Anche su Notapolitica
Può essere stata una battuta infelice, ma non fingiamo di non capire cosa volesse dire il viceministro Michel Martone solo per amor di polemica o di battuta, non giochiamo a equivocare su temi così importanti. E facciamo attenzione a non cadere vittime della cattiva informazione di agenzie e siti internet che estrapolano singole frasi ad effetto guardandosi bene dal riportare i ragionamenti in cui sono inserite.
Il tema posto da Martone è quello dei tempi di laurea, dei troppi studenti indolenti "parcheggiati" negli atenei e della truffa dell'università per tutti. «Se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato. Bisogna dare messaggi chiari ai giovani». Ecco, forse il giovane professore – uno dei pochi figli di papà bene introdotti che è anche competente – ha sbagliato a non mandare un messaggio chiaro anche al mondo accademico e alla politica. L'età media dei laureati italiani è drammaticamente più alta rispetto a quella dei giovani europei e americani, un clamoroso svantaggio competitivo, e ciò deriva in parte dalla pigrizia di molti studenti, ma principalmente da un'idea totalmente sbagliata che abbiamo in Italia dell'istruzione universitaria.
Gli studenti che per un motivo o per l'altro finiscono per vivere l'università come un parcheggio sono molti, è innegabile, forse addirittura la maggioranza degli iscritti. C'è il figlio di papà che non ha alcuna fretta di laurearsi perché gode di un'ampia disponibilità economica e sa di poter contare su un futuro certo, o nel settore pubblico grazie alle conoscenze dei genitori, o seguendo la loro strada nell'impresa o nella professione di famiglia. Può dunque attardarsi e godersi la bella vita da universitario. Più preoccupante è il caso dei milioni di giovani che senza avere tali opportunità vengono letteralmente ingannati dall'ideologia dominante. Il mito dell'università per tutti, gratis o quasi, porta il figlio dell'operaio o dell'impiegato, e soprattutto la sua famiglia, a ritenere la laurea uno sbocco quasi obbligato, e il pezzo di carta, non importa se conseguito a 25 o 30 anni, ciò che serve per garantirsi uno status sociale più elevato di quello di partenza.
Così dovrebbe essere, in effetti, ma non è. Proprio per come è concepita e quindi organizzata l'università italiana, quel pezzo di carta vale quasi zero nel mercato del lavoro, quello aperto e competitivo dove si ritroverà chi non ha la strada spianata dalle conoscenze e/o imprese di famiglia. Il giovane o meno giovane laureato scopre che il suo primo impiego non corrisponde – né per reddito né per qualifica – al livello dell'istruzione ricevuta, o che presume di aver ricevuto, o addirittura fatica a trovarlo, mentre suoi coetanei non laureati, o laureati in altri Paesi, hanno nel frattempo accumulato esperienze e reddito. Ed ecco che comincia ad avvertire la sensazione di aver perso tempo e che cominciano a emergere i costi nascosti: a fronte di rette molto contenute (ma di costi enormi scaricati sulla fiscalità generale), un titolo di scarso valore e anni e anni di mancato reddito.
Laurearsi ha senso se ci si riesce in tempi relativamente brevi e se il titolo apre la strada ad un percorso lavorativo altamente qualificato e remunerato. Ma proprio perché ci si illude che l'università sia un diritto da garantire a tutti (in entrata), non è organizzata a tale scopo: né nella didattica, né nelle strutture, né dal punto di vista dello status giuridico e dei sistemi di finanziamento, che, anzi, generano inefficienze, sprechi e illusioni. E inseguendo questo mito abbiamo colpevolmente trascurato (anzitutto culturalmente) l'istruzione tecnica e professionale. Un sistema universitario onesto è quello che o ti fa laureare in tempi brevi, offrendo una preparazione di qualità e spendibile, o ti costringe a percorrere altre strade, che non sono affatto un disonore.
Può sembrare brutale, ma certo le rette di oggi non trasmettono il senso dell'urgenza agli studenti e alle loro famiglie e forniscono agli atenei un alibi implicito per la scarsa qualità dell'offerta formativa. Il modo di aiutare lo studente non abbiente e meritevole c'è, ma quello che ci siamo illusi di aver trovato in Italia è solo una truffa. E' un sistema che non può essere riformato, va smantellato.
1 comment:
sei davvero così convinto che quella di Martone sia un modello di "success story" e di competenza? Uno che scrive sul proprio sito che gli piace " Jimy Hendrix "? Quali sono, di grazie, i saggi rivoluzionari che hanno fatto del "secchione" Martone un dottorando a 23 anni, un ricercatore a 26 (!), un professore associato a 27 (!), un ordinario a 29 (!)? Siamo di fronte ad un carnelutti, ad un Santoro-Pssarelli, ad un Martines? Scusa eh, persino nella malandata università di oggi, in media, pure quelli raccomandati qualche anno in più a studiare prima di diventare superprofessore ci stanno...
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