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Saturday, April 21, 2012

Il predellino di Pier, ma nessuno muore dalla voglia di salirci

Un nuovo soggetto politico che nasce con l'intenzione di mettere insieme due delle etichette politiche più abusate, vuote e ormai insignificanti della nostra politica - moderati e riformisti - non parte col piede giusto.

Niente di nuovo, la nascita del Terzo polo come soggetto unitario era annunciata.
Ma il perché di questa accelerazione va rintracciato nel particolare momento politico. Si tratta infatti di cominciare a dare le ultime spallate al vecchio centrodestra prima che il quadro cambi: con la Lega alle corde, Formigoni piuttosto inguaiato, bisogna disgregare il Pdl prima che recuperi smalto e iniziativa politica. La mossa infatti ha subito provocato uno smottamento, per la verità atteso da tempo e ovviamente concordato con i vertici Udc: Pisanu e Dini, con 27 senatori (non tutti però disposti ad archiviare il Pdl), firmano un documento in cui si chiede di andare «oltre il Pdl».

Il Pdl, seppure non si possa ancora dire che sia in ripresa, alcuni segnali di vita li sta dando: parla di lavoro, tasse, debito, crescita, insomma è tornato ad occuparsi di cose concrete, dell'"arrosto". E persino con qualche successo: modifiche alla riforma del lavoro in asse con le imprese; rateizzazione dell'Imu e odg per renderla "una tantum". Ed è proprio questo ritrovato protagonismo del Pdl, di Alfano in particolare, che deve aver convinto Casini per l'accelerazione. Quello delle proposte, degli emendamenti ai testi del governo, dell'incalzare il premier Monti, è un campo di gioco in cui il Terzo polo al momento, per il suo incondizionato appoggio all'esecutivo, non può toccar palla. Ecco quindi che i tre "amigos", con la sponda di Pisanu, hanno tirato il fumogeno nel campo avversario, spostando l'attenzione dai contenuti, con i quali il Pdl si stava rilanciando, ai contenitori.

Casini è ossessionato dai contenitori piuttosto che dai contenuti, è il leader del compromesso "a prescindere". La riforma del lavoro esce fuori timida, persino dannosa? Fa niente, l'importante è lo «sforzo collettivo» in sé, la Grande Coalizione, ed esserne il celebrato architetto. Ha intuito le insidie del tecno-centrismo, che qualche ministro tecnico può pensare di giocare una sua partita personale, che nuove offerte politiche (tra cui quella di Montezemolo) possono trovare ampi spazi nel campo dei moderati dopo il passo indietro di Berlusconi. Quindi ha deciso di giocare d'anticipo, di allestire un nuovo carro nel quale è pronto ad accogliere tutti, anche a farsi scudiero. Non ambisce alla premiership (troppo lavoro), ma alle poltrone istituzionali (il Quirinale è il sogno di tutti i democristiani). L'importante è che sia lui al centro di ogni equilibrio e di ogni compromesso. Ma siamo sicuri che Passera o Montezemolo, o chiunque altro, se e quando scenderanno in campo, vorranno farsi accompagnare da Casini, Fini e Rutelli?
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Thursday, April 19, 2012

La giornata: cresce lo scetticismo sulla ricetta Monti, e intanto Casini sale sul suo predellino

Le stime fin troppo ottimistiche sui conti pubblici (con tanto di nuovo spread Italia-Grecia sui suicidi) non bastano. Ormai lo scetticismo sull'operato del governo dei tecnici si diffonde, all'estero come all'interno. Il Wall Street Journal non abbocca e titola che «l'Italia viene meno all'impegno» del pareggio di bilancio nel 2013. Ovvio, il quotidiano Usa ignora il «benchmark» tutto politico di pareggio di bilancio su cui si sono accordati i Paesi Ue. Più generosi i grandi giornali di casa nostra, con un'eccezione: La Stampa, con un duro editoriale di Luca Ricolfi, che si dice colpito dalla «completa mancanza di concretezza» della conferenza stampa di ieri, da «un linguaggio "ottativo" che meriterebbe di essere studiato già solo per l'audacia con cui ibrida due mostri del nostro tempo, il paludato gergo della burocrazia europea e i manifesti elettorali dei partiti». E con un'intera pagina di critiche da parte di economisti di diverso orientamento.

