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Thursday, October 11, 2007

In Russia il gioco è truccato

Tutti i segnali indicano come probabile l'accentuarsi della tendenza della Russia ad allontanarsi dalla democrazia piuttosto che avvicinarsene. Ne è convinto Robert Coelson, analista di Radio Free Europe. Sembra inevitabile che dalle prossime elezioni legislative e presidenziali russe escano un'ampia maggioranza pro-Cremlino, putiniana, con evidenti tratti anti-democratici, e una sottile opposizione di comunisti, anch'essi anti-democratici, mentre l'umiliazione elettorale patita alle legislative del dicembre 2003 dai liberali dell'Unione delle Forze del Diritto e di Yabloko è destinata a confermarsi.

«Le forze democratiche liberali hanno perso costantemente terreno in Russia dalle elezioni della Duma del 1993», ha osservato Nikolas Gvosdev, analista del Centro Nixon. Questo declino inarrestabile dei liberali, però, non è un fenomeno peculiare dell'era-Putin, soprattutto considerando che per secoli in Russia si sono alternati regimi in vario modo totalitari.

Secondo Gvosdev e altri studiosi, anche alla Russia si può applicare la teoria del "paradosso della democrazia". Cioè, proprio nel momento in cui ai cittadini si presenta l'occasione di una libera scelta del sistema politico, la maggioranza di essi sarebbe portata comunque a preferire una forma antidemocratica. Questa teoria è stata originariamente applicata soprattutto ai Paesi del Medio Oriente, in cui spesso sono i movimenti islamici integralisti, profondamente antidemocratici, a vincere le elezioni. Anche se i russi sembrano aderire meno degli occidentali ai valori democratici, tuttavia la lontananza da quei principi non sembra essere maggiore che nei paesi a cui la teoria viene normalmente applicata.

Secondo un'indagine del Pew Research Center, il 34% dei russi ritiene importante la possibilità di criticare le autorità liberamente; la stessa percentuale sostiene che sia importante che le autorità civili abbiano il controllo delle forze armate; il 40% si oppone alla censura di media; il 41% valuta positivamente elezioni multipartitiche; il 45% considera importante la libertà religiosa e il 70% ritiene che il potere giudiziario debba essere imparziale. Secondo altri sondaggi, solo il 26% dei russi pensa che il potere centrale debba essere rafforzato e circa un terzo è convinto che il paese abbia bisogno di più democrazia, libere elezioni e media indipendenti. Eppure, circa il 51% sostiene le politiche del presidente Putin, mentre i partiti liberali ottengono sì e no l'1 o il 2% dei voti.

Come si spiega? L'ascesa al potere di Putin e dei siloviki, i funzionari dei "ministeri della forza", è stato il fenomeno dominante dello sviluppo politico della Russia post-sovietica. Sia a livello federale che locale, è una pratica quasi universale degli uomini al governo usare tutti i mezzi a loro disposizione per impedire l'emergere di alternative credibili alla loro gestione. Di conseguenza, alle elezioni i russi si trovano a dover scegliere tra lo status quo e una galassia frastagliata di soggetti sconosciuti, tra la stabilità e il caos. Anche il dibattito pubblico viene distorto, la percezione dell'Occidente e tutti i temi sono strumentalizzati per sostenere la necessità di una mano forte al Cremlino. Il tutto accompagnato dal discredito delle idee liberal-democratiche.

Il fatto, però, che da un terzo ai due quinti dei russi ancora aderiscano ai valori liberal-democratici dopo questi 15 anni è notevole. "Il paradosso della democrazia" in Russia – cioè il collasso di un'alternativa liberal-democratica realistica e il sostegno dell'opinione pubblica a un governo centrale autoritario – sembra quindi più il prodotto di un ambiente politico profondamente "inquinato" dagli anti-democratici. Per questo, conclude Robert Coelson, è «importante che gli osservatori in Russia e in Occidente resistano» ai tentativi di Putin di legittimare con il consenso popolare il ritorno a una forma di autoritarismo.

2 comments:

Hermes said...

Il post è abbastanza condivisibile nell'analisi, ma secondo me compie il solito peccato di miopia di queste analisi "west-driven" su un paio di fattori.

Il primo è che se il blocco di Putin vincerà anche queste elezioni non sarà (almeno non principalmente) per una vera o presunta "repressione" delle altre forze democratiche, ma per un'oggettiva popolarità di chi, per i russi, rappresenta la rinascita economica e politica del paese.

Il secondo, che poi del primo è concausa, è la scarsissima credibilità delle "forze liberali". Partiti come Yabloko o il Partito della Destra si sono praticamente autodistrutti con lotte interne, e questo si aggiunge al fatto che la gente li vede come corresponsabili della anarchia degli anni '90 (quando in occidente tutti zitti sul fatto che il paese si fosse tramutato in un far west, perchè a suon di mazzette si facevano ottimi contratti). Se vogliamo parlare del recente beniamino dei nostri media poi, il Sig. Khasparov, io mi domando che credibilità abbia uno nel cui schieramento elettorale militano neo-nazisti e neo-bolscevichi.

Il campo di Putin vincerà le prossime elezioni, questo è sicuro, ma praticamente le vincerà per abbandono degli avversari, prima ancora che per la propria forza...

Antonio Candeliere said...

Russia Unita vincerà le elezioni perchè è l'unia forza politica che ha scelto un uomo forte nella persona di Putin. L'unica persona che il Popolo Russo vuole e della quale la Russia ha bisogno in questa fse della propria storia.