Un appello al mondo politico e giornalistico: bandire il termine "moderati" dal dibattito politico. Uno degli orrori lessicali che la decadenza della politica italiana ha prodotto negli ultimi anni è proprio la parola "moderati", con la quale ormai si indica la composita area del centro-centrodestra. Non c'è esponente politico o partito di quell'area - su tutti Udc e Pdl - che non proclami come obiettivo quello di «riunire i moderati». E non perdono occasione per ribadirlo ossessivamente. Anzi, è aperta una vera e propria lotta senza esclusione di colpi tra i partiti e i leader che ambiscono ad intestarsi la titolarità e la guida dell'operazione. Probabilmente mai nella storia della dottrina politica una definizione fu così vuota di significato.
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In un'epoca in cui è sempre più difficile affidarsi alle categorie destra-sinistra per interpretare la nostra realtà politica, lo è a maggior ragione definire una via di mezzo tra di esse. Più che destra-sinistra la dicotomia "più Stato-meno Stato" sembra più idonea a identificare la visione distintiva delle diverse proposte che si muovono nel panorama politico. E nella gestione di due fondamentali variabili di finanza pubblica e politica economica, in Italia, storicamente, coloro che si definiscono "moderati" si sono rivelati degli estremisti: estremisti della spesa pubblica e della tassazione.
La sgradevole sensazione che ci assale di fronte all'abuso del termine "moderati", al moltiplicarsi delle alchimie politiche per dar vita a sempre nuovi contenitori per riunirli sotto un unico tetto politico, e agli spazi mediatici che queste operazioni occupano, è che si tratti di dissimulare uno spaventoso vuoto di contenuti ideali e programmatici. Un termine dietro il quale si nasconde abilmente un ceto politico malato di indecisione, immobilismo e opportunismo.
La centralità nello schieramento politico non ha così lo scopo di "moderare" le diverse istanze, ma di mantenere per sé una rendita di posizione, e di potere, derivante dall'arte del compromesso "a prescindere". Tale strumentalità nell'uso del termine "moderati" è accentuata da un'anomalia prettamente italiana. Nei sistemi politici occidentali, proporzionali o maggioritari, esistono i "moderati", i centristi. Ma si tratta di aree e singole personalità che convivono all'interno delle grandi forze politiche del Paese, una di centrodestra e una di centrosinistra; che ne moderano le proposte; che svolgono la funzione di spingerle a sfidarsi per la conquista del centro dell'elettorato, cioè degli elettori meno schierati e meno ideologici. L'ossessione dei nostri moderati, invece, è costituire un presidio partitico in cui il centro dell'elettorato possa stabilmente riconoscersi, per godere di una specie di delega in bianco e restare sempre al governo.
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3 comments:
Condivido il senso del post.
Tuttavia moderato è "colui che dà modo ..." non impone nulla ma indica politicamente la via giusta da seguire lasciando al singolo la volontà di scegliere.
Il problema è che i moderati attuali fanno invece sintesi ( in senso hegeliano), cioè vivono di compromessi creando di fatto dipendenza!
Grazie degli interventi che leggo sempre con interesse.
Matteo Dellanoce
Moderato: dicesi di uomo politico parassitario, oligarchico, statalista autoreferenziale e sempre keynesiano o postkeynesiano in economia che presentandosi sorridente, sobrio e serioso usa nei confronti dell'elettorato produttivo quantità di vasellina normalmente superiori alle forze estremiste e demagogiche.
Grazie a te Matteo
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