Le statistiche, d'altra parte, anche quelle di oggi sugli ordinativi industriali – a febbraio -2,5% sul mese precedente e -13,2% su base annua – continuano a prefigurare una recessione ben più acuta di quella stimata dal nostro governo (-1,2%), più vicina alle previsioni del Fmi (-1,9%). Nel frattempo Piazza affari perde un altro 2% e lo spread torna a 400.

E' questo scetticismo che si sta diffondendo la causa della debolezza politica di Monti, le cui tirate d'orecchie ai partiti non sembrano sortire grandi effetti.

C'è grande fermento - si fa per dire ovviamente - sul piano politico. Nonostante la benedizione del professore, le quotazioni della Grande Coalizione sono molto in ribasso. Guarda caso appena Giuliano Ferrara ha ufficialmente sposato «l'unità nazionale» (si scherza). La formula "ABC" «non credo che sia assolutamente una prospettiva politica» per il 2013, dice Bersani a Radio anch'io. Parole molto meno significative di quanto possano apparire. Il senso è che alle politiche ognuno andrà per conto suo - questo è ovvio - ma dopo il voto non c'è una chiusura esplicita.

Per il Pdl la luna di miele con Monti è finita da un pezzo. Il partito è all'offensiva sulle tasse (con i "ya basta!" di Alfano): ottenuta la rateizzazione dell'Imu riesce a far accogliere dal governo un odg per renderla anche "una tantum", ma con la formula «il governo si impegna a valutare l'opportunità di...». «Si impegnerà per trovare risorse alternative e noi lo aiuteremo, evitando buchi di bilancio», assicura Alfano. Poco più di un contentino insomma. Ma i dati economici non confortanti spingono il Pdl a smuovere le acque in cerca di recuperare il rapporto con i propri elettori. All'attivismo del Pdl risponde Casini: ieri a Ottoemezzo ha sparigliato sul finanziamento pubblico ai partiti (facendo sua la proposta Capaldo) e lanciato il "Partito della Nazione" (o come si chiamerà), al cui interno ci sarà anche qualche ministro tecnico, fa sapere sibillino.

Oggi dalle parole ai fatti: ha dato il via all'azzeramento dei vertici dell'Udc in vista della nuova formazione politica, che manco a dirlo si pone l'obiettivo di riunire il campo dei moderati. La mossa provoca subito uno smottamento, da tempo atteso, nel Pdl: Pisanu con 27 senatori, tra cui Dini (il nuovo che avanza), chiede di andare «oltre il Pdl», per partecipare ad «un nuovo movimento liberaldemocratico, laico e cattolico».

Insomma, abbiamo capito che bisogna «unire i moderati», ora bisogna solo decidere chi si intesta la guida dell'operazione, chi ingloba chi. E qui c'è la ressa tra Casini e il Pdl. Ma nessuno sembra ancora aver capito che i cosiddetti "moderati", o meglio il centrodestra non si unisce con operazioni tra apparati; legge elettorale permettendo, si unisce, o si divide, nelle urne, convincendo gli elettori. Il Pdl s'era appena rimesso a parlare - persino con qualche successo - di lavoro, tasse, crescita, insomma ad occuparsi davvero dell'"arrosto", che subito i tre amigos (Casini con i due zombie Fini e Rutelli) e Pisanu hanno tirato il fumogeno. Il momento sembra propizio per dare l'ultima spallata al vecchio centrodestra: la Lega alle corde, Formigoni ha altri problemi, c'è da disgregare il Pdl prima che recuperi smalto e iniziativa politica.

E' una dura lotta per la sopravvivenza quella dei vecchi ceti politici, che rischiano di essere spazzati via da nuove offerte. Casini resta il più furbo (il che non significa il vincente): ha intuito le insidie del tecno-centrismo, che qualche ministro tecnico pensa di giocare una sua partita personale, quindi cerca di preparare un partito nuovo di zecca, ovviamente grancoalizionista, erede dell'esperienza montiana, pronto ad accogliere tutti. Ma proprio tutti, l'importante è che sia lui al centro di ogni equilibrio e di ogni compromesso (al ribasso, per carità). E poi su al Quirinale.

Ma siamo sicuri che i ministri tecnici interessati, o Montezemolo, che i tre amigos del Terzo polo corteggiano da sempre, se e quando scenderanno in campo vorranno farsi accompagnare da Casini, Fini e Rutelli? Che li vorranno come "padrini" politici?

Friday, April 15, 2011

Dopo Fini, Pisanu?

