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Thursday, October 25, 2012

Monti non fare troppo lo schizzinoso

Narrano le cronache, e sembra verosimile, che Berlusconi abbia provato fino all'ultimo ad "arruolare" Monti, a convincerlo a farsi candidare esplicitamente per un bis a Palazzo Chigi («io non rinuncio all'idea di vederti a capo di uno schieramento dei moderati»), l'unico modo per il Pdl di ritrovarsi azionista di maggioranza nella prossima legislatura; e che il garbato, e a quanto pare argomentato, diniego del professore abbia aiutato Berlusconi a decidersi per il passo indietro, avendo compreso quanto una sua ricandidatura avrebbe ostacolato sia l'"agenda Monti" (da cui il Cav. sarebbe stato conquistato) che la riaggregazione dei "moderati", fornendo un vero e proprio alibi ai suoi interlocutori.

Nella sua nota Berlusconi chiarisce una volta per tutte la linea europeista e non avventurista, quindi "montiana", del Pdl. Ma si spinge anche oltre, tracciando implicitamente una linea di continuità tra la sua esperienza politica (almeno quale era alle origini e nelle sue intenzioni) e «la chiara direzione riformatrice e liberale» del professore. Facciamo per un attimo finta che sia così «chiara» la «direzione riformatrice e liberale» sia dell'esperienza berlusconiana che di Monti: è comunque noto che il professore si sente culturalmente vicino al popolarismo europeo.

E' comprensibile che Monti voglia evitare l'abbraccio mortale dei vecchi e compromessi partiti, che non abbia alcuna intenzione di caricarsi sulle spalle il futuro del Pdl, di farsi "accompagnare" da un alleato così impresentabile. Tuttavia, se davvero ritiene che l'Italia non abbia «affatto bisogno di politiche moderate, ma di riforme radicali», in senso liberale, sbaglierebbe di grosso a pensare che l'unica via politica possibile per realizzare questo programma sia quella non partigiana, delle larghe intese, come in questo scorcio di legislatura.

Il progetto di riforme radicali e liberali che avrebbe in mente, secondo quanto gli viene attribuito oggi, avrebbe sì bisogno di un ampio consenso per essere realizzato, ma di un ampio consenso tra gli italiani, non tra i partiti. Quindi di una maggioranza politica. Non è pensabile riproporre tale e quale, o quasi, la maggioranza di quest'ultimo anno. Perché delle due l'una: o le riforme non sarebbero né radicali né liberali e Monti sarebbe presto costretto a rinunciare alla sua ambiziosa agenda per gestire lo status quo, oppure, se tentasse davvero di trasformare il paese in senso liberale, si troverebbe senza la maggioranza che auspica.

Se davvero vuole provare a realizzare riforme radicali e liberali, non può fare a meno di "politicizzarsi" in qualche modo. Il che non implica certo fungere da scialuppa di salvataggio del vecchio e screditato ceto politico, ma non può nemmeno pensare di riuscirci restando super partes e con l'appoggio della sinistra o delle sue componenti più responsabili.

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