«Il velo islamico non è un semplice velo che una bimba di otto anni decide liberamente di mettersi sul capo perché le piace o perché giudica più comodo tenere i capelli nascosti piuttosto di metterli in mostra. E' il simbolo d'una religione nella quale la discriminazione della donna è ancora, disgraziatamente, più forte che in nessun'altra: una tradizionale tara dell'umanità dalla quale la cultura della libertà è stata capace di liberarci in grande misura, seppure non totalmente, grazie a un lungo processo di lotte politiche, ideologiche e istituzionali che sono riuscite a cambiare mentalità e comportamenti e a fissare leggi destinate a porle un freno. Tra queste importanti conquiste c'è il laicismo, uno dei pilastri su quali poggia la democrazia. Lo Stato laico non è ostile alla religione. Al contrario garantisce a tutti i cittadini il diritto di credere e praticare la propria religione senza subire interferenze, sempre che queste pratiche non infrangano le leggi poste a garanzia della libertà, dell'uguaglianza e degli altri diritti umani che sono la ragione dell'esistenza dello stato di diritto.
Il velo islamico nelle scuole pubbliche è una testa di ponte grazie alla quale i nemici del laicismo, dell'uguaglianza fra uomo e donna, della libertà religiosa e dei diritti umani pretendono di ritagliarsi spazi d'autentica extraterritorialità legale e morale all'interno delle democrazie: qualcosa che, se queste l'accettassero, potrebbe condurle al suicidio».
(Mario Vargas Llosa, El Paìs)
Lo scrittore sudamericano va fino in fondo nel suo attacco al multiculturalismo, che si fonda su un «presupposto falso che bisogna respingere, senza prestarsi a equivoci: che, cioè, tutte le culture, per il fatto stesso di esistere, siano equivalenti e degne di rispetto. Non è vero». I paladini del multiculturalismo e del comunitarismo hanno «un'idea statica delle culture, smentita dalla storia».
«Le culture si evolvono: i progressi della scienza e gli interscambi, sempre più frequenti nel mondo moderno, di idee e di conoscenze... trasformano convinzioni, pratiche, credenze, superstizioni, valori e pregiudizi». Un musulmano relativamente «moderno», libanese o egiziano, per esempio, osserva Vargas Llosa, «ha ben poco a che spartire con i musulmani integralisti», che in Darfur, per esempio, «radono al suolo villaggi e bruciano intere famiglie perché le giudicano pagane: applicare loro la stessa etichetta culturale è assurdo».
«Se i paesi democratici vogliono, in qualche modo, offrire il proprio aiuto affinché la religione musulmana sperimenti lo stesso processo di secolarizzazione che ha permesso alla Chiesa cattolica di adeguarsi alla cultura democratica [piuttosto, ci pare l'abbia obbligata], il comportamento peggiore che potrebbero tenere sarebbe rinunciare a conquiste così importanti come il laicismo e l'uguaglianza, per non apparire etnocentrici e portatori di pregiudizi».
1 comment:
Magnifico Vargas Llosa!!!
Ma la cosa non mi stupisce affatto.
Ma se un giudice in Germania trova attenuanti etniche per un violentatore sardo... allora la vecchia Europa socialista e socialdemocratica è messa davvero male. E non ci si meravigli di rigurgiti di destra estrema e xenofoba qua e là, dalla Svizzera alla Turchia.
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