Piazza affari risale sopra i 14.000 punti (+2,48%), lo spread resta sui 400, ma i rendimenti sui nostri titoli di Stato purtroppo incorporano quelle che il dir. gen. di Bankitalia Saccomanni definisce come «tensioni dovute a incertezze di carattere politico». Nell'asta di oggi, infatti, a fronte di una buona domanda i tassi sono saliti di un punto percentuale, al 3,35% dal 2,35%, rispetto al mese di marzo. Addirittura raddoppiati i rendimenti sui titoli spagnoli emessi oggi.
E mentre il viceministro Grilli interviene per stoppare sul nascere false aspettative («tagliare le tasse non è possibile») dopo l'allarme pressione fiscale lanciato ieri dalla Corte dei Conti, il governatore della Bce Mario Draghi assicura che la maxi-iniezione di liquidità della Bce nel sistema funzionerà: i prestiti triennali alle banche sono stati studiati apposta «per scongiurare una stretta creditizia» e si dice certo che «in ultima analisi gioveranno all'economia reale». Per Draghi la causa della risalita degli spread non sta nell'eccesso delle politiche di austerità che frenano la crescita, bensì nell'allentarsi della determinazione dei governi nell'attuare le riforme non appena le tensioni sul debito si attenuano.
Via libera "in parallelo" dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato al Def, ma la bozza di risoluzione di maggioranza in via di stesura alla Camera per la discussione di giovedì contiene impegni gravosi e quasi provocatori per il governo: destinare le risorse derivanti dalla spending review e dalla lotta all'evasione in via prioritaria alla riduzione della pressione fiscale; elaborare un piano straordinario di dismissioni del patrimonio pubblico; adoperarsi in sede Ue perché la Bce diventi prestatore di ultima istanza. Un cambiamento dello statuto finora escluso dal premier Monti, in linea con la Merkel.
Berlusconi intanto è tornato a indicare ai suoi la rotta da seguire, parlando ai coordinatori provinciali e regionali del Pdl. Primo, l'acronimo Pdl «non suscita emozione», quindi, al prossimo Congresso si cambia nome. Ma tranquilli: stesso partito, stesse persone, stesse idee. Secondo, «proporremo a tutti i partiti moderati una confederazione con la possibilità di mantenere la propria sigla e di unirsi a noi». Terzo, viva Alfano, il Cav. avrebbe cambiato idea: al segretario ora riconosce «quel quid in più che solo lui ha e di cui c'è bisogno». Quarto, «stiamo lavorando con la sinistra» per cambiare «l'architettura istituzionale» (con quella attuale «neanche il più bravo» potrebbe incidere) e la legge elettorale. Sulla prima l'accordo ci sarebbe, sulla seconda quasi: si va verso il modello tedesco. Ma anche quasi no, perché il porcellum è duro a morire e ancora tenta qualcuno. Trattive rinviate a dopo le amministrative e Casini (per il quale è vitale una nuova legge) denuncia «un tentativo di sabotaggio trasversale, a 360 gradi».
E' il passaggio sull'intenzione del Pd di votare a ottobre che innesca il botta e risposta con Bersani. Berlusconi avverte che il voto a ottobre è un'eventualità da non scartare, potrebbe volerlo il Pd per garantirsi la vittoria proprio con il porcellum. «Il Pd ha dato una parola e la mantiene. Se Berlusconi ha un'altra idea non ce la attribuisca», ribatte Bersani attribuendo invece al Cav. la voglia delle urne. Ovvio che qualcuno bluffa, ma si parlerebbe così tanto di elezioni anticipate a ottobre se nessuno che ci stesse facendo un pensierino? Comunque, in caso di elezioni a ottobre la sinistra, con l'attuale legge elettorale, «può vincere», avverte Berlusconi. Ecco allora che è fondamentale che i moderati si presentino insieme: «Bisogna unire i moderati», la parola d'ordine. In un partito unico, oppure almeno in una confederazione, puntualizza Cicchitto.
Dichiarazioni che innescano una nuova puntata della telenovela dei "moderati". Tutta la politica italiana, senza distinzioni di schieramento, è ossessionata da formule vuote di contenuti. Ci mancava però che fosse Casini a puntare l'indice... il tipico caso di bue che dà del cornuto all'asino. Con impareggiabile faccia tosta Casini ha risposto a Berlusconi che «l'unità dei moderati si fa su cose concrete, non su nominalismi, sui programmi e su un'idea del Paese. Se pensiamo all'uso del termine moderati in questi anni vediamo che è stato molto abusato». Sì, si tratta dello stesso Casini che ha dedicato gli ultimi anni, se non la sua intera carriera politica, alla formula del "Grande Centro", da riempire con i cosiddetti "moderati".
Berlusconi infine corregge parzialmente il tiro sull'improvviso innamoramento per Hollande nel Pdl («non ci auguriamo la vittoria della sinistra»), ma anch'egli avvalora la tesi secondo cui con il candidato socialista all'Eliseo la Merkel sarebbe costretta a più miti consigli, ad accettare di allentare le politiche di rigore. D'altra parte, il Cav. ricorda di essersi sempre opposto «alle proposte della signora Merkel», perché «non si può morire di rigore». Peccato che né i tedeschi né la Bce ci abbiano imposto di impiccarci alla più recessiva delle ricette di austerity: solo tasse senza tagli alla spesa né vere riforme.
Dulcis in fundo, un post che potrebbe preludere alla discesa in campo di Oscar Giannino.
2 comments:
Appunto,tassare per aumentare la spesa non è rigore ma follia.
Toni
Ma magari Oscar lo facesse davvero!
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