Le stime fin troppo ottimistiche sui conti pubblici (con tanto di nuovo spread Italia-Grecia sui suicidi) non bastano. Ormai lo scetticismo sull'operato del governo dei tecnici si diffonde, all'estero come all'interno. Il Wall Street Journal non abbocca e titola che «l'Italia viene meno all'impegno» del pareggio di bilancio nel 2013. Ovvio, il quotidiano Usa ignora il «benchmark» tutto politico di pareggio di bilancio su cui si sono accordati i Paesi Ue. Più generosi i grandi giornali di casa nostra, con un'eccezione: La Stampa, con un duro editoriale di Luca Ricolfi, che si dice colpito dalla «completa mancanza di concretezza» della conferenza stampa di ieri, da «un linguaggio "ottativo" che meriterebbe di essere studiato già solo per l'audacia con cui ibrida due mostri del nostro tempo, il paludato gergo della burocrazia europea e i manifesti elettorali dei partiti». E con un'intera pagina di critiche da parte di economisti di diverso orientamento.
Le statistiche, d'altra parte, anche quelle di oggi sugli ordinativi industriali – a febbraio -2,5% sul mese precedente e -13,2% su base annua – continuano a prefigurare una recessione ben più acuta di quella stimata dal nostro governo (-1,2%), più vicina alle previsioni del Fmi (-1,9%). Nel frattempo Piazza affari perde un altro 2% e lo spread torna a 400.
E' questo scetticismo che si sta diffondendo la causa della debolezza politica di Monti, le cui tirate d'orecchie ai partiti non sembrano sortire grandi effetti.
C'è grande fermento - si fa per dire ovviamente - sul piano politico. Nonostante la benedizione del professore, le quotazioni della Grande Coalizione sono molto in ribasso. Guarda caso appena Giuliano Ferrara ha ufficialmente sposato «l'unità nazionale» (si scherza). La formula "ABC" «non credo che sia assolutamente una prospettiva politica» per il 2013, dice Bersani a Radio anch'io. Parole molto meno significative di quanto possano apparire. Il senso è che alle politiche ognuno andrà per conto suo - questo è ovvio - ma dopo il voto non c'è una chiusura esplicita.
Per il Pdl la luna di miele con Monti è finita da un pezzo. Il partito è all'offensiva sulle tasse (con i "ya basta!" di Alfano): ottenuta la rateizzazione dell'Imu riesce a far accogliere dal governo un odg per renderla anche "una tantum", ma con la formula «il governo si impegna a valutare l'opportunità di...». «Si impegnerà per trovare risorse alternative e noi lo aiuteremo, evitando buchi di bilancio», assicura Alfano. Poco più di un contentino insomma. Ma i dati economici non confortanti spingono il Pdl a smuovere le acque in cerca di recuperare il rapporto con i propri elettori. All'attivismo del Pdl risponde Casini: ieri a Ottoemezzo ha sparigliato sul finanziamento pubblico ai partiti (facendo sua la proposta Capaldo) e lanciato il "Partito della Nazione" (o come si chiamerà), al cui interno ci sarà anche qualche ministro tecnico, fa sapere sibillino.
Oggi dalle parole ai fatti: ha dato il via all'azzeramento dei vertici dell'Udc in vista della nuova formazione politica, che manco a dirlo si pone l'obiettivo di riunire il campo dei moderati. La mossa provoca subito uno smottamento, da tempo atteso, nel Pdl: Pisanu con 27 senatori, tra cui Dini (il nuovo che avanza), chiede di andare «oltre il Pdl», per partecipare ad «un nuovo movimento liberaldemocratico, laico e cattolico».
Insomma, abbiamo capito che bisogna «unire i moderati», ora bisogna solo decidere chi si intesta la guida dell'operazione, chi ingloba chi. E qui c'è la ressa tra Casini e il Pdl. Ma nessuno sembra ancora aver capito che i cosiddetti "moderati", o meglio il centrodestra non si unisce con operazioni tra apparati; legge elettorale permettendo, si unisce, o si divide, nelle urne, convincendo gli elettori. Il Pdl s'era appena rimesso a parlare - persino con qualche successo - di lavoro, tasse, crescita, insomma ad occuparsi davvero dell'"arrosto", che subito i tre amigos (Casini con i due zombie Fini e Rutelli) e Pisanu hanno tirato il fumogeno. Il momento sembra propizio per dare l'ultima spallata al vecchio centrodestra: la Lega alle corde, Formigoni ha altri problemi, c'è da disgregare il Pdl prima che recuperi smalto e iniziativa politica.
E' una dura lotta per la sopravvivenza quella dei vecchi ceti politici, che rischiano di essere spazzati via da nuove offerte. Casini resta il più furbo (il che non significa il vincente): ha intuito le insidie del tecno-centrismo, che qualche ministro tecnico pensa di giocare una sua partita personale, quindi cerca di preparare un partito nuovo di zecca, ovviamente grancoalizionista, erede dell'esperienza montiana, pronto ad accogliere tutti. Ma proprio tutti, l'importante è che sia lui al centro di ogni equilibrio e di ogni compromesso (al ribasso, per carità). E poi su al Quirinale.
Ma siamo sicuri che i ministri tecnici interessati, o Montezemolo, che i tre amigos del Terzo polo corteggiano da sempre, se e quando scenderanno in campo vorranno farsi accompagnare da Casini, Fini e Rutelli? Che li vorranno come "padrini" politici?
1 comment:
Viste le difficoltà di Monti nel fare i calcoli prima o poi qualcuno chiederà di vedere la sua licenza elementare.
Toni
Post a Comment