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Friday, April 23, 2010

Bersani solletica Fini e Bossi, De Benedetti guarda a Tremonti

Su il Velino:

Dopo aver definito quanto avvenuto ieri durante la direzione nazionale del Pdl una «rissa incredibile», e avvertendo che una tale spaccatura interna alla maggioranza può provocare una «paralisi dell'azione di governo» e mettere a rischio «la stabilità del Paese», il segretario del Pd Pierluigi Bersani intende lanciare un messaggio «anche a persone e a forze che sono oltre il centrosinistra». Stamattina da Genova ribadisce quanto spiegato in un'intervista all'Unità. Approfittando dello strappo tra il premier e il presidente della Camera, e delle preoccupazioni che il nuovo scenario desta in Umberto Bossi per il proseguio della legislatura, e quindi per la realizzazione del federalismo, Bersani non nasconde di rivolgersi «a tutti» - anche a Fini e alla Lega - «a tutti coloro che non intendono proseguire la strada sulla curvatura plebiscitaria», quando propone «un patto repubblicano per difendere gli assetti della democrazia nel solco della Costituzione», per «evitare una deriva plebiscitaria e cambiare l'agenda del Paese». Il pericolo numero uno è ancora una volta individuato in Silvio Berlusconi e nella sua «forma di accumulazione del consenso che non prevede decisioni, ma solo di tirare a campare, di fare surf da una promessa all'altra».

Ma qualcosa si muove nel Pd anche da parte di uno dei suoi padri nobili, che tempo fa prenotò per sé la tessera numero uno dell'allora costituendo partito. Carlo De Benedetti, patron di Repubblica-l'Espresso, interviene di nuovo su Il Foglio di Giuliano Ferrara, ma stavolta non con un articolo di politica estera. Con un articolo («Caro Tremonti, giù le tasse per favore»), che se ad una lettura superficiale poteva apparire critico nei confronti del ministro Tremonti, in realtà tentava di stabilire un dialogo, di gettare un ponte, proprio nel momento in cui va in scena lo strappo tra Fini e il Pdl. «Il senso di quello che propongo - ha scritto l'Ing. - è spostare il peso del fisco dalla produzione e dal lavoro alla ricchezza che si fa cose. Dalle "persone alle cose", ha sintetizzato in uno slogan efficace il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel suo libro bianco sul fisco. E io trovo giusto quel proposito». Come osserva Franco Bechis, su Libero, «una serenata a Tremonti, mai apprezzato così direttamente e apertamente da un potere forte considerato il nemico numero uno di questo governo». E il sostegno, da parte di un potere forte della sinistra, ad una «grande riforma del sistema fiscale. Una riforma in senso liberale. Perché favorire fiscalmente chi produce e lavora, penalizzando chi accumula, come ci ha insegnato Luigi Einaudi, è l'essenza stessa del liberalismo».

C'è qualcosa che «unisce», secondo Bechis, le ultime mosse di De Benedetti, Ferrara, Montezemolo, Fini, Paolo Mieli e altri: «La convinzione che l'attuale assetto bipolare non abbia più benzina in corpo». Non il Pd, né il PdL, ritenuto «non in grado di sopravvivere alla gestione diretta del suo vero e unico fondatore». Fra tre anni, quando Berlusconi non sarà più in campo o prenderà la via del Quirinale, e difficilmente ormai Fini potrà succedergli, il quadro è destinato a scomporsi e a ricomporsi ed ecco che De Benedetti si rivolge ad uno dei possibili "pezzi" del puzzle, il ministro Tremonti, "trait d'union" tra il berlusconismo e la Lega. Nel suo intervento di ieri alla direzione, tra l'altro, il ministro ha messo in campo concetti 'pesanti', come quello del Pdl come unico partito in questo momento realmente «nazionale». Dato di fatto che da solo smonta l'allarme lanciato da Fini sulla «trazione leghista» e che evidenzia come il ministro dell'Economia sia uno dei pochi ad avere le idee chiare sul destino manifesto del partito fondato da Berlusconi e co-fondato da Fini.

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