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Tuesday, January 12, 2010

La fine del flip-flopping italiano sull'Iran?

Prediche dall'Egitto su diritti umani, tolleranza religiosa e condizioni di detenzione proprio non sono tollerabili. Evidente il tentativo del Cairo di strumentalizzare gli scontri di Rosarno per accreditare la versione distorta e di comodo di un Occidente razzista nei confronti dei musulmani. Non ci avrei scommesso, ma per fortuna pare che cuor di leone Frattini abbia replicato per le rime. Ha spiegato che l'Egitto con gli incidenti a Rosarno non c'entra nulla, ma soprattutto ha avvertito che «nessuno può accusarci di razzismo», aggiungendo anzi che considera «dovere» dell'Italia e suo personale «chiedere che i cristiani nel mondo siano protetti e che abbiano il diritto non solo a non essere perseguitati, ma a professare la loro religione».

Sempre oggi, in un intervento su Il Foglio, il ministro degli Esteri ha aggiustato il tiro delle sue recenti dichiarazioni sull'Iran. Ha premesso che «un Iran nucleare è per noi un'ipotesi inaccettabile». Ha ammesso che finora l'Iran non ha risposto all'apertura di Obama come auspicato, ma che «la politica della mano tesa» ha prodotto «almeno due risultati». Effettivamente sì, si nota un'apparente maggiore coesione della comunità internazionale (soprattutto perché la Russia sembra più possibilista riguardo l'ipotesi di nuove sanzioni), mentre ciò che accade in queste settimane nelle strade e nelle piazze iraniane e ciò che si muove nella società civile non è certo imputabile all'apertura di Obama e alla disponibilità al dialogo dell'Occidente, come pretende il ministro.

Frattini però ha ribadito che «tutte le opzioni sono possibili e restano sul tavolo, a partire dalle sanzioni economiche». Riguardo l'opzione militare, dice che «non si tratta di escluderla a priori – non ho mai detto questo – ma di riconoscerne razionalmente gli ovvi pericoli e le controindicazioni». Eppure, in una recente intervista al Corriere della Sera aveva affermato «potremmo accettare ogni cosa meno un'azione armata contro l'Iran», il che suona come un'esclusione a priori. Comunque, il ministro ha chiarito che «nel caso di impossibilità a raggiungere un accordo in Consiglio di sicurezza dell'Onu», il governo italiano sarebbe «pronto a considerare l'ipotesi di sanzioni adottate da un gruppo più ristretto di paesi, i cosiddetti "like-minded", di cui l'Italia è parte».

Una disponibilità nient'affatto scontata, considerando la politica oscillante dell'Italia nei confronti dell'Iran. L'Italia è tra i principali partner economici, ma Frattini ha assicurato che «la sicurezza fisica e la responsabilità di fronte ai nostri alleati e al mondo intero vengono prima di ogni altra considerazione». L'Iran, ha concluso, «potrà affermare il ruolo regionale a cui legittimamente aspira soltanto guadagnandosi il rispetto dei propri vicini, della comunità internazionale e dei propri cittadini». Vedremo se questo intervento di Frattini su Il Foglio segnerà la fine al flip-flopping in cui, più o meno intenzionalmente, l'Italia ha ecceduto in questi mesi sull'Iran.

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