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Friday, April 23, 2010

Partito vero, ma non per merito di Fini

Che bravi Tremonti e Brunetta (e Alfano)

Certo, si preferirà - ed è comprensibile - concentrarsi sullo scontro Berlusconi-Fini, "macchiettizzare" il Pdl ironizzando sugli interventi degli "yesman", ma se la direzione di ieri ha segnato per il Pdl l'inizio di una nuova fase, di crescita, una sorta di battesimo del fuoco - il «primo lavacro democratico», l'ha definito Ferrara - di un partito che si scrolla di dosso l'etichetta di partito "di plastica", «palcoscenico» per i monologhi del Cav., nel quale invece si dibatte, si discute apertamente e in pubblico al suo interno, forse non si deve a Berlusconi, ma sicuramente non a Fini. Fini, lo abbiamo detto più volte, ha trasformato legittimi e insindacabili (avrà le sue ragioni) motivi di distinzione dal presidente del partito e dalle opinioni prevalenti nel Pdl in pretesti per una incomprensibile rottura, o per la comprensibilissima costituzione di una corrente, il cui obiettivo, come nei partiti della Prima Repubblica, non è il dibattito e il confronto interno, né il semplice caratterizzarsi della sua leadership, ma il logoramento del presidente del Consiglio espressione delle correnti avversarie. Cioè esattamente il motivo per cui nella Prima Repubblica i governi duravano non anni, ma mesi, se non settimane.

Molti degli intervenuti ieri si sono posti sinceramente il problema di come il Pdl possa competere più efficacemente con la Lega al Nord. Ma ben diversamente da Fini, che si è limitato su questo a riciclare dalla sinistra i logori pregiudizi che vedono nei leghisti dei pericolosi razzisti. Per esempio, il ministro Brunetta, che ha criticato la deriva «conservatrice» della Lega: se «il potere locale la sta facendo diventare conservatrice», «noi dobbiamo accentuare la nostra forza modernizzatrice».

Fini ha mostrato di vedere nel federalismo fiscale una minaccia alla coesione nazionale e sociale più che un'opportunità di responsabilizzazione delle classi dirigenti del meridione. Una riserva mentale che ormai anche il Pd ha il pudore di dissimulare. Il problema dei decreti attuativi è semmai cercare di limitare i costi, non di limitare l'impatto di responsabilizzazione. Persino sulla riforma della giustizia Fini e i suoi ormai disconoscono la grande questione democratica posta dalla magistratura politicizzata e riducono l'anomalia certamente rappresentata da alcuni provvedimenti ad hoc alla mera ricerca di «sacche di impunità». In questo modo rischiano di fondare un antiberlusconismo "di destra" in realtà non troppo dissimile da quello perdente della sinistra.

Nel suo intervento di ieri il ministro Tremonti - dopo lo strappo di Fini corteggiato da De Benedetti in quanto, in vista del futuro, sempre più cruciale "trait d'union" tra il berlusconismo e la Lega - ha messo in campo concetti "pesanti", come quello del Pdl come unico partito in questo momento realmente «nazionale». Dato di fatto che da solo smonta l'allarme lanciato da Fini sulla «trazione leghista» e che evidenzia come il ministro dell'Economia sia uno dei pochi ad avere le idee chiare sul destino manifesto del partito fondato da Berlusconi e co-fondato da Fini.

Ha riconosciuto come la tenuta dei conti pubblici non è solo merito suo, ma non sarebbe stata possibile senza la "copertura" politica ed elettorale di Berlusconi e ha offerto una lucida analisi del voto: i ceti produttivi che non votano più la sinistra, sempre più ridotta all'Appennino tosco-emiliano (e pugliese); la Lega che non ruba i voti al Pdl, ma li strappa alla sinistra tra i ceti popolari e operai; il Pdl che emerge come unica forza «nazionale». E per questo può permettersi di concedere alla Lega due governatori, un ministro dell'Interno, e proprio perché è un partito nazionale al Nord non può rivolgersi in modo esclusivo come fanno i leghisti. E' l'unico che ieri ha individuato due semplici compiti a cui lo Stato dovrebbe limitarsi per fare del bene al Sud: l'ordine pubblico e le grandi opere. Per il resto, il federalismo fiscale potrà fare solo che bene perché il Sud non ha bisogno di più spesa pubblica, ma di spendere meglio.

E' passato per lo più inosservato, ma c'è chi ha avuto il coraggio, nell'infuocata direzione di ieri, di muovere delle critiche costruttive e puntuali anche a Tremonti, il più "blindato" dei ministri. Per competere con la Lega, ha detto Brunetta, bisogna accelerare nell'azione riformatrice del governo. A cominciare dalle cosiddette riforme «a costo zero», che non costano, ci fanno risparmiare e contribuiscono in maniera determinante a rilanciare l'economia. Sono «quelle più difficili da fare», perché vanno contro «privilegi, sprechi, corporativismi, clientelismi, egoismi». Ma rivolgendosi al ministro Tremonti, Brunetta ha avvertito che la crisi e il deficit non possono essere «alibi» per non fare le «riforme modernizzatrici». Anzi, si devono fare proprio quando la congiuntura economica è negativa. E dai tagli «lineari» della spesa bisogna passare a tagli mirati premiando le realtà più meritevoli e punendo le altre.

Cos'è questo se non un confronto sulla linea di politica economica del partito e del governo, ma costruttivo, che fa emergere aree politico-culturali diverse, ma non correnti? E il ministro Alfano, che ha messo in guardia il presidente Berlusconi dal compiere l'errore di escludere riforme a maggioranza? Se un'ampia condivisione va ricercata, tuttavia la sinistra ha tutto l'interesse a presentarsi nel 2013 accusando il governo di non aver fatto nulla: «Fra tre anni i cittadini ci chiederanno non se abbiamo dialogato, ma se abbiamo portato a casa le riforme promesse».

5 comments:

Anonymous said...

parole parole parole.

non sanno manco quel che dicono

Cachorro Quente said...

Se dopo 17 anni quello di Berlusconi è diventato un vero partito, quanti anni bisogna aspettare per delle vere proposte politiche?
Altri 17? 34?

E anche (per assurdo) prendendo sul serio Tremonti e Brunetta (Brunetta!) per quale motivo dovremmo credere che il loro interlocutore abbia alcun interesse e capacità per fare riforme (a costo zero o uno o due)? Ma l'hai visto parlare su quel palco? Gli affideresti non dico uno stato di 60 milioni di abitanti, ma anche solo un criceto mentre fai la settimana bianca?

Anonymous said...

CHORRO ......se per te ...politica fa rima solo con la robaccia de sinistra ...
.
be non attenderai che in eterno .

S.R. Piccoli said...

Concordo, ma non toglierei a Fini il merito di aver provocato tutto questo. Si possono fare, è vero, i processi alle intenzioni, perché in politica queste ultime hanno il loro peso..., però, se stiamo ai fatti, se Fini non avesse rotto le scatole non sarebbe successo niente. Berlusconi dovrebbe tenerselo stretto, altro che cacciarlo...

JimMomo said...

Caro rob, è Fini che vede il suo percorso lontano da Berlusconi... al quale tutto si può chiedere - davvero tutto, se Fini avesse individuato due-tre cose da fare e in cui riconoscersi - ma non di farsi logorare.
ciao