Sarà stato per il diluvio che nel pomeriggio ha colpito Roma, ma Atreju, la festa di Azione Giovani, mi è sembrata un po' tetra e poco frequentata. Il dibattito a cui ho assistito s'intitolava "Processo alla libertà. Tra relativismo e rispetto dell'uomo". A confrontarsi di fronte alla platea Alfredo Mantovano, Gaetano Quagliariello, Daniele Capezzone e Piero Sansonetti. Fatte le presentazioni, qualche impressione, perché le posizioni le potete immaginare da soli.
Difficilmente in queste manifestazioni i titoli riescono a tramettere in anticipo il senso del dibattito così come è accaduto ieri sera. "Processo" è la parola giusta per descrivere lo stato d'animo di Quagliariello e Mantovano, ma ci tornerò qualche riga più sotto.
La platea è stata composta e corretta. Nessuna traccia di strane liturgie nazifasciste, come potrebbe pensare un Adinolfi. Solo un filmato di presentazione della Festa, che scorre ininterrottamente su un plasma attaccato alla parete, ha tre/quattro slide davvero di cattivo gusto, intolleranti. Il mio pensiero va a quei compagni di scuola e di università impegnati in An (parliamo di una decina d'anni fa) che mai si sarebbero sognati, al di là di qualche battuta, di prendere di mira un amico gay o di rifiutare uno spinello.
La prima domanda è di quelle che si mettono sui temi che si danno in classe: cos'è la libertà. Parte Capezzone, che spiazza tutti premettendo che la sua concezione di libertà non è fatta di una miriade di nuovi diritti. Non più diritti, ma più facoltà. Meno intervento dello Stato e non più intervento; non, quindi, interventi in positivo dello Stato, ma allargamento della sfera di decisione del singolo su se stesso. Da questo primo intervento già s'era capito che Capezzone avrebbe presidiato senza alcuna difficoltà l'area liberale per tutta la serata, dimostrandosi il più preparato culturalmente.
Un Quagliariello scarso ha ripetuto qui e là la lezioncina imparata dal Pera in versione norcina. Sansonetti si vedeva che con le libertà era un po' impacciato, ma s'impegnava. Che gran confusione, però, è stato capace di tirare fuori la nozione di «dittatura liberista» e con mio grande sconcerto parte della sala ha apprezzato la sua critica anti-liberista.
Mantovano ha spiegato così il suo no all'eutanasia, in nome di una libertà che va limitata: "Se invece di badare a mio nonno la sera voglio uscire mica lo posso far fuori". Cercava, Mantovano, di dimostrarsi brillante, azzardando qualche metafora, ma ce ne fosse stata una sensata. Inutile stargli dietro, tanti gli strafalcioni a livello culturale e le tirate propagandistiche. Tutti hanno capito di che pasta fosse il suo vocabolario politico quando ha dato di Machiavelli la lettura cinica, del "fine che giustifica i mezzi", tipica degli studenti di terza media.
Dicevamo, il «processo alla libertà». Non ho fatto a meno di notare il lessico utilizzato dagli oratori. Da Quagliariello e Mantovano, ma soprattutto da quest'ultimo, la parola "libertà" non veniva pronunciata di frequente e quando la si citava era per definirla in negativo, o per distinguere quella buona da quella cattiva. Stentano a trovare l'inquadratura giusta e alla fine si spazientiscono.
Sansonetti, invece, pur con tutte le incrostazioni che potete ben immaginare, parlava da innamorato della libertà, del suono della parola, pronunciandola in continuazione, anche se non di rado a sproposito.
Spesso dove va la politica si riesce a intuire osservando la battaglia del linguaggio. Non è la prima volta che mi capita di notare che certa destra si trova sempre più impacciata con il concetto di libertà e cerca di disfarsene, come se intralciasse il perseguimento dei veri fini (la libertà è solo un mezzo, la verità e la bontà sono i fini), mentre la sinistra sta vivendo una fase che chiamerei di appropriazione del termine. Del termine, se non ancora del significato.
