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Wednesday, May 11, 2005

In difesa di Yalta (e di Roosevelt)/*2*

Mi sta bene il post di a. man., tranne quando scrive: «per Federico l'accostamento risulta inesatto dal punta di vista storico, tanto da spingerlo a chiedere provocatoriamente scusa a Putin». Neanche "provocatoriamente" chiedo scusa a Putin, ci mancherebbe. Se si legge meglio qui non critico affatto Bush:
«Un accostamento politicamente comprensibile da parte del presidente Usa, con l'obiettivo, condivisibile, di contrapporre il principio della libertà dei popoli come parametro delle relazioni internazionali e non la stabilità. Per di più sfruttando la ghiotta occasione di fare bella figura dinanzi ai paesi baltici e a tutta l'Europa orientale: se Putin non vuole chiedervi scusa, sarò addirittura io a farlo. Tuttavia, l'accostamento rimane inesatto dal punto di vista storico».
Dico che Bush è stato furbo e mentre Putin si rifiutava di chiedere scusa per l'oppressione sovietica, lui faceva vedere di essere capace di fare autocritica per Yalta.

Quello che scrive a. man. è tutto vero, ma il mio invito è non parlare con il senno del poi, a non rileggere la storia con gli occhi delle necessità e delle "scoperte politiche" successive a Yalta: libertà e non stabilità. Sull'internazionalismo democratico di Roosevelt non ci dovrebbero essere dubbi e credo che tra infiltrazioni e ingenuità si compì l'errore di credere non tanto ai sovietici come "compagni di strada", quanto alla possibilità che potessero essere inglobati in un ordine internazionale fondato sulla carta dell'Onu. Se di coesistenza tentata si può parlare in questo caso, il containment inaugurato da Truman fu di tutt'altro tenore.

Molti parlano di questi accordi di Yalta, ma quali furono questi accordi? Quanto si sono riletti i documenti conclusivi e studiate le circostanze? Spesso si confondono gli accordi con i fatti che seguirono. Fatti che avvennero nonostante Yalta e rimango convinto che rimaneva ben poco da fare. Condivido l'editoriale di ieri di Giuliano Ferrara su Il Foglio: a Yalta «non c'erano solide alternative» e la «strategia del contenimento del comunismo» (nata dopo Yalta, cioè a causa dell'ordine determinatosi dai nuovi rapporti di forza) fu una politica spesso «statica», governata anche da «cattive, cattivissime ragioni». E' «legittimo l'uso politico della storia da parte di chi ha l'obbligo di continuare a farla, la storia», anche con quel pizzico di malizia con cui si vuole colpire la memoria di un grande presidente democratico.

Vi è nella storia l'impossibile, l'inevitabile, la sconfitta. Possiamo prendercela con chi vogliamo, certo, con Yalta, ma facciamoci "assalire dalla realtà": l'Unione Sovietica di Stalin divenne superpotenza grazie alla Seconda Guerra Mondiale e non per gli "errori" di Yalta. C'erano due modi per evitare ciò che effettivamente accadde ai popoli dell'est: lasciare che Hitler sopraffacesse l'Urss (ammesso che ci fosse riuscito); ricacciare l'Armata Rossa con la forza. Erano praticabili? Non mi pare.

Questo scagiona Roosevelt, che si illuse di poter cooperare con i sovietici all'interno di un ordine mondiale nuovo, ma che null'altro poteva se non nutrire quella speranza e prendere gli accorgimenti che furono possibili a Yalta. E data la situazione già compromessa, qualche palliativo vi fu. Viste le circostanze fu già tanto conservare le posizioni acquisite, fare argine, un problema ben più presente di quanto ci appaia oggi, che dando per scontata la caduta del comunismo possiamo a cuor leggero pensare a quanto sarebbe stato bello dopo Berlino liberare con una "rivoluzione arancione" anche l'Europa dell'Est. Certo, dopo qualche anno, possiamo ritenere una iattura l'equilibrio che tenne nell'oppressione mezza Europa, senza però dimenticarci della realtà della possibile catastrofe nucleare.

Mi sembra che alle parole di Bush si sia reagito con due riflessi condizionati: da una parte giù a demolire Roosevelt e gli accordi di Yalta, spesso senza sapere in effetti cosa vi fu deciso, dall'altra le solite fuffe su Bush «bellicista, imperialista e ora anche revisionista». Legittima e condivisibile la "revisione" di Bush in chiave politica, ma - e credo a Washington se ne rendano conto - la storia, e i giudizi storici su una conferenza e i suoi protagonisti, non si liquidano in queste sedi. Quanto meno si impone, a chi oggi condanna FDR, di proporre delle alternative valide alla situazione di allora. Questa è la differenza tra Yalta e Monaco '38, per non parlare dei patti Ribbentrop-Molotov.

1 comment:

Anonymous said...

Infatti Bush non ha liquidato Roosevelt, ha liquidato lo spirito di Yalta. Ma ne abbiamo già parlato.

Saluti.

Enzo