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Friday, January 27, 2012

Merkel non fa sconti, la riforma del lavoro s'ha da fare

Nell'intervista concessa a ben sei quotidiani europei (Le Monde, Suddeutsche Zeitung, El Paìs, The Guardian, Gazeta e l'italiano La Stampa) la cancelliera tedesca Angela Merkel non fa sconti, non solo sulle misure di austerity, per le quali il rigore tedesco è ormai noto, ma anche sulle riforme per la crescita e l'occupazione: «Altri Paesi, la Germania o l'Europa dell'Est, ad esempio, - fa notare sommessamente Merkel - hanno già alle loro spalle difficili riforme del mercato del lavoro». Un messaggio chiaro e sferzante agli altri Paesi, su tutti Spagna e Italia. Da noi è appena iniziata, con il piede sbagliato, la trattativa tra governo e parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Una riforma che s'ha da fare, avverte la cancelliera tedesca, se vogliamo in cambio che la governance europea ci aiuti a far calare il costo del nostro debito.

Per promuovere la crescita ci sono modi diversi, spiega Merkel nell'intervista, che «non costano praticamente denaro», rispetto a costosi pacchetti di stimolo: «La legislazione sul lavoro deve diventare più flessibile soprattutto laddove vengono erette barriere troppo alte per i giovani. Non è accettabile che interi comparti professionali siano accessibili solo a un gruppo ristretto di persone. Il settore dei servizi può venire potenziato molto rapidamente. Abbiamo bisogno di più privatizzazione. Vi sono molte possibilità di allentare i freni alla crescita tramite riforme strutturali di questo genere». Avanti con liberalizzazioni e privatizzazioni, dunque.

La cancelliera tedesca ammette implicitamente che all'inizio la crisi è stata sottovalutata dalla leadership europea: si è pensato che «fossimo semplicemente solo le vittime dei cosiddetti speculatori». Poi «abbiamo scoperto le radici dei nostri problemi». «Nell'ultimo anno e mezzo, molti Paesi - riconosce - hanno compiuto sforzi incredibili e riforme dolorose, per le quali hanno tutta la mia stima. Penso che complessivamente abbiamo un buon equilibrio di solidarietà europea e responsabilità nazionale». Altro che speculatori, che nell'arco di minuti vendono e comprano, le preoccupazioni degli investitori sul futuro dell'Ue sono fondate: «E' evidente che i mercati testano la nostra volontà di coesione. Gli investitori di lungo periodo, che investono il denaro di tanta gente, vogliono sapere quale sarà la condizione dell'Europa fra venti anni. La Germania, con le sue trasformazioni demografiche, sarà ancora competitiva? Saremo aperti alle innovazioni?».

Angela Merkel ha parlato chiaramente anche sulla solidarietà tedesca che molti invocano: «Noi aiutiamo i nostri partner europei con l'aspettativa che loro stessi compiano tutti gli sforzi possibili per migliorare la loro situazione... questo è quanto facciamo con l'Esm». «Nessun Paese può farsi carico dei debiti dell'altro», ricorda citando i trattati europei. E poi «non ha senso - avverte - promettere sempre più soldi, senza combattere contro le cause della crisi». Anche perché «con tutti gli aiuti miliardari ed i meccanismi salva-Stati, noi in Germania dobbiamo fare attenzione che alla fine non vengano a mancare anche a noi le forze, perché neanche le nostre possibilità sono infinite, e questo non servirebbe a nessuno in Europa... sono gli altri Paesi - sottolinea infine la cancelliera tedesca - che devono aumentare di nuovo la loro competitività e non la Germania che deve diventare più debole».

Dunque, Merkel ribadisce che «gli eurobond non sono una soluzione», si potrà riflettere su una maggiore condivisione delle responsabilità «solo quando l'Europa avrà raggiunto un'integrazione molto più profonda, non però come strumento per superare la crisi». In questo senso la strada obbligata per la cancelliera è quella «dell'Unione politica»: «L'Europa è politica interna», conclude.

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