Sembra un film già visto: filtrano indiscrezioni, spesso da Bruxelles, secondo cui all'Italia potrebbe servire una nuova manovra per rispettare i suoi impegni di bilancio; Palazzo Chigi smentisce. Il tempo ci dirà se anche stavolta dovremo rassegnarci al solito esito: la manovra alla fine s'ha da fare, ma siccome nell'emergenza – l'alibi è sempre lo stesso – il governo si trova impreparato a tagliare la spesa, aumentano le tasse. Questa volta il ruolo da protagonista tocca al governo Monti.
In effetti, il rapporto citato dal Financial Times non dice che l'Italia ha bisogno di una manovra correttiva ora, anzi sarebbe «ingiustificata in questa fase», ma che c'è il rischio che si riveli necessaria nei prossimi mesi a causa della recessione e di tassi di interesse ancora relativamente alti sul nostro debito. Ci avverte che «lo slancio riformatore dev'essere mantenuto», e che in particolare sulla riforma del lavoro non possiamo permetterci compromessi al ribasso, altrimenti l'Italia violerebbe il piano di riforme concordato con i partner Ue. Ci ricorda che il fiscal compact prevede per i Paesi indebitati come il nostro uno sforzo colossale per il rientro dal debito. Insomma, le sfide per l'Italia sono solo all'inizio. Per questo suggerisce di procedere con privatizzazioni e dismissioni di immobili di Stato per abbattere velocemente lo stock del debito, cosa che il governo Monti si ostina a non prendere nemmeno in considerazione.
Siamo già in recessione, ma gli aumenti di tasse previsti per quest'anno non hanno ancora dispiegato tutti i loro effetti recessivi. In attesa della stima preliminare del Pil nel I trimestre 2012, che l'Istat diffonderà a metà maggio, si avvicina il momento della verità. Il rischio che corriamo, a causa di una politica di risanamento di tasse anziché di tagli alla spesa, è un progressivo avvitamento nella spirale "più tasse-recessione-deficit-nuove tasse". E' la via dell'austerità definita da Draghi «cattiva» - politicamente più facile da attuare, perché si possono ottenere «buoni numeri» anche senza tagliare la spesa corrente, solo alzando le tasse - quella fin qui seguita anche dal governo Monti, che in totale continuità con i governi tecnici e politici del passato, e in connubio con i vertici della burocrazia statale, difende la spesa pubblica caricando sul Paese tutti gli oneri del risanamento.
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