avrei mai creduto che una vecchia volpe come Pannella si facesse fregare da due come Boselli e Villetti. Né che, una volta evidente quale fosse, dall'inizio, il loro disegno, continuasse a rincorrere, in quel "dramma della gelosia" che il tratto di Vincino ha così ben rappresentato ieri su Il Foglio. Eppure è ciò che è accaduto e mi è tornato in mente qualche vecchio dibattito di Direzione (dell'estate scorsa), in cui avevo cercato di accenare qualcosa dello schema che si andava delineando, in modo che si potessero studiare per tempo delle contromosse.

Entrare in Parlamento era per i radicali l'obiettivo minimo che chiedevano all'esperienza della Rosa nel Pugno. Per lo Sdi era l'unico. L'ennesima bicicletta da riportare in cantina alla domenica sera. Il loro disegno è riuscito in pieno, quello di Pannella è fallito. Oltre al danno, la beffa. Ad oggi la Rosa nel Pugno esiste solo in Parlamento e lo Sdi ne ha il pieno controllo. Il Gruppo è guidato da Villetti, che prende posizione anche per nome e per conto dei radicali, senza che il soggetto politico abbia una vita propria e democratica.

Intanto, lo Sdi ha mani libere di muoversi, progettare costituenti e ricostituenti, vagheggiare un improbabile partito con Mussi e Angius alla sinistra dei Ds, ma molto più prosaicamente accontentandosi - e sarebbe già molto - di una fragile unità socialista da esporre per alzare il prezzo dell'entrata differita nel Partito democratico. Mentre i radicali hanno mani e piedi legati a quel cartello elettorale ormai asfittico con il quale sono stati accettati, seppur malvolentieri, nell'Unione e al ministero che ne hanno ottenuto.

Ma le parole di Boselli non solo rivelano il compimento di quello che fin dall'inizio, da dopo le amministrative della primavera scorsa, era l'assetto cui mirava lo Sdi.

A questo punto Boselli completa l'operazione di normalizzazione dei radicali: le uniche battaglie da fare insieme sono quelle sui diritti civili. Sul resto guai a toccar palla. Uno schema classico, sempre usato dai comunisti negli anni '70, ripreso dal centrosinistra di oggi, per neutralizzare i radicali. Aprono il corral dei diritti civili e i radicali ci si ficcano ben contenti, credendo tramite quelli di entrare in sintonia con il popolo della sinistra e di instaurare un rapporto finalmente costruttivo con i suoi vertici, mentre quelli continuano indisturbati a mettere a sacco lo Stato e a rafforzare il regime partitocratico attraverso lo schema tasse-spesa pubblica.

Dopo di che, arriva un Bertinotti a riconoscere, rispondendo a Paolo Mieli durante la presentazione del suo libro, "La città degli uomini", che dai radicali «abbiamo imparato», «siamo andati avanti a rubargli sempre qualche cosa», la nonviolenza, i diritti civili e, infine, anche il nome: sinistra radicale, appunto.

C'è molto poco di cui essere soddisfatti per i radicali. Si tratta, infatti, di un'appropriazione puramente nominalistica, non di una vittoria culturale. La nonviolenza bertinottiana è semplicemente, sul piano degli strumenti di lotta del suo partito, rifiuto della violenza nelle manifestazioni, e su quello della politica estera, nient'altro che ambiguo pacifismo. Non c'è alcuna cultura liberale del rispetto della legalità e dello stato di diritto. L'aggettivo "radicale" accostato alla sinistra bertinottiana e neocomunista è ritornato ad essere sinonimo di estremo, se non estremista. Un fenomeno mediatico non so fino a che punto pianificato, quanto piuttosto sintomo dell'irrilevanza e dello svuotamento di significato del radicalismo liberale.

Monday, March 05, 2007

La Rifondazione di Bertinoro

Pare che avremo due rifondazioni: dopo quella comunista, che di danni ne fa già parecchi, sembra arrivata l'ora di quella socialista, le cui premesse sono state poste al convegno di Bertinoro, dove si sono riuniti i "reduci". Gli ex Psi Enrico Boselli, Bobo Craxi, Gianni De Michelis, Rino Formica, Valdo Spini e Saverio Zavettieri; gli ex Pci Lanfranco Turci, Salvatore Buglio, Peppino Caldarola, Emanuele Macaluso.

Tra i tanti paradossi, l'attività di un'associazione che si chiama «per la Rosa nel Pugno» ma organizza un incontro «Verso la costituzione di una moderna forza laica liberalsocialista».

Alternativi i due progetti politici. Da una parte, la Rosa nel Pugno, nata con l'intenzione di essere 100% laica, 100% socialista, 100% liberale e 100% radicale. Si richiamava alle esperienze di Blair, Fortuna e Zapatero e si era data 31 punti programmatici.

La nuova forza che dovrebbe prendere forma da Bertinoro si basa invece su una identità ibrida, quella liberalsocialista (che è diverso dal dire liberale e socialista). Non ho avuto modo di ascoltare tutto l'incontro, ma non mi sono perso gli interventi dei "bug" (ops, volevo dire "big"). Stupefacente come il tempo veniva consumato in un continuo rimbalzo tra etichette e contenitori, vecchi o a venire: destra/sinistra, Partito democratico, postcomunisti, sinistra Ds, socialisti, lombardiani, craxiani, berlusconiani, e così via... Un gioco di specchi in cui perdersi e, forse, abbandonarsi un attimo prima di divenire preda dell'horror vacui di idee.

Non una sola proposta, un obiettivo, una policy come ragione fondante di quel nuovo stare assieme. Surreale, inoltre, parlare di socialismo e delle sue ragioni, della sinistra nel XXI secolo, senza citare nemmeno una volta l'esempio di maggior successo e modernità in Europa: Blair (o almeno Zapatero).

E i radicali? I radicali non c'erano. Chiusi in un angolo, mentre lo Sdi gioca su due tavoli. Quel poco che c'è di Rosa nel Pugno è in mano a Villetti, che guida il gruppo parlamentare alla Camera come se fosse una propaggine dello Sdi. Nel contempo Boselli svolazza qua e là e, dopo aver fatto appassire la Rosa, si posa anche sulla «moderna forza laica liberalsocialista».