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Wednesday, May 23, 2012

L'assedio keynesiano alla Merkel

Com'era prevedibile, al G8 di Camp David ha ufficialmente avuto inizio l'assedio "keynesiano" alla Merkel, che proseguirà al vertice europeo di oggi e poi di giugno. Obama nel ruolo di regista della manovra avvolgente. La crisi europea infatti rischia di frenare la crescita globale, quindi anche quella americana, il che costituirebbe una minaccia alla sua rielezione. Dunque il presidente Usa è un attore molto interessato e per scongiurare il peggio non può che sposare le posizioni che sente più affini ideologicamente: è stata la spesa in deficit la sua ricetta anti-crisi per l'America. Non sorprende, dunque, che spinga per la stessa ricetta anche per l'Europa. A proposito, sarebbe interessante capire che ruolo gioca l'esplosione del debito pubblico americano, che qualcuno dovrà pur finanziare, nel processo di disinvestimento dai debiti pubblici europei. Nonostante le rassicurazioni alla Merkel, quindi, non è certo la disciplina di bilancio che sta a cuore a Obama.

Nella squadra keynesiana Hollande gioca da prima punta e annuncia che al prossimo Consiglio europeo metterà sul tavolo gli Eurobond. Monti si mostra più equilibrato, il suo linguaggio è più cauto, parla di «evoluzione verso gli Eurobond». Ma che posizione di gioco ricoprirà il premier italiano? Con Obama ha uno stretto rapporto, quasi da consulente economico, e tra i leader è quello che al momento può vantare la migliore capacità di dialogo con Berlino.

Non passa giorno senza che i tedeschi ribadiscano il loro fermo no agli Eurobond. Il neo presidente francese non può far vedere di rinunciare in partenza alle richieste sbandierate in campagna elettorale, ma ha anche bisogno di un accordo su un corposo pacchetto crescita per partire con il piede giusto e non con una clamorosa rottura. Al premier italiano - che per coprire i suoi fallimenti in casa (solo tasse, tagli risibili e zero riforme) ha scelto di puntare sulla politica europea per rianimare l'economia italiana - interessa la "golden rule", cioè scorporare dal calcolo del deficit le spese destinate agli investimenti "buoni", quelli produttivi (da individuare in sede Ue). Insomma, la sensazione è che gli Eurobond servano più che altro per mettere pressione alla Germania, per rafforzare la propria posizione negoziale, per indurre la Merkel a concedere di più su altri fronti: project-bond, magari da presentare come l'inizio di un percorso che porterà agli Eurobond; rafforzamento del capitale della Bei; reimpiego dei fondi strutturali non utilizzati; una qualche forma di "golden rule", il che però significherebbe esattamente rivedere il "fiscal compact".

Queste le «piste concrete» cui si riferiva Monti? «Non basta aspettare che le virtuosità derivanti da riforme strutturali e riduzione dei disavanzi generino per spontanea virtù la crescita», ha avvertito l'altro giorno. Anche perché queste riforme in Italia non si sono ancora viste, nonostante l'enfasi su «carte in regola» e «compiti a casa fatti».

Ed è proprio questo il punto: è pieno di sedicenti "federalisti" che vogliono mutualizzare gli elevati debiti dell'Eurozona, ma sul fronte dell'integrazione delle politiche di bilancio e dei mercati, e della riduzione dei gap di produttività, non solo non si è fatto nulla, ma si oppongono resistenze, rinvii e deroghe. E' più che fondato quindi il sospetto che si pretenda semplicemente che la Germania paghi il conto per tutti.

Forme di condivisione anche parziale del debito come gli Eurobond rischiano di far ripartire l'azzardo morale dei Paesi fiscalmente irresponsabili, che d'altronde non hanno saputo approfittare degli anni in cui il loro debito costava come quello tedesco (perché dovrebbero sentirsi "responsabilizzati" ora con gli Eurobond?); di indebolire la già fiacca determinazione nell'attuare costose (a livello politico) riforme strutturali; e inoltre non scongiurerebbero nemmeno il rischio che a quel punto i mercati comincino a far decollare i rendimenti sulla rimanente parte del debito che continuerebbe ad essere emessa a livello nazionale, quindi sganciata dalla garanzia tedesca.

