Anthony Giddens indica il modello del New Labour blairiano al leader del Partito democratico: "education" e nuovo welfare, le due vie principali attraverso cui procedere alla modernizzazione della politica, dell'economia e della società italiana.
Prima di tutto, "education", perché «nella nuova economia, basata sulla conoscenza e sui servizi, il ruolo delle università è più cruciale di quanto lo sia mai stato», sia per la crescita economica che per la mobilità sociale.
Seconda preoccupazione dovrebbe essere quella di aumentare la percentuale della forza lavoro attiva, che in Italia non supera il 55% ed è in calo. Dunque, meno pensionati, più donne che lavorano e giovani che entrano prima nel mondo del lavoro. Ciò significa cambiare modello di welfare, a partire dai suoi principali beneficiari: spostare le risorse dello Stato dagli anziani (per esempio, portando l'età pensionabile a 65 anni) ai giovani (riformando istruzione primaria e superiore, investendo in ammortizzatori sociali secondo l'approccio welfare to work, per fare fronte alla flessibilità) e all'infanzia (con un ambizioso programma di asili nido e scuole materne che permetta alle donne di conciliare lavoro e famiglia, come accade nei paesi del Nord Europa).
Che Veltroni sia l'uomo giusto per tutto questo non ne sono convinti in molti, a partire dall'Economist, che definisce il segretario del Pd «il candidato del compromesso». La critica più comune che viene indirizzata al sindaco di Roma è che «sacrifica il contenuto all'immagine». Finora, «la leadership di Veltroni è stata caratterizzata dalla conciliazione, dal compromesso e dal patteggiamento secondo il vecchio stile italiano». Veltroni, conclude l'Economist, «è una scelta eccellente per lo straordinario compito di mettere insieme l'eterogeneo centrosinistra, ma quello di cui il suo Paese ha realmente bisogno è un primo ministro forte abbastanza da aprire l'economia stantia a una maggiore competitività. Poco nella storia di Veltroni indica che sia l'uomo per quel lavoro».
Intervistata da Libération, Ségolène Royal indica l'esempio italiano del Partito democratico alla sinistra francese, auspicando che l'"innovazione" possa attraversare le Alpi. Non sappiamo cosa pensare, se davvero Ds e Margherita ne abbiano fatta una giusta, o se la gauche francese sia davvero così disperata da cercare esempi nel sistema politico più sgangherato d'Europa.
3 comments:
No, per favore, no!
Non confondiamo il NewLabour, che nacque all'opposizione, con questa minestrina riscaldata scodellataci da forze in piena crisi di idee che stanno già al Governo e cercano di spacciarsi per innovazione.
Guarda Jim, al di là di tante considerazioni più o meno pensose sul veltronismo presente e futuro, contano davvero molto di più le chiare dichiarazioni ultraconservatrici degli amministratori delle 104 Provincie italiane riuniti in questi giorni a Firenze.
Quasi tutti quadri del neonato PD (e gli altri sono capatazza UDC).
Non se ne può più di questa gente e del loro dirigismo sociale!!!
curioso davvero il pezzo di Giddens:
da una parte e' una ovvia marchetta, vedi i primi paragrafi
dall'altra bastona scelte recenti della sinistra: welfare, emancipazioni
come se gli avessero chiesto di scrivere un pezzo a favore di veltroni, il che spiega l'inizio. e giddens ha pensato di metterci le solite ovvieta' newlabour, tanto ovvie da contraddire le posizioni del pd ;-)
Destra Sociale e Socialismo reale nello stato-zombie
22/11/2007
Volevamo da un po’ scrivere dell’indistinguibile differenza tra destra e sinistra in italia. Su come tutto sia una pantomima a beneficio dei buzzurri.
Il solito Blondet ci offre lo spunto con questo articolo in cui descrive il suo concetto di “destra sociale”:
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2423¶metro=politica
L’articolo di Maurizio Blondet è da manuale in materia epistemologica. Potrebbe essere stato questo pezzo concettualmente scritto da Valentino Parlato o da Agnoletto o Caruso.
Citiamo: “Lo Stato deve organizzare questa responsabilità comune, per esempio con tasse ai ricchi che servano ad assistere i poveri, i malati e invalidi, i bambini, la vedova e l'orfano”. Ragionamento che si può sentire tranquillamente in un qualsiasi circolo Arci di Reggio Emilia durante una vaniloquente discussione su cosa sia l’essere di sinistra.
Citiamo:” Si noti: previdenza generale e «obbligatoria», nel senso che il padronato fu obbligato a pagare i contributi pensionistici. E Mussolini fu il primo a fare lo stesso in Italia, l'INPS.” Esattamente ciò che ha fatto Prodi con lo scippo forzoso del TFR e coi contributi obbligatori, con l’obbligo di avere un conto in banca per i tartassati “co.co.pro”, e Visco non è di destra.
Citiamo: “l gruppo d'uomini scelto dal popolo (il sovrano) deve avere lealtà verso la nazione, deve avere «carattere» - non rimangiarsi la decisione per viltà alla prima opposizione - e deve imperativamente darsi le informazioni e le competenze necessarie per decidere al meglio possibile: per questo, chiamerà a sé altri uomini, i competenti, tecnici e i tecnocrati più stimati nel loro campo”. Questo avvenne in Russia con la rivoluzione d’ottobre che fu inizialmente popolare. I “competenti” non eletti da nessuno sono l’equivalenza delle “authority”, dei prefetti, dei “tecnici” (alla Padoa Schioppa), chiamati a decidere dai governi cattocomunisti italiani. E in URSS Stalin non aveva paura dell’opposizione!
