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Monday, October 22, 2007

Una via blairiana per il Pd, ma Veltroni non sembra l'uomo giusto

Anthony Giddens indica il modello del New Labour blairiano al leader del Partito democratico: "education" e nuovo welfare, le due vie principali attraverso cui procedere alla modernizzazione della politica, dell'economia e della società italiana.

Prima di tutto, "education", perché «nella nuova economia, basata sulla conoscenza e sui servizi, il ruolo delle università è più cruciale di quanto lo sia mai stato», sia per la crescita economica che per la mobilità sociale.

Seconda preoccupazione dovrebbe essere quella di aumentare la percentuale della forza lavoro attiva, che in Italia non supera il 55% ed è in calo. Dunque, meno pensionati, più donne che lavorano e giovani che entrano prima nel mondo del lavoro. Ciò significa cambiare modello di welfare, a partire dai suoi principali beneficiari: spostare le risorse dello Stato dagli anziani (per esempio, portando l'età pensionabile a 65 anni) ai giovani (riformando istruzione primaria e superiore, investendo in ammortizzatori sociali secondo l'approccio welfare to work, per fare fronte alla flessibilità) e all'infanzia (con un ambizioso programma di asili nido e scuole materne che permetta alle donne di conciliare lavoro e famiglia, come accade nei paesi del Nord Europa).

Che Veltroni sia l'uomo giusto per tutto questo non ne sono convinti in molti, a partire dall'Economist, che definisce il segretario del Pd «il candidato del compromesso». La critica più comune che viene indirizzata al sindaco di Roma è che «sacrifica il contenuto all'immagine». Finora, «la leadership di Veltroni è stata caratterizzata dalla conciliazione, dal compromesso e dal patteggiamento secondo il vecchio stile italiano». Veltroni, conclude l'Economist, «è una scelta eccellente per lo straordinario compito di mettere insieme l'eterogeneo centrosinistra, ma quello di cui il suo Paese ha realmente bisogno è un primo ministro forte abbastanza da aprire l'economia stantia a una maggiore competitività. Poco nella storia di Veltroni indica che sia l'uomo per quel lavoro».

Intervistata da Libération, Ségolène Royal indica l'esempio italiano del Partito democratico alla sinistra francese, auspicando che l'"innovazione" possa attraversare le Alpi. Non sappiamo cosa pensare, se davvero Ds e Margherita ne abbiano fatta una giusta, o se la gauche francese sia davvero così disperata da cercare esempi nel sistema politico più sgangherato d'Europa.

Sunday, March 04, 2007

Due sinistre cugine, malattia comune

L'unica sinistra in Europa che mostra gli stessi problemi della sinistra italiana è quella francese, e infatti entrambi i paesi si avviano verso il declino. E' quanto emerge da un impietoso ritratto di André Glucksmann, oggi sul Corriere, per il quale tutte le contraddizioni della sinistra dopo la caduta del Muro «si sono date appuntamento» nel Partito socialista, in cui militano «quelli che hanno detto "Sì" al referendum sulla costituzione europea e quelli che hanno fatto trionfare il "No", quelli indicati come "social liberali" e quelli che invocano "un'altra società" generata da uno sconvolgimento radicale; c'è chi è favorevole al nucleare e chi è contro, chi è pro palestinese e chi è amico d'Israele, ci sono i laici e gli islamofili, quelli che reclamano più polizia nelle banlieues e quelli che la rifiutano, quelli che approvano le 35 ore di lavoro settimanale e chi le deplora».

Ma a un certo punto, dopo i monologhi, ognuno preso a «fissare l'orizzonte invalicabile delle proprie convinzioni narcisistiche», dopo «idee senza dibattito» e «dibattiti senza idee», è scattata «l'ora dell'unione sacra ed ecco dimenticati anatemi e denunce reciproche, tutti come un sol uomo "contro la destra!"», osserva Glucksmann.

«Forza egemonica della sinistra francese, il Partito socialista riesce trionfalmente a monopolizzare tutte le contraddizioni che lo dividono, senza patire le conseguenze di non risolverne alcuna. Blairista o gauchista, statalista o populista, europeista o sovranista, poco importa, bisogna che la candidata vinca». Chi riconoscete in questa descrizione?

Con la «bacchetta magica» abolisce il principio di non contraddizione. «Il socialismo francese, nel corso di un secolo d'ipocrisia, ha combinato principi eterni e opportunismo giorno per giorno: colonialista e amico dei diritti dell'uomo, marxista duro e puro e tranquillo amministratore, il suo dupolice linguaggio aveva una risposta a tutto». Oggi, invece, «sono le alternative, le scelte, a cadere nel dimenticatoio» e un «complesso di desideri» fa da programma, scavalcando «i rischi, le difficoltà, le decisioni urgenti e dolorose».

Ma che importa, se si può «continuare a non dire nulla e a non spiegare nulla»? Mentre la realtà è che «maggioranze di destra e di sinistra condividono le responsabilità dell'irresponsabilità generale». «Cari amici socialisti, imparate a contare, il bilancio si estende a 30 anni, e non su 5 anni solamente», conclude Glucksmann. La disoccupazione (che si è impennata dal 1981, dall'inizio dell'epoca Mitterand) e le ribellioni «non provocano alcun esame di coscienza in un Partito socialista surreale».