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Monday, July 02, 2007

Battesimo del fuoco per Gordon Brown

Agenti della polizia inglesePotevano essere altre stragi, come quelle del luglio 2005, su autobus e convogli della metropolitana londinese, in cui rimasero uccise 52 persone e ferite oltre 700. Due anni dopo, a pochi giorni dall'insediamento a Downing Street del successore di Tony Blair, la Gran Bretagna è di nuovo sotto attacco terroristico, presumibilmente da parte di al-Qaeda. Due attentati sventati a Londra venerdì; sabato colpito l'aeroporto di Glasgow. Due uomini a bordo di un Suv hanno tentato di schiantarsi contro il terminal delle partenze, in una corsa che si è conclusa contro un ostacolo fisico, con la vettura in fiamme e, fortunatamente, nessuna vittima, anche se uno dei due uomini al momento dell'arresto indossava un congegno esplosivo. Due gli ordigni ritrovati e disinnescati all'interno di altrettante auto parcheggiate nel centro di Londra: ad Haymarket, a pochi passi da Piccadilly Circus, e a Park Lane.

Per Scotland Yard, i tre attacchi facevano parte di un unico disegno, ma erano diverse i piani degli esecutori: le bombe di Londra dovevano essere innescate dallo squillo di telefonini nelle auto, mentre i terroristi di Glasgow erano disposti a morire.

Tra gli arrestati, nei giorni scorsi – sette in tutto, di origine mediorientale – anche un chirurgo palestinese con passaporto giordano, Mohammed Jamil Abdelkader Asha, laureato ad Amman e dipendente presso un ospedale di Glasgow. Sarebbe lui "Mr. Big", la mente del gruppo. Un altro medico arrestato, iracheno, sarebbe il secondo attentatore del fallito attacco all'aeroporto di Glasgow, ma prosegue la caccia ad altri terroristi.

Le reazioni contraddittorie dell'anti-terrorismo britannico dimostrano che il paese non è del tutto preparato ad affrontare la minaccia, osserva la rivista conservatrice americana Frontpage. Dagli attacchi di due anni fa le autorità sembrano ancora non aver individuato con precisione il nemico. La classe politica preferisce evitare di stabilire qualsiasi riferimento alle motivazioni ideologiche e religiose dei terroristi, per non esacerbare le tensioni con le comunità islamiche. I falliti attentati rappresentano quindi una prova del fuoco anche per Brown, la cui prima reazione è stata di fermezza: «L'Inghilterra non cederà al male». Nel paese permane lo stato di massima allerta. Tuttavia, il nuovo premier laburista dovrà dimostrare personalità e doti di leadership all'altezza del suo predecessore per confermare che cultura della sicurezza, della difesa, e dell'uso della forza sono ormai assimilate nella sinistra di governo britannica e non solo caratteri effimeri.

Il fatto che due medici siano coinvolti negli attentati fa tornare la paura per i "terroristi della porta accanto": difficile individuarli, ma anche meno preparati militarmente e quindi spesso approssimativi nelle loro azioni. Una nuova conferma alle conclusioni degli studi più dettagliati, che indicano tra i sostenitori e gli appartenenti alla rete di al-Qaeda una maggioranza di musulmani all'apparenza perfettamente integrati, di istruzione universitaria occidentale e status socio-economico medio-alto. Altro che scuole coraniche e madrasse, che solo successivamente diventano mete di indottrinamento. Smentito ancora una volta, quindi, il pregiudizio secondo cui il terrorismo islamista troverebbe nei diseredati e negli emarginati del pianeta la propria manovalanza.

Dai primi identikit dei terroristi arrestati traspare l'immagine di quell'integrazione fiore all'occhiello della british way of life. Il multiculturalismo britannico, ma non solo, rischia di finire di nuovo sotto processo.

L'idea che avremmo dovuto aspirare a un'identità comune e a una serie di valori condivisa è stata erosa in nome di una visione ideologica del multiculturalismo. Un problema di cittadinanza, non strettamente di integrazione. Una cittadinanza britannica, ma ciò vale anche per altri paesi europei, della quale non sembrano far parte, non vengono percepiti, accettati, assimilati, i valori politici su cui essa si fonda.

Questo fraintendimento sul significato dell'integrazione fra culture e comunità religiose diverse viene aggravato dallo spirito "concordatario" che anima i nostri Stati. Anziché integrare individui, cerchiamo di integrare comunità; invece di assicurare l'esercizio di libertà e diritti a quei singoli individui, all'interno delle nostre città concediamo autonomie etnico-confessionali, se non veri e propri rapporti privilegiati con lo Stato, a etnie e gruppi religiosi in quanto comunità. Esse, e non il singolo individuo, divengono così i naturali soggetti di diritto, portatrici di istanze meritevoli di attenzione e destinatarie dei benefici.

Occorre recuperare la dimensione dell'individuo come soggetto di diritti, dando minore spazio a politiche pubbliche incentrate sul riconoscimento identitario di questo o quel gruppo. Altrimenti il rischio è quello di trovarci di fronte a società apparentemente integrate ma tribalizzate, frammentate, prive di centro politico, dove molti gruppi culturali affermano la propria identità attraverso il vittimismo, il risentimento, l'ideologia politica.

1 comment:

Anonymous said...

Forse ti sembrerà strano, ma io condivido la tua analisi del deterioramento patito dal multiculturalismo. Specie laddove ne individui la radice nel modello concordatario.
I diritti (naturali) degli individui non si trasferiscono magicamente (o automaticamente) alle associazioni che essi formano.
L'elevato livello di istruzione degli aspiranti kamikaze, inoltre, mi fa valutare con rinnovata preoccupazione i deleteri effetti degli studi scientifici sugli islamici più accesi. Ma questo è un altro discorso.