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Thursday, January 19, 2012

Lo scoglio Merkel sulla rotta di Monti

«Non chiediamo nulla alla Germania», ha chiarito il premier Mario Monti rispondendo ad una domanda durante la conferenza stampa congiunta con il primo ministro britannico David Cameron. «Ciò che un Paese come l'Italia non chiede a nessuno, ma si sforza di contribuire a identificare come soluzione e a mettere in opera con altri - e certamente il ruolo della Germania è di particolare preminenza - è di migliorare la governance Ue», dal punto di vista della disciplina fiscale, delle politiche per la crescita, ma anche dei cosiddetti «firewalls» per mettere i Paesi dell'Eurozona, soprattutto quelli alla periferia, al riparo dalle tensioni dei mercati.

Diplomaticamente si rivolge «alla leadership europea, e non alla cancelliera tedesca», ma è proprio nei termini di una richiesta di scambio rivolta a Berlino che Monti si era espresso in un'intervista, pubblicata integralmente ieri, al Financial Times: «Non dirò mai agli italiani che sto chiedendo loro enormi sacrifici perché la Germania, o la Bce, o l'Ue ce li chiedono. Sarebbe sleale, e sono convinto che è per il bene delle future generazioni di italiani. Ma dal momento che il Paese si avvicina ad un assetto che è quello che l'Europa vuole che ciascun Paese abbia, ci deve essere un visibile miglioramento da qualche altra parte. In un Paese come l'Italia oggi, "qualche altra parte" può significare solo i tassi di interesse» (sui titoli di Stato).

Insomma, l'Italia si impegna a fare i suoi "compiti a casa", ma in cambio chiede che la Germania la aiuti ad abbassare il costo del debito pubblico, ammorbidendo la sua linea rigorista, che prenderà forma nel cosiddetto fiscal compact, e che rischia di essere troppo recessiva, e mettendo la sua solidità di bilancio a garanzia dei debiti sovrani Ue, accrescendo il fondo salva-Stati europeo o magari impegnandosi sui cosiddetti "eurobonds". Altrimenti? Altrimenti, ha fatto capire Monti, ci sarebbe un violento contraccolpo nell'opinione pubblica che rischierebbe di interrompere il processo di riforme. Chiamatelo un sobrio avvertimento.

Nonostante il doppio declassamento, l'analisi di Standard & Poor's, puntando l'indice sull'inadeguatezza della governance europea e riconoscendo che «la gestione politica interna della crisi è notevolmente migliorata in Italia», ha offerto una sponda politica che Monti ha subito giocato nei confronti della Merkel, di fatto invitandola a non comportarsi con la "nave Europa" come il comandante Schettino con la Costa Concordia. Tuttavia, se molte critiche possono essere mosse a Merkozy per la gestione della crisi, non è certo Berlino che impedisce agli altri Stati di accompagnare il rigore con riforme strutturali pro-crescita, o di conseguire il pareggio di bilancio tagliando la spesa pubblica improduttiva invece che a suon di tasse, che hanno effetti ben più recessivi.

Un altro tassello che ci aiuta a comprendere la tattica di Monti. Probabilmente il professore contava che una manovra feroce, quasi tutta tasse, ma che elimina due dei privilegi italiani più odiosi agli occhi dei tedeschi (detassazione della casa e pensioni d'anzianità) e la sua autorevolezza personale, bastassero a ottenere uno sconto sul nostro debito pubblico. Come avevamo già osservato, se è un tentativo per farci rifiatare, per comprare il tempo necessario a realizzare le riforme di struttura, dello Stato e dell'economia italiana, allora si tratta di una tattica pericolosa ma che può tradursi in una strategia vincente nel medio periodo. Se invece è un modo per evitare di metter mano davvero al sistema-Italia, sperando che con il tempo la Merkel ceda e gli squilibri vengano assorbiti nel calderone europeo, allora stiamo irresponsabilmente scherzando con il fuoco e il rischio - ammesso e non concesso di convincere i tedeschi, ma soprattutto i mercati, e di evitare la fine della Grecia - è che fra un paio d'anni l'euro, se ci sarà ancora, somigli più alla lira che al marco.

E' quindi una manovra molto pericolosa quella che sta compiendo il comandante Monti. E non solo perché sulla sua rotta ha trovato lo scoglio Merkel, dalla quale continuano ad arrivare dei no. «Sono ancora alla ricerca di quello che precisamente noi dovremmo fare di più», ha commentato infastidita la cancelliera, smentendo tra l'altro che Monti abbia avanzato richieste, e dicendosi convinta che l'Italia con le sue riforme riuscirà a convincere i mercati. Ma anche perché, se è insidioso che i sacrifici degli italiani non vengano ricompensati da politiche europee che portino ad un alleggerimento della pressione sul nostro debito, è altrettanto insidioso che si convincano gli italiani che con l'ultima manovra abbiamo già fatto i nostri "compiti a casa". Eppure, è proprio questa la musica che i nostri mainstream media, guidati dal direttore d'orchestra Monti, stanno suonando sul piroscafo Italia: "Abbiamo fatto i nostri compiti a casa, adesso ci aiutino".

La realtà è ben diversa: ci siamo appena seduti alla scrivania e abbiamo aperto i quaderni. Persistono infatti i rischi per gli obiettivi di bilancio, dal momento che con i pesanti effetti recessivi di una manovra tutta tasse, e senza ancora riforme per la crescita, le quali comunque svilupperanno i loro effetti benefici solo nel medio termine, il calo del Pil quest'anno sarà molto peggiore di quello previsto (-2% e non -0,5), allontanando di nuovo l'azzeramento del deficit nel 2013; il governo non sembra avere alcuna intenzione di intaccare lo stock di debito attraverso le dismissioni, nemmeno di mattone statale; né al momento appaiono sgombrate le incertezze sull'attuazione di misure a favore della crescita, visto che siamo sotto schiaffo dei tassisti e i sindacati pare siano riusciti a far uscire l'art. 18 dall'agenda del governo. Insomma, c'è poco o nulla nell'attuale quadro politico italiano che renda ottimisti sulle riforme pro-crescita. Anzi, c'è il rischio concreto, con un'operazione di puro maquillage, misure per lo più cosmetiche, che l'ascia delle liberalizzazioni venga di nuovo sotterrata per anni.

1 comment:

Anonymous said...

Difficile che Monti riesca a rimediare agli effetti di una recessione del 2%,spero solo che non ricorra al classico salasso ai danni del popolo.
Toni