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Friday, December 03, 2010

Rissa al buio

Altro che «responsabilità», «piena operatività», governo «solido e sicuro», «evitare il declino», è la più classica delle crisi al buio quella cui ci precipita Fini. Ed è una rissa al buio quella cui stiamo assistendo, nel senso che tutti tirano fendenti per colpire Berlusconi ma molti in realtà non sanno cosa riescono a colpire. Ed è comprensibile che, in questa situazione di estrema incertezza, ci sia spazio per il grottesco e il ridicolo.

Nessuno sa cosa accadrà dopo il 14. Al contrario di quanto affermano, neanche Fini e Casini sono del tutto certi dei propri numeri, né hanno bell'e pronte le chiavi per un nuovo governo come dicono di volerlo. Con le 85 firme mostrano i muscoli, certo, sperando ancora di convincere Berlusconi a farsi da parte, così da non essere costretti a votare la sfiducia insieme alla sinistra. Ma poiché quella che presentano sembra quasi una mozione di sfiducia "costruttiva", in cui cioè si fa riferimento ad un governo di «responsabilità nazionale», il 14 non basterà avere i numeri per sfiduciare il premier, sarà bene che già da quel voto emergano i numeri di una maggioranza alternativa, e ciò resta improbabile. Rimango convinto che il governo cadrà - di poco - alla Camera, ma otterrà la fiducia al Senato. Quindi Berlusconi si recherà al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. Napolitano vorrebbe evitare lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate, ma non è neanche disposto a legittimare ribaltoni. Cercherà quindi una soluzione in grado per lo meno di salvare le apparenze.

Le uniche possibilità per evitare le urne sono le seguenti: Berlusconi si rassegna e indica, come nel '95 con Dini, qualcuno a lui vicino per sostituirlo, acconsentendo a che Pdl e Lega sostengano un nuovo governo di centrodestra allargato a Fli, Udc, Mpa e Api (o accetti di guidare un Berlusconi-bis "commissariato" da Fini e Casini); la Lega, o un pezzo importante del Pdl, o entrambi, all'ultimo momento si smarcano da Berlusconi e danno vita a un governo con Fli, Udc, Mpa e Api, operazione condotta in porto da qualche personalità vicina al premier, oppure come estrema ratio guidato da una figura esterna ma eminente e "tecnica". Ovvio che più si riducono i pezzi dell'attuale maggioranza disponibili, più si renderebbe necessaria numericamente la partecipazione del Pd e dell'Idv, più precario sarebbe l'equilibrio politico del nuovo governo.

Capite bene che tutto ciò è improbabile, seppure rimane vero che nella politica italiana la caduta di un governo rappresenta un "tana libera tutti" e chi fino ad un minuto prima si era mostrato leale e compatto, un minuto dopo può essere pronto a giocare nella nuova partita con totale spregiudicatezza. A ciò si aggrappano Fini e Casini, ma la dice lunga su quanto responsabile sia questa operazione: letteralmente un salto nel buio. In generale, i due sono convinti che prima o poi - prima o dopo il 14, o eventualmente dopo il voto (non ottenendo la maggioranza al Senato per via delle legge elettorale) - Berlusconi o il suo partito saranno costretti a prendere atto che senza di loro non può esserci un governo di centrodestra. Il vero collante di questa «nuova fase» sarebbe una legge elettorale senza premio di maggioranza (con l'ironia della sorte che l'attuale legge fu praticamente imposta a Berlusconi da Casini e Fini nel 2005), mentre è letteralmente una presa per il culo far credere che l'eventuale nuova maggioranza, così eterogenea, in una situazione così avvelenata, riesca a reggere il tempo necessario, e a trovare al suo interno la coesione, per avviare un «risanamento strutturale della finanza pubblica».

Nel frattempo, lo stillicidio di rivelazioni da Wikileaks sull'Italia, sulla politica energetica dell'Eni e su Berlusconi conferma una straordinaria capacità selettiva, se pensiamo che da oltre 2 milioni di file si sia passati a oltre 250 mila, poi a qualche centinaio, da cui emergono dispacci risalenti a un periodo molto ristretto e riguardanti sempre gli stessi personaggi, mentre, per esempio, mancano tutti i pareri e le analisi dell'ambasciata Usa a Roma risalenti agli anni 2006-2008. Altro che libertà d'informazione e trasparenza totale, è lecito supporre che sui file di cui è entrato in possesso Assange si sia aperto un vero e proprio mercato, in cui si sono buttati a capofitto gruppi editoriali ed economici per far propri pacchetti di documenti molto ben selezionati utili ai loro scopi.

Sorprende che anche il Corriere della Sera abbia deciso di giocare con il fuoco. Non è credibile, infatti, anzi è ridicolo, che il quotidiano di Via Solferino, e Massimo Mucchetti, con tutte le loro fonti e i loro preziosi agganci, abbiano avuto bisogno di Wikileaks per porsi certe domande sugli affari dell'Eni in Russia, a dimostrazione della strumentalità dello stupore con cui viene accolto quanto di già arcinoto esce ogni giorno dai cables. Così come è grottesco che circolino sempre di più nel Pdl, e nel giornalismo vicino al centrodestra, teorie del complotto amerikano. Mentre guardiamo attoniti una classe dirigente - in tutte le sue componenti: politica, economica, giornalistica - che sembra impazzita, e mentre di lui dicono peste e corna, lo accusano di governare calpestando le opposizioni, gli rinfacciano persino le battute, può anche capitare che Berlusconi in privato con l'ambasciatore Usa vada a parlar bene di Bersani e D'Alema e gli confidi di voler riformare insieme a loro la giustizia. L'unica certezza al momento sembra essere solo che il Cav. c'è, non ci fa.

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