Appena rabberciata la maggioranza alla Camera, potrebbe aprirsi un nuovo Vietnam al Senato. Oggi sul Corriere della Sera, ergendosi devo dire con considerevole faccia tosta a difensori delle virtù repubblicane, Pisanu e Veltroni invocano «un governo di decantazione per riscrivere le regole». Insomma, il solito governo di larghe intese, di responsabilità (?) nazionale (adesso lo chiamano di «decantazione»), il cui scopo sarebbe innanzitutto quello di togliere di mezzo Berlusconi, perché su come riscrivere le regole - e in particolare si parla della legge elettorale - sembra difficile che si costituisca una maggioranza diversa da quella uscita dalle urne nel 2008. Neanche i due promotori dell'iniziativa infatti chiariscono quali regole vorrebbero, né quale legge elettorale, ma è facile immaginare che per loro l'importante sarebbe fare in modo che impedisca a Berlusconi, come a chiunque altro, di conquistare in solitudine o quasi la maggioranza assoluta dei seggi alle prossime elezioni quando ci saranno. Una legge che costringa le forze politiche ad allearsi per governare solo dopo il voto. Quindi una legge per l'ingovernabilità, per la palude, per il "grande centro".

Ma diversamente da quanto affermano nel loro "manifesto", il problema della legge elettorale mi sembra tutto sommato secondario in questa operazione. C'è il forte rischio, infatti, che il proposito di Pisanu sia molto più semplicemente aprire al Senato una crisi della maggioranza come Fini l'ha aperta alla Camera (senza successo ma provocando un anno di paralisi), nella speranza questa volta di costringere Berlusconi a mollare. Dopo il fallito ribaltone alla Camera, un ribaltone al Senato, insomma. Poi si vedrà. Vedremo se sono davvero queste le intenzioni di Pisanu e quanti senatori saranno disposti a seguirlo.

Wednesday, February 25, 2009

Meglio una legge incostituzionale che solo brutta

Qualcosa si sta muovendo nella maggioranza a proposito del ddl sul testamento biologico? Così farebbe pensare lo stop della Commissione Affari costituzionali del Senato, che avrebbe dovuto dare questo pomeriggio il proprio parere sul testo Calabrò, parere rinviato invece al pomeriggio di martedì prossimo. D'altra parte, l'incostituzionalità del ddl balza agli occhi e non pochi dubbi sarebbero stati sollevati in commissione non solo dall'opposizione ma anche da una parte della maggioranza. Il presidente della Commissione Igiene e Sanità, Tomassini, ha detto che comunque loro vanno avanti con l'esame degli emendamenti e che non si fermerebbero neanche di fronte a un eventuale parere negativo.

Ieri, parole di buon senso erano state pronunciate ai microfoni del Tg3 dal presidente della Commissione Antimafia, il democristiano doc Giuseppe Pisanu, che si rifiuta di votare una legge simile: «Con la pretesa di disciplinare per legge il fine vita, si afferma la forza dello Stato sul valore della persona umana. Ma questo è in contrasto con l'articolo 2 della Costituzione, che prevede il primato della persona sullo Stato... Secondo me non dovrebbe esserci alcuna legge. Ed in casi delicati, come quello di cui parliamo, dovrebbero essere affidati alla volontà del paziente, se è in grado di intendere e volere, oppure alla valutazione, in scienza e coscienza, dei parenti e del medico, come sempre è avvenuto».

Già, «come sempre è avvenuto», senza scandalo di nessuno finché la questione non è stata politicizzata. Anche Pisanu quindi si iscrive al partito "nessuna legge".

Ma non è il caso di illudersi troppo. Ormai il latte è versato. Hanno voluto così fortemente una legge entrambi i fronti che, come spesso accade, avremo comunque una cattiva legge, che limita drasticamente gli spazi di libertà che fino a ieri erano sicuramente esercitati e, dopo i casi Welby ed Englaro, anche garantiti.

A questo punto, meglio che la legge sia il più palesemente possibile incostituzionale. Il mio timore infatti è che qualche improvvido emendamento (come quelli davvero pessimi del Pd e di Rutelli) possa introdurre qualche eccezione o altra diavoleria che senza rendere la legge meno brutta, cattiva e illiberale di quella che è, la renda però passabile di fronte a un eventuale giudizio della Corte costituzionale. A proposito, mi sembra saggia la posizione di Beppino Englaro sul da farsi dopo l'approvazione della legge. Mi pare che sia stato lui il solo a suggerire di percorrere la via della Consulta prima di buttarsi sul referendum, che purtroppo è uno strumento reso inutilizzabile.