Citiamo: “Per questo abbiamo Mastella, o la Lega, o le rivoltanti «autonomie regionali» secessioniste di fatto. Per questo pulluliamo di particolarismi, dove ognuno pensa a sé, da vero «liberale assoluto», anche quando si proclama «comunista» o «fascista»”. Qui Blondet nettamente si smaschera perché arriva ad ammettere che i popoli vincono su quelle ideologie di cui lui è vate assoluto, non meno di Luciano Violante.
Nessun sociologo sano di mente potrebbe attestare che Veneti e Sardi appartengono alla medesima etnia; quasi non Toscani e Emiliani, in regioni pure confinanti. Idem per Laziali e Campani o per Siciliani e Calabresi pure separati unicamente da uno stretto braccio di mare.
Se l’esistenza del “popolo italiano” è così certa perché in ogni trasmissione radio/tv, perché in ogni articolo di giornale una parola su tre, scritta o pronunziata, è “italia” o “italiani”?
Citiamo: “Verso gli immigrati, direi questo: essi devono essere soggetti alle leggi nazionali con rigore eguale a quello usato per i cittadini; senza privilegi sui cittadini di nascita, senza mutui agevolati ed esenzioni dal ticket che sono negati ai cittadini nati qui”. Senza pudore, sorvola sugli assurdi privilegi che godono gli “italiani” del Sud come esenzione ticket, contributi a fondo perduto, Agenzia Sviluppo italia, le immense ruberie sempre perdonate, tasse universitarie irrisorie, sgravi fiscali, autostrade gratis, pensioni senza contributi (nota 1) che sono, a ben guardare, maggiori dei benefici goduti dagli stranieri.
Ma è sull’”integrazione” dove il nostro “goym” mostra tutti i suoi limiti democratici, quelli di volere annientare l’evidenza dell’inesistenza del popolo italiano. In cui dimostra, di non essere diverso da un “rifondarolo”, ignorante e totalitarista.
Citiamo: “Roma fu la più grande integratrice di popoli diversi, che chiamò a partecipare al suo potere barbari e nordafricani, li civilizzò, addossando loro il peso di corresponsabilità nel governo, offrendo ad essi di «fare le cose insieme».
Settimio Severo era stato un bravo generale bèrbero, e fece una certa carriera nello Stato: diventò imperatore”.
Questa estrapolazione è allucinante due volte: in chiave storica e in chiave ideologica. In senso storico poichè egli scorda che la Roma di allora era “caput mundi”, il “pensiero unico” del tempo, e poteva integrare colle proprie leggi chiunque e dovunque. La Roma e l’italia attuali sono “caput “ di un bel niente. Relegate all’estrema periferia dell’impero american-sionista. Da decenni in crisi culturale e ora in pieno collasso economico, la penisola si trasformerà in un altro Kossovo e forse in un altro paese islamico di nessun contributo alla cultura e allo sviluppo del globo.
Ma invitiamo i lettori a riguardare: “Roma fu la più grande integratrice di popoli diversi, che chiamò a partecipare al suo potere barbari e nordafricani, li civilizzò, addossando loro il peso di corresponsabilità”.
Non è forse questo concetto, la medesima idea di “cooptazione” eviscerata dal ministro Ferrero con affermazioni tipo “il governo vuole svolgere un’azione ‘positiva’ sugli immigrati”?
Ebbene sì, il pensiero di Blondet dunque è il medesimo di Ferrero, quello di Luxuria il medesimo di Fiore: creare la “nazione” italiana posticcia, senza identità locali, senza un colore della pelle definito, un “meticciato “ di spiantati pallidamente devoto alla cacca tricolore.
Non Santi né Eroi bensì un tumulto di fanti e codardi disordinatamente in fila per assistere alla partita della “nazionale” di calcio che “spezza le reni” alle Far Oer. Smunto vessillo di un picaresco “stato della Mancia”.
Blondet ha più di una volta espresso stima per Giulio Tremonti. Quello che, per ricordare, dichiarandosi liberale, ha proposto di fare suonare l’inno di Mameli nelle scuole ogni volta prima di entrare in classe. Quale differenza dagli ex regimi dell’Est europeo in cui tutta la società era un inno al culto dello stato e della personalità del capo del partito di turno?
Che differenza con il Nazismo o col Fascismo, infine??
La casta fankazzista dell’unità nazionale, da Forza Nuova ai “no global”, vuole dare il diritto di voto e persino fare entrare i “berberi” nelle forze dell’ordine CONTRO i cittadini autoctoni per salvare la merdosa italia.
Il cerchio si chiude.
Le contrapposizioni ideologiche sono una finzione, una diatriba da bar dello sport per mascherare il vero scopo, di Berlusconi e Veltroni in primis. Un gioco della Casta, sulla pelle dei cittadini perbene, a strabiliare il popolino teledipendente con l’”interesse nazionale”.
Una “melina a centrocampo” in attesa che gli stranieri ammorbano il tessuto etnico locale in modo da potere finalmente tirare un sospiro di sollievo, sancendo che finalmente esistono gli italiani e l’unità nazionale non è più in pericolo.
di Domenico Gatti del Canna-Power Team
Nota 1: A beneficio dei mistificatori CHIARIAMO che NON stiamo discutendo che in qualche zona o regione vi sia un maggiore numero di cittadini bisognosi della assistenza dello stato. Stiamo arguendo sul fatto che nelle regioni meridionali le tasse siano più basse PER TUTTI anche per i ricchi mafiosi, anche per le pletore strapagate di “diriggenti” in atavico esubero della pubblica amministrazione
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