Anni fa i partiti del centrodestra italiano - tutti: Forza Italia, ma anche An, Udc e Lega - non facevano che riempirsi la bocca dei termini "libertà", "liberale", "liberalismo". Ci mettevano entusiasmo, c'era naturalezza, non impaccio. Erano loro, negli anni '90, alla conquista di quelle parole e dei loro significati. Ma come capita spesso, i neofiti del liberalismo (gli ex-Msi, ex-Dc, ex socialisti e persino ex comunisti finiti nella CdL) non superano la crisi d'astinenza da un sistema di valori chiuso e rassicurante. E' questo processo che vedo, oggi, in gran parte della destra italiana.
Mentre riflettevo su queste cose, mi è venuto in mente un acuto articolo di Vittorio Macioce di qualche mese fa per Ideazione. Osservando come la politica italiana si stesse «arroccando intorno a simboli e a parole d'ordine» anti-moderniste, scriveva: «Dopo la sbornia degli anni Novanta il liberalismo ispira a ex Dc e a ex Msi solo profonda antipatia. Non devono più far finta di conoscere Hayek o Tocqueville. Sono tornati a casa».
C'è finita in mezzo una generazione di ragazzi di destra che oggi hanno fra i trenta e i quarant'anni: forse erano più ingenui, meno preparati, di certo più snobbati, dei giovani "d'azione" d'oggi. Sarà che erano schiacciati dal complesso d'inferiorità cui erano costretti dall'egemonia della sinistra anche nella cultura giovanile, ma la libertà intuivano cosa fosse. Questi qui, invece, con i processi fanno sul serio?
10 comments:
"ma la libertà intuivano cos'è".
hai dato del limitato al professor quagliariello, hai giudicato mantovano da terza media e poi non sai accordare un imperfetto indicativo con un congiuntivo?
siamo al grottesco...
Federi', questo post è grandioso. Se sviluppato (partirei proprio da quei 30-40enni sedotti e traditi dalla destra pseduoliberale), potrebbe venirne fuori un pamphlet eccezionale.
[Malvino]
Ovviamente: pseduo ---> pseudo
[Malvino]
Grazie anonimo. Giornata pesante e post scritto di getto.
Se quelli di estrema destra, guidati da uno probabilmente "capace di tutto" ma certamente (e, tutto sommato, per nostra fortuna) non credente in altro che nel proprio tornaconto immediato, fanno sul serio è solo in parte discutibile. Basta ricordarsi la loro deriva fondamentalista degli ultimi anni.
Ma certamente fanno sul serio quei "buoni a nulla" che sono ancor più pericolosi proprio perchè incapaci.
Basta che io pensi alla miriade di complicazioni assurde ed illiberali cui mi stanno obbligando con le norme lunari contenute nel decreto Visco su conti correnti e simili.
Il tutto per combattere l'evasione-elusione in un modo improbabile ma vessatorio.
E da liberale convinto e frustrato mi ritrovo ad essere suddito.
La prossima volta voterò tappandomi il naso per quelli che, per lo meno, non mi considerano LADRO solo perchè sono un lavoratore autonomo.
Altro che Tony Blair!
Questi sono quelli di sempre!
E non cambiano certo modus operandi a 55-70 anni!
Ed io che ho votato da illuso la RNP sono proprio il primo coglione d'Italia!!!
mah, all'anonimo correttore di bozze direi che ci si può pure concedere una licenza per piegare la grammatica al senso.
la libertà non può che essere coniugata al presente.
scrivere che la libertà "era" sarebbe un po' come postulare che fosse allora cosa diversa da oggi, il che a parer mio non si può dare.
all'anonimo sedicente primo coglione d'italia dico che la medicina è amarissima e foriera di pessimi effetti collaterali, eppure il voto alla RnP era la sola possibilità di portare un che di liberale al parlamento e al governo. altrove, e assai mi spiace, da Martino a Biondi sino a Della Vedova fatico troppo a trovare non dico gesta, ma persino poche parole di conforto al saperli vivi e vegeti.
spero che avremo il tempo e il modo di spaccare questo bipolarismo farlocco.
azzeccato tutto caro federico. Quei trentenni come me sempre stati a destra ma lontano dalla destra.
