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Tuesday, May 06, 2003

Quel pasticciaccio della Sme
Della complicata vicenda di quel pasticciaccio che fu, ed è, la vendita della Sme da parte dell'Iri di Prodi a De Benedetti, si può parlare solo per supposizioni. Cercando di affrontare ogni affermazione dei protagonisti col massimo della ragionevolezza, ci troviamo di fronte, come quasi sempre in questi casi, a mezze verità, dove ognuno ha la sua parte di ragione, o, forse, ognuno la sua parte di torto. E' un'ovvietà, ma val la pena ricordare che la cornice in cui va inquadrata la vicenda di allora è quella di una lotta tra gruppi di potere politico-economici, come per altro, oltre le responsabilità dei singoli, spesso accade quando la mano dello Stato si allunga così tanto sull'economia. E la vicenda giudiziaria di oggi, a prescindere dalle responsabilità penali, riveste tutto il carattere di una battaglia politica. Per un compendio completo di ciò che è avvenuto ieri, con la deposizione spontanea del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in Tribunale a Milano, rimando ai servizi di RadioRadicale.it. Oggi gli ultimi sviluppi politici e i commenti sui quotidiani.

E' probabile che il prezzo fatto da Prodi a De Benedetti per acquistare la partecipazione statale dell'Iri in Sme sia stato un 'prezzo di favore', forse non da svendita, ma di favore.
E' probabile che non si sia cercato molto in giro per offerte concorrenti.
E' probabile che Craxi non voleva abbandonare la partecipazione statale nelle industrie alimentari della Sme, che considerava 'strategiche', mentre il progetto di Prodi all'Iri era proprio questo, e non possiamo dargli torto.
E' altresì probabile che Craxi fosse anche preoccupato del realizzarsi di uno scambio di favori tra un concorrente gruppo di potere politico-economico.
E' molto probabile che Craxi abbia chiesto al suo amico B. di opporre un'offerta per bloccare tutto. La guerra tra Berlusconi e De Benedetti è da sempre totale.
E' probabile che, accettando l'offerta di De Benedetti gli si stava facendo un favore, ma è anche vero che lo Stato si sarebbe liberato di settori non strategici e dei grossi costi di risanamento dovuti sopportare in seguito prima di vendere, otto anni dopo, quelle industrie.
E' probabile che Berlusconi abbia voluto sollevare il polverone, ma si è dissociato dalla strategia Previti: ha deciso di partecipare al processo, che è politico, e per questo non gli si può chiedere di non chiamare a rispondere altri politici coinvolti. Rimane un polverone.
E' probabile che la sua sia stata una buona mossa: se la Corte rifiuterà di acquisire tutti gli elementi da lui proposti, ciò avverrà sotto gli occhi attenti di un'opinione pubblica curiosa di accertare l'esistenza della persecuzione politica.
Infine, premesso che senza l'autorizzazione del governo nulla sarebbe stato venduto, se Craxi trovò il modo di bloccare la vendita, a cosa servì corrompere i giudici?

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