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Friday, September 15, 2006

In Cina spedizione dei mille. Quale spazio per democrazia e diritti umani?

Emma Bonino e Romano Prodi in aula"Chiediamo al governo cinese si aprire sui diritti umani", s'è fatta sentire la Bonino, ma il banco di prova è lunedì, quando il regime cinese chiederà all'Italia di sostenere la fine dell'embargo Ue sul commercio di armi alla Cina. Prodi risponderà come Chirac?

Il punto sulla missione dopo la tappa a Nanchino e alla vigilia della Fiera di Canton in un'intervista di Emma Bonino a Radio Radicale (video). La Bonino premette che noi italiani nei rapporti con la Cina «scontiamo un ritardo nell'analisi del fenomeno Asia». Anche perché spesso la Cina è «ritratta come una minaccia»: ha problemi «giganteschi», ma rappresenta anche grandi opportunità.

L'obiettivo della missione è quello di «dare il senso, anche alla controparte, di un sistema paese». Con le autorità cinesi, ha spiegato la Bonino, abbiamo un «rapporto franco», dove le differenze vengono fuori, come sul mancato rispetto della proprietà intellettuale, le contraffazioni, il dumping dovuto soprattutto alle condizioni e l'assenza di diritti dei lavoratori cinesi. «Il mercato ha anche delle regole», ha osservato il ministro.

Inoltre, «noi pensiamo che lo sviluppo non sia sostenibilmente umano se non si apre ad altre libertà, quelle politiche, religiose, sociali. E' un discorso - ha assicurato la Bonino - che non avremo nessuna reticenza nel porre».

Nel suo discorso d'inaugurazione della terza edizione della Fiera Internazionale di Canton, alla presenza del presidente del Consiglio Prodi, la Bonino ha affrontato apertamente il discorso dei diritti umani: «Al governo cinese chiediamo di accompagnare questo processo di crescita spettacolare con aperture sul piano sociale e su quello dei diritti umani individuali». La Cina, ha osservato, «è diventata determinante per gli equilibri politici ed economici mondiali» e per questo «l'Europa e l'Italia si devono misurare con questo cambiamento epocale». Ieri, appena giunta a Canton, la Bonino, premettendo che «la democrazia non si esporta, non si impone, ma si cerca di sostenere chi si sta muovendo a difesa dei diritti umani», aveva dichiarato che «tutta la comunità internazionale ha interesse che la Cina diventi protagonista, e che si assuma le sue responsabilità in termini di diritti umani e di democrazia».

Basterà? Non stiamo a misurare le parole. Il vero banco di prova della capacità del Governo, e della Bonino, di porre la questione diritti umani e democrazia in Cina sarà lunedì, quando avranno luogo, a Pechino, gli incontri ufficiali con i vertici cinesi. Quali saranno le richieste di impegno che sul piano politico e strategico saranno rivolte dalla Repubblica popolare al Governo italiano?

Prodi e la Bonino si troveranno di fronte una prova difficile, ma decisiva nel dare un'impronta ai rapporti tra Italia e Cina. Il regime cinese chiederà a Prodi di pronunciarsi a favore della fine dell'embargo sul commercio di armi, che è stato imposto dall'Europa alla Cina dopo il massacro di piazza Tien An Men, nel 1989. Un sostegno che il Primo ministro cinese Wen Jabao non manca di chiedere a ogni capo di Stato e di Governo europeo che si trova a passare per l'Impero celeste.

E' una questione da anni centrale per la Cina nei suoi rapporti con l'Unione Europea. Che farà l'Italia? Si appiattirà sulle posizioni francesi di Chirac, favorevole alla fine l'embargo, o sposerà le preoccupazioni americane e giapponesi?

Come ha ben spiegato Matteo Mecacci in un comunicato, al di là delle misure (embargo o codice di condotta) per impedire un un riarmo incontrollato della Cina, la fine dell'embargo avrebbe un «importante significato politico... segnerebbe, infatti, simbolicamente, la fine della condanna politica da parte dell'Europa nei confronti del regime cinese per quanto avvenuto a Piazza Tien An Men», mentre da allora non c'è stato, in Cina, nessun sensibile miglioramento sul fronte del rispetto dei diritti umani, né la minima condanna del massacro dell'89.

L'appello di Della Vedova e Taradash in merito alla visita della delegazione del Governo italiano in Cina mi sembra condivisibile nell'analisi (il tema della libertà e della democrazia in Cina non è estraneo alle problematiche commerciali, né il "modello cinese" promette di essere una variante asiatica del sistema di mercato occidentale) e ragionevole nella proposta di richiedere alle autorità di Pechino di incontrare l'avvocato dissidente Gao Zhisheng, tuttora imprigionato. Tra l'altro, un'iniziativa in linea con il Parlamento Europeo e il Congresso americano, che si sono di recente espressi per la liberazione di Zhisheng.

Importanti anche gli obiettivi indicati da Sergio D'Elia - la moratoria delle esecuzioni capitali e la ratifica del Patto internazionale sui Diritti Civili - la cui reale attuazione però sarebbe poco verificabile. Un sostegno così aperto, invece, alle richieste di democrazia e diritti che giungono dall'interno della Cina avrebbe un grande valore.

Ricordiamo che nel novembre scorso, proprio nel giorno degli incontri ufficiali con i vertici della Repubblica popolare cinese, il presidente Bush e la first lady Laura si recarono a messa di buon mattino nella chiesa di Gangwashi, una delle cinque chiese protestanti della capitale, facendosi fotografare in mezzo ai fedeli presenti e con il celebrante. «Spero che il governo cinese non abbia paura di cristiani che si riuniscono per pregare», disse Bush, aggiungendo che «una società sana è una società che accoglie tutte le fedi e dà alla gente la possibilità di esprimersi...».

Purtroppo, invece, è alto il rischio che la visita della delegazione guidata da Prodi, con centinaia di imprenditori e funzionari al seguito, si riveli la solita passerella, come già le visite nel novembre del 2003 di Berlusconi e nel dicembre del 2004 di Fini. E' ormai usuale, in queste occasioni, balbettare flebili appelli al rispetto dei diritti umani mentre si fa man bassa di contratti. Ci vorrebbero, piuttosto, gesti politicamente comunicabili.

Sarebbe un grave danno d'immagine soprattutto per Emma Bonino, paladina dei diritti umani, il cui valore fu reso noto dalle foto che la ritraggono insieme alle donne afghane, quando, nel 1997, da commissaria europea, fu arrestata dal regime talebano. Un vero e proprio rischio "normalizzazione" per la leader radicale.

Meno credibile il pulpito di altri giornali di centrodestra, che alla vigilia delle elezioni definirono Emma Bonino "unfit" per il governo proprio perché "idealista" sui diritti umani. Gli stessi giornali non hanno mai mostrato la minima attenzione all'impegno dei radicali su questi temi, né espresso alcun richiamo a Berlusconi per le numerose occasioni mancate per affrontare la questione diritti umani con le massime autorità russe e cinesi.

2 comments:

Anonymous said...

http://www.tj.splinder.com/post/9249906/Canton-ate%3F

Anonymous said...

Bell'intervento.