Estremismo islamico/3. ... e riflessione sui rimedi
Se dunque libertà e democrazia, prospettive di benessere e partecipazione, società aperte, saranno gli ingredienti per sconfiggere i sentimenti antioccidentali e il terrorismo, si pone ora il problema di come fare.
Emanuele Ottolenghi su Il Foglio ha ricordato quella che lo studioso Fouad Ajami ha individuato come la politica occidentale finora perseguita in Medio Oriente: la scelta tra "prigione o anarchia". «L'alternativa ai regimi apparve fino all'11 settembre soltanto la deriva fondamentalista nel migliore dei casi, il caos della guerra civile libanese in quello peggiore. Beirut o Baghdad, Teheran o Algeri. Saddam piuttosto che Khomeini negli anni Ottanta, Arafat piuttosto che Hamas negli anni Novanta, Musharraf piuttosto che bin Laden nel 2001». Quindi, «prediligere, per mancanza di opzioni migliori, la prigione all'anarchia, il dittatore filo-occidentale al fondamentalista islamico», «al caos si preferiva l'ordine», poiché spesso quel «male minore offriva garanzie agli interessi occidentali». Ma il risultato è stato "sia la prigione, sia il caos".
Il processo di democratizzazione del Medio Oriente passa innanzitutto per il sostegno a quanti nel mondo arabo già si battono per questo e collegando la democrazia ad una speranza di benessere economico e di sviluppo. Ai poveri non si può parlare solo di principi, ma anche di 'pagnotte'. E' vero che gli arabi sono attratti dai nostri modelli, ma non comprendono le nostre azioni e per questo abbiamo bisogno di un più sapiente 'marketing democratico, occidentale e americano'. Sarà inoltre necessario praticare rapporti diplomatici ed economici in cui il parametro democrazia e diritti sia effettivamente uno dei parametri, anche se certo non l'unico.
Come mi era già capitato di osservare su un post di qualche settimana fa sull'esportazione della democrazia, gli strumenti della comunicazione e dell'informazione sono "in grado di promuovere i processi democratici, aiutando i dissidenti interni, screditando i regimi dittatoriali o, fornendo informazione completa e vero dibattito in una situazione a rischio". Puntare con decisione sul 'bombardamento' d'informazione significa sviluppare una delle più efficaci 'armi di attrazione di massa' a disposizione nell'arsenale delle democrazie occidentali, che si esercita diffondendo conoscenza, e che ora dispone di mezzi inimmaginabili fino a qualche anno fa.
Infine, la guerra. Non si può escludere purtroppo il ricorso alla forza, qualora ci si trovi di fronte a situazioni limite come in Afghanistan o in Iraq: dipende dai contesti, dalla realtà e dall'immediatezza della minaccia per le sicurezze nazionali.
La vera questione da affrontare subito è però la convinzione di voler esportare o meno la democrazia. Questo i governi occidentali devono prima di tutto decidere. Questa decisione contiene in sé un equilibrio delicato: quanto di relativismo culturale e quanto di visione etica nei nostri comportamenti. Ma di questo ho già parlato qui.
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