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Wednesday, April 21, 2010

Fini ha scelto il suo gioco

Vigilia di direzione per il Pdl. Non prendiamoci in giro. Non è questione di democrazia interna, di diritto al dissenso, di rispetto personale. Per carità, tali questioni esistono nel Pdl, sono importanti, come negli altri partiti e come in An. Ma basta guardare a come negli ultimi 9 anni le personalità che si sono succedute alla presidenza della Camera hanno interpretato il loro ruolo - al di fuori o in contrasto con il dettato costituzionale - per capire il disegno politico di Fini. Capirlo non significa che sia razionale. La strategia è il logoramento di Berlusconi, al prezzo del fallimento dell'esperienza di governo. Per succedergli ma come leader di un nuovo centrodestra, da dentro o più probabilmente da fuori il Pdl.

Se i finiani più duri e puri non avendo più niente da perdere spingono per dar vita subito a gruppi autonomi e quindi a una scissione, il presidente della Camera sa che non è il momento e da quando la crisi è deflagrata sta cercando di convincerci che si tratta di rafforzare, rendere più democratico il partito attraverso un confronto su "questioni politiche" come il rapporto con la Lega, la politica per il Sud e via dicendo. Propositi meritevoli ma nessuna di tali questioni giustifica l'apertura di una crisi così lacerante, meno che mai dopo l'ennesimo successo elettorale. No, c'è una questione sola che lo richiedeva: Fini si sente chiuso politicamente da una Lega che esprime una classe dirigente sempre più credibile, tanto da governare regioni, rivendicare una voce nelle fondazioni bancarie, addirittura ipotizzare un primo ministro di sua espressione tra qualche anno; e da Berlusconi, la cui parabola sembra non conoscere fasi discendenti.

Ma Fini temeva questa situazione, l'aveva messa in conto, e non avendo mai davvero creduto più di tanto - sbagliando - che il Pdl (l'episodio del "predellino" se l'è legato al dito e ancora lo condiziona) potesse servire alle sue ambizioni, ha scelto di non entrare nel governo (dove un minimo bisogna pur lavorare), di non avere incarichi nel partito e di godersi gli onori di presidente della Camera, approfittando di questa comoda tribuna per smarcarsi da Berlusconi, logorarlo con il "controcanto" e, da adesso in poi, probabilmente con le "imboscate" parlamentari della sua corrente.

Una fase due? Magari come nel 2004? Fini pensa di aver diritto ad un "patto di consultazione" permanente, è geloso delle cene tra Berlusconi e Bossi ad Arcore nonostante il Pdl sia ben rappresentato, non si sente più adeguatamente rappresentato dalle quote 70-30 tra ex FI ed ex An e formalizzare una corrente è il primo passo per metterle in discussione. Tutto ciò ci riporta ad una logica da Prima Repubblica, per cui non solo tutte le cariche - che si tratti di nomine nel partito, governative, negli enti pubblici o in Rai - e persino le presenze nelle trasmissioni televisive vengono designate rispettando una logica spartitoria (alla corrente di minoranza spetta una quota prefissata di posti), ma una logica per cui alle correnti è permesso anche di ingabbiare, costringerlo ad un gioco estenuante di mediazioni sull'azione di governo, il più delle volte semplicemente "di potere", e quindi di logorare il presidente del Consiglio espresso dalla corrente avversaria.

Personalmente ho un'idea di partito diversa. Un partito che certamente discute democraticamente al suo interno ed elabora la sua linea politica, ma quando si è al governo, è il governo (nel quale tra l'altro sono rappresentate tutte le diverse anime del partito, compresa quella "finiana") che decide, che determina l'indirizzo politico; il gruppo parlamentare contribuisce, mentre il partito passa silenziosamente in secondo piano, fa più che altro convegnistica, si fa comitato elettorale quando serve, e chi ambisce alla leadership futura si prepara ma non la persegue certo sulla base del logoramento del proprio governo.

Fini sa che il "patto di consultazione" non lo avrà e quindi conclude che il suo percorso politico deve continuare ai danni di Berlusconi, del Pdl e dell'esperienza di governo. Adesso gli elettori non comprenderebbero una rottura e molti degli stessi finiani non lo seguirebbero. Per cui ecco come andrà a finire domani: Fini pronuncerà il suo discorso alto e di prospettiva, non nascondendo le divergenze da Berlusconi ma con aplomb istituzionale; non evocherà scissioni, rotture, né annuncerà la nascita di correnti. Insomma, l'ennesimo "rientro". Ma la corrente ci sarà di fatto e a poco a poco intensificherà la conflittualità nel partito, in Parlamento, in tv, nelle dichiarazioni quotidiane, nel tentativo appunto di logorare il premier. Tra qualche anno, verso il termine della legislatura, avvicinandosi la scadenza elettorale e il governo essendo riuscito a fare ben poco, Fini costituirà i suoi gruppi e darà vita al suo partito, pronto a presentarsi come l'uomo di una destra nuova, che di fronte agli elettori, ai cosiddetti 'poteri forti' e ai salotti buoni pretenderà di presentarsi non corresponsabile delle promesse mancate del berlusconismo, mostrando la patente di spirito indipendente dal "padrone" Berlusconi.

Questo il disegno, che riesca è tutta un'altra storia. Per me è suicida e avrebbe fatto meglio, invece, a preparare la sua leadership individuando due-tre cavalli di battaglia su cui caratterizzarsi; accordandosi con Berlusconi e la Lega sul loro conseguimento nell'arco della legislatura; investendo la propria figura politica su di essi. Grazie al suo ruolo istituzionale e con la sua voglia di distinguersi da Berlusconi, per esempio, avrebbe potuto ritagliarsi un ruolo di mediazione con l'opposizione sulle riforme.

Magari sulla sua strada Fini incontrerà Montezemolo. Lui smentisce di voler entrare in politica ma intanto ha lasciato la presidenza della Fiat e ammette che sarà più libero di esprimersi. La mia sensazione è che Montezemolo si vede come riserva bipartisan della Repubblica, o in alternativa come leader di una coalizione di centrodestra, ma siccome non è stupido, finché entrare in politica significherà scegliere se farlo con Berlusconi o contro Berlusconi, cercherà di non compiere o ritardare il più possibile questa scelta. Quindi di restarsene alla larga, per avvicinarvisi solo, eventualmente, verso il termine della legislatura, se e quando il bilancio dell'esperienza di governo sarà palesemente negativo. E in quel caso Fini rimarrà scudiero.

2 comments:

storico sgrz said...

Fini ha avuto il meruto di portare allo scoperto la questione del dissenso interno al PDL. Ma la vedo dura perchè con lui sono in pochi. Una condizione di isolamento che lui stesso a contribuito a crearsi nel momento in cui ha acconsentito a consegnare An al Cavaliere

La scelta di Fini: costruire una minoranza interna al PDL

Anonymous said...

CERCATE LA DONNA.
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Fini è uscito di senno esattamente da quando frequenta quela signorina di 30 anni piu' giovane di lui .....
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non c'è nessuna ragione politica o sociologica.
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LA COMPAGNA DI FINI gli fa la ramanzina ogni notte perchè lui non conta un piffero .
e dal rosicamento che ne deriva ...viene fuori questo teatrino.