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Monday, May 14, 2012

Demagogia e nazionalismo alle vongole degli anti-Merkel nostrani

Scene di giubilo bipartisan in Italia per la sconfitta della CDU nel Nord Reno-Westfalia. Ovvio che esulti il Pd per l'affermazione dei socialisti, e della governatrice Hannelore Kraft, che vede come possibile Hollande tedesca, candidata anti-Merkel per il cancellierato. Ma l'esultanza nel Pdl? Anche i tedeschi (dopo francesi e greci) bocciano l'austerità della Merkel, è la lettura del voto prevalente sui giornali ("Crolla la Merkel, bocciata l'austerity", su la Repubblica), anche di centrodestra e non solo italiani (sì, di abbagli il FT ne ha presi eccome). Ma davvero i cittadini tedeschi del Nord Reno-Westfalia hanno usato il loro voto regionale per dire alla Merkel basta imporre rigore a Grecia, Italia, Spagna eccetera, il conto lo paghiamo noi per tutti?

Quanto meno improbabile. Hanno pesato innanzitutto i leader e i programmi locali. Il voto può certamente avere avuto un significato anche politico più generale, ma difficilmente può essere fatto passare, nel senso indicato dai nostri politicanti e commentatori, per una bocciatura della politica europea del duo Merkel-Schäuble, se addirittura l'80% dei tedeschi, risulta da un recente sondaggio, vorrebbe dire basta non all'austerità ma agli aiuti alla Grecia. L'SPD inoltre è senz'altro portatrice di istanze pro spesa pubblica, ma non sarebbe meno severa e occhiuta della Merkel sui bilanci dei partner Ue, tant'è vero che propone un comitato di controllo dei conti pubblici.

Avvalorare un presunto indebolimento della Merkel, descriverla come ormai accerchiata e sotto assedio, è però funzionale a legittimare e a dare forza alle richieste di revisione del fiscal compact. Fa comodo scaricare sugli altri le colpe della crisi: il debito pubblico è colpa degli evasori fiscali, lo spread degli speculatori, la recessione del rigore imposto da Berlino e dalla Bce, e così via. Ma se l'austerità ha avuto effetti recessivi, questi sono stati certamente aggravati dal ricorso quasi esclusivo ad aumenti di tasse anziché tagli alla spesa, e senza vere riforme. Una scelta squisitamente politica che non ci è stata imposta né da Berlino né dalla Bce, che anzi ci suggeriscono da anni l'opposto.

I tedeschi non sono dei liberisti "selvaggi", hanno uno stato sociale altamente sviluppato, elevati livelli di spesa e di tassazione, ma i conti sono abbastanza in ordine, sicuramente più dei nostri, e il debito non è esploso. Semplicemente non vogliono pagare il conto per le euro-cicale. Hanno sicuramente compiuto degli errori nella gestione della crisi greca, e difeso com'è naturale i loro interessi nazionali, ma non bisogna dimenticare che i primi colpevoli della crisi sono i Paesi che si sono indebitati (addirittura truccando i conti, come la Grecia) e che per dieci anni non hanno saputo approfittare dei bassi tassi di interesse per fare le riforme e ridurre il gap di competitività con la Germania. I Paesi che si indebitano si pongono loro stessi nella condizioni di essere "dominati" dai loro creditori (i mercati o chi poi dovrebbe correre a salvarli), come capiterebbe a chiunque.

Ora questi Paesi, tra cui l'Italia di Berlusconi-Monti, non essendo riusciti a realizzare le riforme per la crescita incolpano l'austerità tedesca perché spendere è l'unico modo in cui credono di poter tornare a crescere e chiedono di essere autorizzati a farlo. Contrapporre la crescita al rigore è la nuova arma retorica dei sostenitori della spesa. Ma la crescita è incompatibile con il rigore solo nella testa di chi è convinto che l'unico modo per crescere sia spendere denaro pubblico. Scaricare le colpe della crisi sul rigore, evocare la proverbiale "cattiveria" germanica, è pura demagogia e non aiuta a indirizzare il dibattito interno sulle scelte chiave in termini di spesa pubblica, tasse e lavoro.

E a quanto pare nemmeno trovarsi in compagnia di Hollande e di Obama (il presidente Usa, che per combattere la crisi ha aumentato il deficit federale, esorta l'Europa a seguire i suoi passi), contro una coalizione cristiano-liberale, risveglia qualcosa nel Pdl e nella stampa di centrodestra. Evidentemente era di stampo keynesiano, e non liberale, la critica prevalente nel partito al rigore tremontiano. Forse non si perdona alla Merkel di aver scaricato Berlusconi, e il tutto è condito con una sorta di nazionalismo alle vongole.

3 comments:

Anonymous said...

Articolo chiaro e condivisibile in toto.
La Merkel ed i Tedschi chiedono solo rigore, noi e molti altri Paesi europei abbiamo risposto con ancora più tasse (a proposito, molti "moderati" pensano illusoriamente che una "bella patrimoniale" sarebbe giusta: ti rendi conto che paradossale distorsione concettuale ha creato il mainstream statalista? Ha ragione Ostellino: un Paese intimamente fascista), invece che con minori spese.
Se non ti dispiace lo linko nel Chicagoblog di Oscar Giannino.

Andrea

Anonymous said...

Non vogliono far uscire la Grecia.
Qui è spiegato il perchè: http://www.usemlab.com/index.php?option=com_content&view=article&id=783:dan-denning&catid=39:politiche-economiche&Itemid=176

Anonymous said...

Prepariamoci al peggio.
La causa della crisi attuale è di natura monetaria proprio come nel ’29: troppo credito creato dal nulla dalle banche centrali (anziché dai risparmi privati) che sono agenzie dello Stato sociale.
Chi ancora vende il “più Stato” alla luce della situazione attuale scherza molto pericolosamente col fuoco. Ma vincerà come in Francia.
Purtroppo, anche stavolta la mano pubblica farà di tutto per salvarci dai problemi che lei stessa ha causato nel passato, quando artificialmente stimolò l’attività economica. Un’ottima occasione per lei per aumentare ulteriormente la discrezionalità politica con la scusa di salvarci dagli eccessi del liberismo "selvaggio", che non c’è.
Andiamo verso un megaStato europeo con più tasse e più trasferimenti dai responsabili agli irresponsabili.
La libertà sarà quella di Hegel.