Anche il premio Nobel Shrin Ebadi e Muhammad Sahimi si uniscono, pur partendo da un approccio diverso, a Ledeen, Ottolenghi e Kagan, e dicono al mondo che «il rispetto dei diritti umani e un sistema politico democratico sono il deterrente più efficace contro la minaccia che qualsiasi aspirante potenza nucleare, Iran compresa, possa porre al mondo». La rivoluzione democratica è la vera questione iraniana, per la quale, per ideali e interessi, ci dovremmo impegnare, e non il nucleare.
Sarebbero inutili, anche controproducenti, sanzioni o minacce di attacchi militari, scrivono, come è stato fatto, perdendo un decennio, con l'Iraq di Saddam. Serve un «monitoraggio dei diritti umani» in Iran. E basta soldi al regime: «La Banca Mondiale dovrebbe smettere di concedere crediti all'Iran e lavorare, invece, con le organizzazioni non governative e il settore privato per rafforzare la società civile». L'Occidente «dovrebbe sostenere chi si batte per i diritti umani e la democrazia, anche dal carcere» e «ridurre le relazioni diplomatiche se l'Iran continua a violare i diritti fondamentali», condizionando la loro ripresa a progressi significativi verificati sul campo.
Sui mezzi migliori, se la pressione sui diritti umani o il sostegno alle opposizioni, se le sanzioni o le minacce (probabilmente ogni forma di pressione è utile), si può discutere, ma la convinzione di fondo è chiara: «Sarà la democrazia alla fine a fare da argine fondamentale al disastro nucleare: un Iran autenticamente democratico, appoggiato da una maggioranza di iraniani, si sentirà sufficientemente sicuro da non impegnarsi in pericolose avventure militari».
Solo qualche piccola ambiguità rimane nella lettera aperta. Troppa indulgenza e qualche tono nostalgico per l'esperienza di Khatami; e l'uso del termine "riforme" per definire il cambiamento politico, che ha ormai perso ogni appeal e credibilità. Il regime iraniano non è riformabile, va abbattuto, dall'interno, ma va abbattuto. Si potrebbe arrivare a costringere il regime a indire un referendum realmente libero.
A dimostrazione che il mondo neocon non è un monolite compatto, Richard Perle invece è convinto dell'efficacia di un'azione militare mirata agli impianti nucleari.
Da notare che smentendo totalmente e in modo imbarazzante l'articolo di Intini di qualche giorno fa, è la stessa Ebadi a ricordarci che «i piani atomici hanno subito un'accelerazione attorno al '97, quando il riformatore Mohammad Khatami è stato eletto presidente». E quando, aggiungiamo noi, era presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. La politica estera è una cosa troppo seria per farne strumento di "connotazione" elettorale. Caro Intini, lasci pure il curriculum, le faremo sapere.
2 comments:
"la politica estera deve essere tolta dalle mani degli incompetenti". Ecco come è la frase. Sottotitolo: ecco perchè nei ministeri degli esteri non ci devono essere attivisti per i diritti civili.
Per completezza, aa. :)
ps: la Ebadi è sponsorizzata dagli Ayatollah, se non lo sapessi. Chiedi a Stefania Lapenna.
Da buon Nobel.
E poi che c'entra... anche Jimprono è sponsorizzato dall'Ayatollah Marco Al Pannell :D
Torno per l'elogio di Arafat e Dario Fo ;)
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