Infatti nel parito radicale avevo trovato tutto cio' di cui avevo bisogno. Liberalismo , libertà e lontananza da schemi precostituiti e grotteschi di sinistra e di destra. Un oasi in mare aperto.
Posso considermi una di quelle persone cascate nel trabocchetto mediatico berlusconiano. La parola liberalismo e destra fuse assieme avevano un grosso nsignificato per me. Saltare a piedi uniti il perdiodo fascista , ritornare alla destra storica , ad una politica fatta da e costruita per l'individuo.
Ora che è tutto finito , sono orfano della politica. Chgiuso in me stesso , annichilito, sconfitto e deluso. La parola liberalismo o livberale usata a sporposito in questi anni da destra a sinistra , ha perso di significato . Non ci riuscirà stavolta l'ex premier a riunire sotto unoi slogan e sotto la parola libertà le tante idee confuse di una destra perduta. E l'allontanamento dell'area radicale , di Bonino e Capezzone da questa destra è il colpo di grazia , la certezza ultima , quella che a questa destra manca la cultura politica in generale , manca cultura storica , e manca la volontà di esprimere valori politici come quelli del liberalismo .
E' finito un'inganno , trovino davvero la strada verso il liberalismo e credo che tornerebbero anche i radicali a destra .
Per ora di "libertà" c'è solo una "casa" rotta.
premsso che alcune posizioni sull'eutanasia sono pessime (come la battuta sul nonno)
Mi sembra che se è vero che i titoli danno già l'idea di dove si voglia andare a parare è altresì vero che basta leggere alcune righe del tuo articolo per capire quanto sia fazioso.
"Parte Capezzone, che spiazza tutti premettendo che la sua concezione di libertà non è fatta di una miriade di nuovi diritti. Non più diritti, ma più facoltà. Meno intervento dello Stato e non più intervento; non, quindi, interventi in positivo dello Stato, ma allargamento della sfera di decisione del singolo su se stesso. Da questo primo intervento già s'era capito che Capezzone avrebbe presidiato senza alcuna difficoltà l'area liberale per tutta la serata, dimostrandosi il più preparato culturalmente.
lol
Sembri un piccolo fans... e basterebbe parlarti dell'aborto di stato, la fecondazione assistita di stato, la droga di stato e radio radicale finanziata dallo stato per farti fare una pessima figura.
Ma non lo farò...
Concordo su mantovano, non su Quagliariello, che ha simostrato di conoscere l'argomento e di avere un po' di cultura.
Belli gli inviti al dialogo di Capezzone, ma ha parlato come al solito per frasi fatte, senza dare profondità alle sue idee (io sulla sua competenza qualche dubbio l'avrei) e dandomi (mia personalissima opinione) un'impressione di superficialità. Sansonetti si è presentato con un eloquio fluente e affascinante ed ha approcciato il dibattito con un'impostazione più rawlsiana che marxista. Ma poi, tradendo un discorso che si faceva fin troppo artificiale, ha beccato un paio di strafalcioni, come quello sulle dittature liberiste, da far drizzare i capelli.
Comunque la scarsa partecipazione, che aveva colpito anche me, era dovuta principalmente al maltempo. Oggi c'era un sacco di gente, e per domani ne prevedo ancora di più per il Fini-Bertinotti.
P.S. (per Malvino): io, forzista, riconosco quanto poco sia liberale questa destra, senza nascondermi. Ma lo stesso giudizio lo potrei dare sulla RnP: pseudoliberale.
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