Gli imprenditori dichiarano redditi inferiori ai dipendenti, quindi pagano meno tasse. Boom! Non c'è grande giornale o tg che nello scorso fine settimana non abbia aperto con questo titolo, suscitando, c'è da scommetterci, un moto di indignazione e rabbia in molti cittadini, ai quali sarà suonato come beffarda conferma di ciò che da sempre credono di vedere con i loro occhi: i furbetti, è proprio vero, si annidano tra gli imprenditori, il loro stile di vita non è certo compatibile con il misero reddito medio dichiarato.
Invece è pura propaganda, vera e propria disinformatja di Stato, cui i media, per ignoranza economica e statistica, non sanno opporre uno straccio di spirito critico. Come ogni anno è il dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia la fonte di tali mistificanti elaborazioni statistiche. Nel comunicato di venerdì scorso, che accompagnava i dati delle dichiarazioni dei redditi degli italiani relativi al 2010, si legge che «mentre il reddito medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 18.170», quello dichiarato dai lavoratori dipendenti è «pari a 19.810». Uno scoop servito su un piatto d'argento che ai media non par vero di rilanciare, ma in realtà la più classica statistica da "polli di Trilussa".
Va prima di tutto precisato chi sono i "lavoratori dipendenti" e chi gli "imprenditori". Nella prima tipologia di reddito il fisco include anche professori universitari e magistrati, manager e dirigenti, pubblici e privati, che alzano di molto il dato reddituale medio, mentre sotto la voce "imprenditori" figurano soprattutto artigiani e commercianti medio-piccoli. I nomi del vasto mondo dell'impresa famigliare italiana – da Berlusconi a Benetton, da Ferrero a Marcegaglia – non compaiono personalmente come imprenditori, anche se di fatto possiedono le loro imprese. Non perché siano evasori. Dichiarano i loro guadagni, ma sotto forma di dividendi e compensi da cda. Inoltre, bisogna considerare il cosiddetto "splitting famigliare", per cui l'imprenditore può suddividere il reddito tra i componenti della propria famiglia, e che oltre il 70% degli artigiani e dei commercianti lavora da solo; che stiamo parlando del reddito dichiarato dall'imprenditore come persona fisica, dopo aver già pagato le tasse sugli utili della sua impresa; e infine che il reddito medio di un imprenditore del Nord supera del 50% circa quello di un collega del Sud.
Considerando tutti questi fattori, dunque, un reddito medio nazionale di 18 mila euro l'anno «non è così scandaloso», osserva il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, ma resta un «falso statistico». Una ditta individuale artigiana, ad esempio, dichiara mediamente 22 mila euro, contro i 15 mila dell'operaio che impiega. Persino per il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, si tratta di medie «completamente sbagliate» e senza alcun valore statistico, che non si dovrebbero usare «per contrapporre guelfi e ghibellini».
Continuare a puntare sul conflitto dipendenti-imprenditori, alimentare l'invidia sociale nei confronti dei più ricchi (o dei meno poveri), rientra in una grande campagna di depistaggio ad opera della politica, in connubio con i vertici della burocrazia statale, volta a distrarre l'opinione pubblica dalla vera causa della situazione di crisi in cui si trova l'Italia: ci vogliono far credere che la colpa dei servizi scadenti e del debito elevato, quindi dell'aumento della tassazione, sia degli evasori. Ma lo Stato riceve dai contribuenti onesti già più di quanto gli altri Stati occidentali ricevano dai propri cittadini. Quindi l'evasione è un'ingiustizia nei confronti di chi paga, ma non è la causa dell'elevato debito pubblico e della tassazione elevata, che sono colpa della spesa pubblica e della sua gestione clientelare da parte della politica.
Semmai, le nostre dichiarazioni dei redditi non fanno che accrescere i dubbi sull'attendibilità delle stime dell'evasione fiscale elaborate dall'Istat. E se non fosse poi tanto smisurata la ricchezza sottratta illegalmente dagli italiani al fisco, quanto l'ordinamento fiscale stesso a offrire vie legali all'evasione nell'interpretazione dell'imponibile?
2 comments:
Ogni regime ha bisogno di un capro espiatorio a cui addossare la colpa dei propri fallimenti,personalmente sono curioso di scoprire i diabolici autori delle prossime disfatte governative.
Toni
media ignoranti in economia e statistica?
Io direi contigui, conniventi, parastatali... venduti.
Più che ignoranti... idioti.
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