Per non parlare del rischio di compromettere definitivamente la solidità dell'euro: emettere titoli di debito comuni quando le situazioni dei bilanci sono così diverse, vanno addirittura dalla piena sostenibilità al vero e proprio fallimento, e quando i gap di produttività sono così elevati, potrebbe significare da un giorno all'altro ritrovarsi in tasca, di fatto, lire e non euro. Ammesso e non concesso che possa andare bene a noi, di certo non andrebbe bene agli altri.

Quando sento Obama, Hollande, e i nostri politici - quelli che ci hanno portati a questo punto con più spesa e più tasse - parlare di "crescita", che per loro non ha mai voluto dire altro che spesa pubblica, allora nonostante gli errori, la miopia e gli interessi nazionali, istintivamente mi viene davvero voglia di sperare che la Merkel resista.

Gli Eurobond, la demonizzazione del rigore, l'invocare investimenti in infrastrutture come ricetta anti-crisi, sono tutti specchietti per le allodole che non annulleranno di colpo i profondi squilibri tra i Paesi dell'Eurozona, che negli anni anziché ridursi hanno continuato ad accentuarsi (e certo non per colpa dei tedeschi), e di cui con la crisi greca i mercati hanno ormai assunto definitiva consapevolezza.

Come osservano Alesina e Giavazzi anche oggi sul Corriere della Sera, «dobbiamo cominciare con l'ammettere che il nostro modello sociale non è più sostenibile».
«Non si può crescere con livelli di spesa pubblica (e quindi di tassazione) che superano la metà del reddito nazionale. (...) Non possiamo più permetterci di lavorare in pochi per sostenere i tanti che non partecipano alla forza lavoro. Di fronte a questa realtà di portata epocale, l'idea che per far crescere l'Europa servano più infrastrutture fisiche è sinceramente risibile. La scarsità di strade, treni e aeroporti non è il primo problema dell'Europa. I nostri politici parlano di infrastrutture perché è un modo per non parlare dei veri problemi: il peso dello Stato sull'economia, le difficili riforme del mercato del lavoro e dei servizi. E' venuto il momento che i leader europei si chiedano se davvero vogliono salvare l'euro. Se lo vogliono, è giunta l'ora che facciano qualcosa, ma, per favore, non ferrovie e autostrade».

3 comments:

Anonymous said...

Io spero senza esitazioni che la Merkel resista,gli inetti che ci governano devono essere messi di fronte alle loro responsabilità
Toni

Anonymous said...

Io, da neofita della Scuola Austriaca di economia ho capito:
che da circa un secolo il denaro a corso legale viene stampato dal ... nulla; ed ancor più da quando Nixon abolì il gold standard nel 1971;
che dal 2005 la Fed ha addirittura segretato la reale quantità di oro presente nei suoi forzieri;
che Ben Bernanke ha ampliato in un colpo solo la base monetaria nel 2008, stampando un trilione di dollari per salvare le banche che siedono nella stessa Fed;
che Draghi fa cose simili con la BCE, e che le banche, per ridurre gli spread degli stati sociali, comprano i bond con quegli euro ancora custoditi a Francoforte;
che tutto il sistema finanziario globale, che sostiene le politiche in deficit degli stati sociali, si regge sulla "riserva frazionaria" (un maxitruffone alla lunga insostenibile);
che il prezzo dell'oro è salito senza soste significative negli ultimi dieci anni (e che non sono solo gli acquisti di Cina ed India ad averne causato l'ascesa irresistibile);
che negli anni '30 un dollaro valeva un venticinquesimo di oncia d'oro, mentre adesso vale solo un millecinquecentesimo della stessa oncia, più o meno;
che l'iperinflazione monetaria (crack-up boom) incombe sempre di più su tutti noi e si salverà solo chi avrà un po' d'oro con sè;
che la Merkel ha chiesto solo rigore, ma tutti i governi europei hanno imposto più tasse e nessun taglio reale, ma solo nominale, alle spese;
che negli ambienti più in della sinistra si continua a dire che il pareggio di bilancio è una fesseria;
che pure i rottami del PdL appoggiano uno statalista keynesiano come Hollande;
che J.M.Keynes scrisse che le sue proposte economiche avrebbero funzionato meglio in una economia pianificata e che la spesa in deficit andava fatta perchè "nel lungo periodo saremo tutti morti" e il debito accumulato se lo sarebbero sorbito i posteri, cioè, .... Noi!

Andrea

libertyfighter said...

@andrea
Da neofita hai capito perfettamente un sacco di cose. I miei complimenti!
Ricordati di diffondere la Conoscenza.