Le decisioni di Standard & Poor's sono sì «viziate da considerazioni politiche», come lamenta la nota di Palazzo Chigi, ma non per un pregiudizio negativo nei confronti di Berlusconi, come vorrebbe la Repubblica. Lo sono nel senso che si basano giustamente anche su un'analisi della situazione politica del nostro Paese. Non potrebbe essere diversamente, visto che la solidità del nostro debito sovrano dipende strettamente dalle decisioni che prende il potere politico.
La lettura tutta sulla difensiva che con la nota di stamattina ne dà il governo è un incredibile autogol. Le agenzie di rating sono imperfette e possono sbagliare, ma certo non fondano le loro valutazioni sui «retroscena dei quotidiani». E' stupido quindi rispondere come se ci si trovasse di fronte alla segreteria politica dell'Udc. Chi l'ha suggerita non è certo un genio della comunicazione: reagendo in quel modo si fa passare il downgrade come una mera bocciatura dell'esecutivo in carica, finendo involontariamente per rafforzare le richieste di dimissioni reiterate dalle opposizioni, e per oscurare «considerazioni politiche» dell'agenzia di rating altrettanto rilevanti, che guardano molto oltre l'orizzonte del governo in carica. Se, infatti, il giudizio di S&P, soprattutto sulle ultime due manovre, è fortemente critico, nelle motivazioni c'è molto altro, e un governo che fosse ancora lucido avrebbe tutto l'interesse di sottolinearle per girarle a proprio vantaggio.
Basta leggere il report: tra i fattori di «debolezza» Standard & Poor's rileva «impedimenti politici significativi alle riforme pro-crescita» e un «limitato impegno ai tagli di spesa nell'attuale politica fiscale di medio termine». «Quasi due terzi dei risparmi attesi dalla manovra nel periodo cruciale 2011-2014 dipendono da nuove entrate, in un Paese che sopporta già un'elevata pressione fiscale». Non hanno contribuito al downgrade, invece, altri parametri («economic structure, external, and monetary»).
S&P punta l'indice sulla «fragilità della compagine di governo», ma anche sulle «differenze politiche all'interno del Parlamento», e soprattutto sottolinea che «pur sotto pressione, le istituzioni politiche italiane, gli ex monopolisti, i lavoratori del settore pubblico, i sindacati del settore pubblico e privato, impediscono al governo di affrontare efficacemente le difficili condizioni economiche», citando tra gli esempi «la resistenza in Parlamento che a luglio ha portato il governo ad accantonare dalla sua agenda legislativa le proposte di liberalizzazione delle professioni».
Insomma, la sfiducia nel debito sovrano italiano va oltre i fondamentali economici, è sì politica, ma nei confronti dell'intero sistema politico: non si vedono all'orizzonte alternative di governo e forze sociali che vogliano davvero impegnarsi in «growth-enhancing reforms» ed «expenditure cuts». Invece di piagnucolare, il governo potrebbe far leva su questi rilievi per denunciare il conservatorismo sociale dei sindacati e delle corporazioni e rilanciare, dunque, le riforme.
UPDATE ore 17:08
Che la sfiducia sia essenzialmente nel sistema, lo confermano le parole del managing director, Moritz Kraemer: «La nostra valutazione su istituzioni e politica» italiane è che «queste rendono più duro per l'Italia agire e rispondere agli shock esterni». Architettura istituzionale e comportamento delle forze politiche, dunque. Berlusconi avrebbe potuto persino concordare, rivendicando di sostenerlo da anni.
6 comments:
"Berlusconi avrebbe potuto persino concordare, rivendicando di sostenerlo da anni." Giusto, e subito dopo dovrebbe ricordare che per buona parte degli ultimi 20 anni il pallino ce l'aveva in mano lui e non è stato capace di giocarlo. O è sempre colpa degli altri o del destino cinico e baro?
Quel che mi pare emergere dalle valutazioni di S&P è che in Italia il "pallino" ce l'hanno in mano tutti e nessuno. Che è il sistema a destare sfiducia negli investitori, perché bloccato e incapace di riformarsi. Berlusconi ha le sue colpe per non essere riuscito a riformarlo, tutti gli altri hanno le loro colpe nell'aver opposto strenua e miope resistenza a qualsiasi riforma.
Il sistema oggi e' bloccato perché Berlusconi fa da tappo fermando tutto in attesa che sistemi i fatti suoi. Sono pronto a scommettere una discreta somma che una volta che si sia fatto da parte le cose cominceranno a cambiare. Non mi rassegno a pensare che il meglio di questo paese sia questo troiaio.
c'è poco da commentare. Spero che Berlusconi di dimetta subito. Ma non per altro, solo perchè se questa agonia dura a lungo il prossimo governo sarà composto da statisti al grado 0 (penso ad esempio ai dalemiani), visto che per la sinistra sarà un 'ti piace vincere facile'.
se invece il cdx trovasse un sostituto decente che avesse un programma non a uso e consumo della sua persona, MAGARI (non ci credo, ma lo spero) il csx sarebbe costretto a non poter schierare gli invotabili.
e chiunque uscisse vincitore dalla contesa, potrebbe magari cambiare alcune cosette, non dico riformare l'Italia come ci promettono tutti da 20 anni, ma almeno renderla un posto vagamente civile.
e magari il prossimo giudizio sul debito del nostro paese non sarebbe 'ogni volta che vi guardiamo i coglioni scendono un po' più in basso'.
Giancarlo, dimmi la cifra e cosa intendi per "cambiare".
@giancarlo
dillo pure a me, che valuto se è il caso di cambiar macchina. Mi accontento di poco, neh.
Post a Comment