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Wednesday, June 29, 2011

Compromesso al ribasso

Il più tipico dei compromessi al ribasso è quello che si sta profilando sulla manovra fra Tremonti da una parte e Berlusconi, Bossi e gli altri ministri dall'altra. Nonostante delle buone misure ci saranno quasi certamente, si è preferito vivacchiare piuttosto che porsi obiettivi ambiziosi. E gli italiani hanno già espresso il loro giudizio sui governi che tendono a vivacchiare. Aspettiamo il varo ufficiale, ma come temevamo il pressing su Tremonti non sta producendo un sussulto di riforme liberali, sia sulla spesa che sulle tasse, bensì una diluizione nel tempo e un ammorbidimento (soprattutto, sembra, su previdenza e costi della politica) dei tagli. Ciascuno è impegnato a salvare dalla sforbiciata il proprio portafoglio ministeriale, non a offrire al Paese un approccio nuovo alla riduzione della spesa pubblica. Manca un ripensamento generale dello Stato e delle sue funzioni, mentre siamo di fronte ad una manutenzione, sia pure "responsabile" ma semplicemente ragionieristica dell'esistente. E non è detto che basti per allontanarci dal baratro in cui è precipitata la Grecia. Infatti, spostando in là negli anni i tagli più corposi rischiamo di non apprezzarne gli effetti benefici sui conti pubblici. Di rimanere sul filo del rasoio per altri due anni. Forse Bruxelles sì, ma non è detto che i mercati ci concederanno questo tempo. Rivelatrici saranno le decisioni di Moody's e le altre agenzie sull'ipotesi minacciata di declassamento del rating sul nostro debito, ma stiamo giocando col fuoco.

Serviva invece più coraggio. Sulle tasse, ma anche sui tagli alla spesa e sulle tante altre riforme e liberalizzazioni che potevano essere fatte a costo zero. In vista del 2013 la domanda chiave che nel centrodestra dovrebbero porsi è: potremo presentarci di fronte ai nostri elettori sostenendo di aver ridotto il peso dello Stato e cominciato a sgravare le spalle di famiglie e imprese? Al netto di autolesionismi e suicidi del centrosinistra, dalla risposta a questa domanda dipenderanno le sorti elettorali del centrodestra. Il rischio è che non solo si arrivi al 2013 con la solita crescita che non supera l'1% annuo, ma che nemmeno i conti pubblici siano incontestabilmente in ordine. Arrivare al pareggio nel 2013 avrebbe significato anticipare dei sacrifici, ma almeno presentarsi alle elezioni avendo raggiunto un traguardo.

2 comments:

Anonymous said...

La verità è che siamo strangolati dagli statalisti conservatori di destra, di centro e di sinistra. Che di veri liberali non ce ne sono che pochissimi e non hanno voce in capitolo. Che la gran parte della popolazione è statalista o per convinzione o per convenienza o per ignoranza e gli esiti referendari lo dicono chiaramente. Questo Paese dalle potenzialità immense è privo di una qualsiasi guida in grado di pensare e proporre una vision del futuro.
E' una pessima situazione. Che deprime molti ma non è compresa dai più. E non sarà certo un cambio di maggioranza a risolvere questa situazione, nè i cosiddetti moderati nè i cosiddetti progressisti nè, tanto meno, le proposte arcaiche dei Vendola-Camusso-NoTav...
A volte mi chiedo cosa troveremo (forse) scritto nei libri di Storia tra 50 anni. Questa lunga crisi non è stata solo quella dei subprime e delle distorsioni del mercato, ma da noi anche la conseguenza di decenni di spese senza responsabilità di pareggio di bilancio ed oltre a tutto questo ha anche un nome preciso ed ormai inevitabile: CINA.
Potremmo competere e dovremmo farlo, ma la popolazione non è più giovane ed ormai guarda solo al proprio immediato futuro.

Anonymous said...

per descrivere la situazione italiana faccio un paragone: è come se fossimo di fronte ad un burrone largo 2 metri, siamo perfettamente in grado di saltarlo, ma la paura di non riuscirci ci porta ad ascoltare i soliti tenebrosi pessimisti che dicono di non rischiare nulla

di la dal burrone si sta molto meglio, ma la paura ci tiene di qua