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Friday, October 12, 2012

Con le preferenze l'inganno raddoppia: c'è ma non si vede

Anche su L'Opinione

Sembra un successo politico per il Pdl l'adozione della sua proposta di riforma elettorale come testo base in Commissione Affari costituzionali al Senato, per di più con la risurrezione, per l'occasione, della vecchia alleanza, CdL (con Casini e Fini) più Lega, e l'apparente isolamento di Pd e Idv. E' invece l'ennesimo atto di autolesionismo di un partito prossimo al suicidio per la sua stupidità politica, prim'ancora che per gli scandali. Tempo per rimediare ce ne sarebbe, l'iter parlamentare è appena all'inizio, a patto di accorgersi dell'errore.

A ben vedere, infatti, senza votare il testo base il Pd incassa il premio di maggioranza alla coalizione (preferito rispetto al partito), seppure ridotto al 12,5%. D'ora in avanti, quindi, potrà sia continuare a trattare per un premio più consistente e i collegi, sia lucrare politicamente sul ritorno alle preferenze, che nell'arco di pochi mesi, dopo i casi Fiorito nel Lazio e Zambetti in Lombardia, sono passate da un'estrema popolarità, come antidoto all'odiato porcellum, all'impopolarità in quanto strumento criminale della 'ndrangheta e del clientelismo.

Oltre alla follia di farsi alfiere delle preferenze proprio nel momento in cui le cronache ricordano all'opinione pubblica tutto il marcio che sono capaci di tirar fuori, con questo testo (il modello greco!) il Pdl cancella la novità sistemica rappresentata dall'ingresso in politica di Berlusconi, il governo scelto dagli elettori, e contraddice lo spirito costitutivo di un partito unitario del centrodestra. Casini, infatti, fa bingo, conquistando con il 5-6% dei voti la golden share di qualsiasi governo e nel Pdl gli unici a poter festeggiare sono coloro che possono contare su una propria corrente, quindi soprattutto gli ex An. Se, dunque, le preferenze oggi servono ad evitare la scissione del partito, sono anche la migliore garanzia della sua ulteriore, rapida balcanizzazione immediatamente dopo il voto. E semmai il Pdl dovesse ripensarci, il Pd se ne intesterebbecomunque il merito. Un capolavoro, non c'è che dire.

Il fenomeno del Parlamento dei nominati va superato, non c'è dubbio, ma per non ricaderci sotto una forma ancor più subdola, occorre capire per quale motivo i vertici dei partiti vogliono mantenere il totale controllo sugli eletti: il guaio è che lo strumento della fiducia lega la sopravvivenza dei governi ai giochi e agli umori del Parlamento, nonostante da quasi vent'anni ormai i cittadini siano convinti di decidere nelle urne chi li dovrà governare. In poche parole, non c'è una piena separazione tra esecutivo e legislativo e ciò finisce per ledere l'indipendenza e il corretto funzionamento sia dell'uno che dell'altro potere. Controllando gli eletti, i partiti di maggioranza si sforzano di blindare la volontà degli elettori, quelli all'opposizione di ribaltarla.

Beninteso che nessun sistema è perfetto, alcuni mettono un freno al malcostume politico, altri lo alimentano esponenzialmente. Se il binomio collegio uninominale-primarie è l'unico modo per restituire davvero ai cittadini il potere di scegliersi i propri rappresentanti, le preferenze sono una truffa persino peggiore delle liste bloccate del vituperato porcellum. Soprattutto se corte, queste ultime consentono all'elettore di sapere in anticipo nomi e cognomi di chi contribuisce ad eleggere con il proprio voto. Esprimendo le sue preferenze, invece, si illude di scegliere, ma nel migliore dei casi gli eletti vengono decisi dai giochi tra le correnti, di cui è all'oscuro, nel peggiore il voto è inquinato dal clientelismo e dalla malavita. Poiché l'elettore non conosce i cavalli che il partito ha deciso di far correre per davvero nella sua circoscrizione, le preferenze "d'opinione" (che di media in pochissimi esprimono) si disperdono, e per garantirsi il seggio è sufficiente controllare/comprare qualche migliaio di voti, che non basterebbero, invece, in un collegio uninominale.

1 comment:

Anonymous said...

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