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Wednesday, March 02, 2011

Gheddafi si rafforza e riecco il partito del non intervento

Se la paura di non farcela si impadronisce di nuovo dei libici, allora Gheddafi può davvero prolungare la vita del suo regime. Per questo, più tempo si concede al raìs, più aumentano i suoi spazi di manovra. Sia dal punto di vista militare, sia nel recuperare il sostegno delle tribù e dei clan. La tv araba al Jazeera e la stampa italiana hanno diffuso notizie avventate, esagerate, non controllate, illudendoci che la fine fosse imminente. Sono state annunciate persino inesistenti marce su Tripoli, ma la realtà pare essere meno entusiasmante. Gheddafi ancora controllerebbe saldamente la capitale e Sirte, e nonostante le importanti defezioni ha la forza per bombardare ed assediare, anche nella parte orientale, i centri strategici del Paese caduti in mano ai ribelli. Ciascuno dei due scenari, sia che Gheddafi riprenda il pieno controllo, sia che la situazione si cristallizzi, con la divisione della Libia in due entità politiche, sono inaccettabili per l'Occidente perché gravide di conseguenze negative per i suoi interessi e la sua sicurezza.

Ma più Gheddafi dimostrerà di poter resistere, e più sarà chiaro che non ci sarà alcun intervento dall'esterno, più le tribù e le popolazioni ribelli si convinceranno a mollare, perché comprate dal Colonnello o semplicemente per paura. Per questo, oltre alle sanzioni è urgente un'azione militare dall'esterno. Non solo, quindi, una missione umanitaria. Già una no-fly zone e raid aerei su obiettivi militari del regime sarebbero di grande aiuto. Questo tipo di aiuto - ma non un'operazione di terra - è ciò che gli stessi insorti chiedono esplicitamente, come riporta oggi il Washington Post.

Ma ecco che puntuale torna il partito del non intervento. Guidato, come ai tempi di Saddam, da Russia e Francia. Si nasconde dietro l'espressione «nessun intervento senza un chiaro mandato delle Nazioni Unite», che tanto - tutti lo sanno - non potrà mai esserci. E così Obama rischia di trovarsi ben presto di fronte alla medesima situazione che dovette affrontare nel 2003 l'amministrazione Bush, decidendo per un intervento unilaterale - o meglio multilaterale, ma senza il tanto venerato mandato Onu. Un passo che difficilmente il "multilaterale" Obama sarà in grado di compiere, perché sarebbe come smentire il suo credo di politica estera.

Va sottolineato che a prescindere dall'opportunità o meno di un intervento armato, sono comunque irresponsabili le dichiarazioni di alcuni ministri degli Esteri che tendono ad escluderlo, perché in questo modo minano gli sforzi per mantenere alta e credibile la pressione internazionale su Gheddafi e, anzi, gli regalano quel tipo di sicurezza di cui ha bisogno e gettano nello sconforto quanti stanno combattendo il regime sul campo, diffondendo tra loro la pericolosa sensazione di poter sì resistere, ma non vincere contro le forze del Colonnello. Le premesse per il fallimento della rivoluzione.

L'altra scusa accampata dal partito del non intervento è che un'azione della Nato sarebbe «il miglior regalo a Gheddafi», sarebbe cioè controproducente perché ricompatterebbe il Paese attorno al raìs per spirito nazionalistico, e alimenterebbe risentimenti antioccidentali in tutto il Medio Oriente. La verità è un'altra: ed è che la retorica dei dittatori che si presentano come vittime di un'aggressione occidentale volta a rapinare le risorse che appartengono al loro popolo è qualcosa che neanche gli arabi si bevono più. Sanno benissimo ormai che i primi rapinatori sono i loro oppressori e che l'Occidente, semmai, è sinonimo di sfruttamento più efficiente e redditizio delle risorse. Ciò che ancora si stenta a credere è che gli arabi che si sono mobilitati in queste settimane e che si impongono sempre più nei loro Paesi come nuovo soggetto politico con cui d'ora in poi i governi dovranno fare i conti rimproverano ai Paesi occidentali non gli interventi militari in Medio Oriente, ma la loro connivenza con i dittatori che da decenni li opprimono.

Per quanto riguarda l'Italia, la decisione unilaterale di far partire subito una missione umanitaria è senz'altro positiva e segna una svolta interventista che mira a recuperare consensi tra i libici anti-regime, ma non può bastare a tutelare i nostri interessi e la nostra sicurezza nell'area. Dobbiamo tenerci pronti ad un eventuale intervento armato, si tratti anche solo di una no-fly zone. E a questo proposito è fondamentale revocare ufficialmente il Trattato di amicizia siglato con Gheddafi, perché altrimenti non potremmo concedere le nostre basi aeree se non in presenza di un'alquanto improbabile risoluzione Onu.

1 comment:

Anonymous said...

Sicuro di averle trascritte proprio tutte le panzane possibili, di non averne dimenticata nessuna? E dai! E le stragi? E le fosse comuni? E i mercenari col berretto giallo? E i bombardamenti sui civili? E le armi chimiche niente? E il dittatore sanguinario che squarta con le mani un bambino? Andiamo su, animo! Se non fa più pathos qualche goyim si può anche chiedere con quale diritto vanno gli USA a bombardare (pardon fly zone)o perchè la Libia che è di gran lunga il Paese con miglior reddito e strutture sociali (a detta dell'ONU sa HDI index http://hdr.undp.org/en/statistics/. Forza su un pò di colore Punzi nel prossimo. Si consulti colla Frankestein magari prima