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Tuesday, May 20, 2003

Estremismo islamico/1. Il Medio Oriente impari dall'Africa
"Non siamo bambini incapaci di esprimere un'azione e un pensiero autonomo. Nel bene e nel male siamo adulti".
Guglielmo Verdirame su Il Foglio scriveva del "bello" e del "brutto" dell'Africa, individuando uno dei principali problemi in quello che definisce "pregiudizio eurocentrico" e che sarebbe anche la chiave di lettura dei sentimenti antioccidentali nel mondo arabo. L'articolo è molto lungo, ecco un estratto.
«Nei paesi sub-sahariani, pur essendo le colpe dell'Occidente maggiori che in Medio Oriente, la mentalità del capro espiatorio non si è affermata nella stessa misura. Hanno tentato alcuni intellettuali europei di tendere la stessa trappola e di far credere agli africani che tutto fosse colpa dell'Occidente, ma hanno spesso incontrato resistenza: non dimenticherò l'applauso fragoroso che accolse a Nairobi il commento di un collega africano alla relazione di un politologo europeo che attribuiva le responsabilità per tutto ciò che andava male in Africa all'Occidente: "Non vi rendete conto che queste tesi sono in fin dei conti razziste? I rapporti tra mondo occidentale e Africa sono molto più complessi e, comunque, dobbiamo tutti quanti smetterla di esagerare il ruolo dei fattori esterni: in Rwanda a uccidere furono ruandesi. Non siamo bambini incapaci di esprimere un'azione e un pensiero autonomo. Nel bene e nel male siamo adulti"». Eccolo quel pregiudizio: «Che l'Occidente, adulto, controlli i destini del Terzo mondo, che, siccome fanciullo innocente, viene pilotato dagli adulti cattivi».
I fattori locali. «A questi irriducibili e "occidentalissimi" critici dell'Occidente i fattori locali sono sempre interessati poco, forse perché, grazie ai preziosi insegnamenti ottocenteschi di un signore di Treviri, hanno già un modello unico per capire tutte le società, dai dinka del Sudan meridionale ai lapponi, dagli aborigeni australiani ai mormoni dello Utah. Il (non) pensiero della globalizzazione non ha fatto altro che rinvigorire l'antica passione di molta sinistra per le spiegazioni mono-causali e aprioristiche».
«E' necessario da parte dell'Occidente un impegno politico serio in Africa, innanzitutto per prevenire alcuni rischi gravissimi: elementi fondamentalisti stanno cercando di cambiare l'Islam sincretico e tollerante tipico dell'Africa occidentale, cercando di imporre, con finanziamenti generosi provenienti dai paesi arabi del Golfo, una versione "pura" dell'Islam, per lo più di matrice wahabita. E' altresì necessario agevolare la crescita economica, non, come si pensa spesso, attraverso gli aiuti umanitari – "L'industria umanitaria serve più a dare occupazione a giovani disoccupati europei che ad aiutare noi africani", mi disse un ministro sudafricano qualche tempo fa. La ricetta per lo sviluppo è il commercio, eliminando le ineguaglianze del regime di scambi attuali, liberista nei settori dove europei e americani sono competitivi, e protezionista in altri. Insomma, per il bene di tutti: politica agricola comune dell'Unione europea, adieu».
L'Iraq. Dove sono gli attivisti della pace? Sembrano indifferenti verso il futuro del popolo iracheno:
«La sfida in Iraq è gigantesca. La questione del debito intraversa il futuro sviluppo economico in Iraq; e forse perché i principali creditori non sono gli Stati Uniti, ma i paesi arabi del Golfo, la Russia, la Cina e la Francia, pochi attivisti sembrano interessarsi a questa questione: il loro silenzio svela l'ipocrisia, e l'indifferenza verso il futuro del popolo iracheno. Ma soprattutto la sfida in Iraq è di rompere il circolo vizioso del vittimismo, che definisce la politica nel mondo arabo contemporaneo impedendo ogni forma di critica introspettiva e precludendo alla società la possibilità di riscatto, miglioramento e progresso. In questo senso l'esperienza africana può essere da guida: riaccendere il desiderio di libertà, creare una società civile capace di autocritica, superare la mentalità del capro espiatorio sono sfide a cui molti africani, tra mille difficoltà e nell'indifferenza generale, stanno tenendo testa». Leggi tutto l'articolo
Il Foglio

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